Categoria: ‘Le INTRAVISTE di Apolide Sedentario’

INTRO

Ci sono ancora posti dove la pavimentazione della Piazza su cui insistono la Chiesa del Paese e il ritrovo dei mangiapreti è solo prato.
In uno di questi luoghi ameni, a meno che non arrivi in tempo per le pene della mia schiena in strazio di dolori, infortunata per cavar patate e per patate farcire, è atteso stasera Neri Marcoré.
Attore, musico e comico, il buon Neri. Comico che io proceda sofferente per il mal di schiena invadente e possa intimorire, reggendomi appena in piedi, ma noto lo staff in allerta a questo incedere mio sì sofferente. Pensano che m’imbuchi? Che mi buchi? Che chieda questue come finto zoppo? Vedo però anche una bella zingarella con gonnellona a colori sorridente che par guardarmi come quel che sono: un poco di buono, sì, ma come I Corvi. E’ la violoncellista che stasera accompagnerà Marcoré. Il quale mi parlerà di uccelli neri a lor volta, come i corvi. Neri. Anvedi. Ma questo ce lo teniamo per la chiosa.


INTRAVISTA ESCLUSIVA A NERI MARCORE’

Marcoré giunge con chitarra in spalla giù dal caruggio sotto il gran castello che domina la scena, pietra atavica, di quella pre-capitalista, che non crolla.
Crollata invece è più di una mia vertebra, ma devo raggiungerlo prima che lo staff (che mi ha seccamente annunciato “non ha tempo, Neri, questa sera, e ha detto chiaro che non dàinterviste”) lo metta sotto blindata protezione, dal nulla ovviamente.
Lo raggiungo con passo dolorante, lui mi stringe la mano e si presenta, così faccio anch’io, e specifico che intendo porgli una sola domanda.
“Faccio le prove e molto volentieri ti rispondo” mi dice Neri.
Posso così rilassare nell’attesa la vertebra lombare e cervicale e quella dolente: la provocazionale.
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0- INTRO

Tre anni dopo il sanitarismo distopico e la proibizione un po’ Scialpiana (Rockin’rolling nel silenzio che c’è…) di ogni aggregazione sociale ed artistica, con poi il mengeliano codazzo di accessi possibili a teatri e concerti per i soli possessori di inserto genico a mRna, torna al Teatro Ambra di Albenga sopravvissuto alle ennesime difficoltà, e per mano dell’Associazione Culturale Zoo, anch’essa sopravvissuta prima di tutto fisicamente nei corpi dei suoi tanti volonterosi volontari e poi anche mentalmente non avendo perso la voglia di sbattersi, il “SU LA TESTA FESTIVAL”, rassegna di cantautori nell’anno dello “sbatti il Cospito in prima pagina”.
Star dell’edizione è Dolcenera, che prende il nome dalla canzone di De André sull’alluvione di Ge No Va, Fabrizio del quale sappiamo bene l’appartenenza all’Anarchismo.
Il quadro si cerchia, insomma. Contariamente alla banalità della visione consueta. Ostinatamente, quindi, torna SU LA TESTA e torna Apolide Sedentario, ennesima ondata di sarcasmo virale.



1 – INTRAVISTA ESCLUSIVA CON DOLCENERA

Dolcenera arriva puntualissima e balza subito al pianoforte del palco per il saundcièc.
Miagola richieste tecniche al fonico ormai monumentale Mazzipunk per il bilanciamento delle spie, ma intanto anche ruggisce vocalmente con spunti dai suoi brani, suonati e cantati con impeto e trasporto che nulla hanno di “prova” e molto di “espressione”. Una musicista vera, che vedendo il pianoforte a coda non può tener ferme le dita, e una cantante onestamente assai rispettabile, capace di infinite sfumature dell’emissione vocale, dal ringhio al sussurro, dall’acuto al soffocato. Mazzipunk stesso le dice “è che tu hai voce, a differenza di tanti altri”.

La appropinquo, e non è entusiasta di un’intervista non programmata. Che infatti non le propongo. Io intravisto.
E’ una sola domanda, le dico. E che domanda. Non ha nemmeno l’interrogazione…

APOLIDE SEDENTARIO:
“Un giorno un ordine mondiale ha detto: qualunque cosa accada, non esci più di casa”.

Dolcenera scoppia in una grassissima risata, lei così scricciola e magra. Grassissima e lunghissima, lei così invece piccina. Ride, ride, ridevolissimamente ride.

APOLIDE SEDENTARIO:
“Per me può andar bene come risposta anche che hai riso”.

DOLCENERA:
“Ma quando fai queste domande agli altri non ridono?”

APOLIDE SEDENTARIO:
“Ridono tutti, di solito. E che ridi è comunque un inizio già apprezzabile, e anche una risposta validissima”

DOLCENERA:
“Allora per risponderti a parole: non ci credo, perché l’ordine mondiale se avesse un ordine non sarebbe così disordinato.
E se una cosa la fanno tutti non è più segreta.
Comunque preferisco che si esca di casa e ci vediamo a casa.”

Ancora ridacchiando in pimpantezza, mi dà una carezza al braccio, e non ha più tutta la fretta iniziale, anzi abbiamo ormai un tono colloquiale, e ci divertiamo a distinguere gli Artisti tra coloro che vedono il confronto come divertimento intellettuale e quelli snob.
Pensavano in molti, e un poco pure io, che snob fosse lei. Lietamente annotiamo sia piuttosto un’adrenalinica eterna ragazzina. Firma pure gli autografi, cordiale.
Arriva pure a rilasciarmi un parere – in napoletano ferino – su una ferita (aperta?) del passato che, vista la colloquialità, le ho ricordato, e che non riporto qui, ché è personale, e io – provocatore sì – ma ho sempre l’Etica, diversamente da chi sta a “vaccinare”.
Mai più noi due, probabilmente, Dolcenera. Ma bell’incontro, stasera.



2- INTRAVISTA ESCLUSIVA CON GIANMARIA SIMON

Gianmaria Simon è cantautore indipendente, con personale immediata simpatia e un genere musicale folkeggiante, che preparando l’intrusione al Festival ho ingenuamente male interpretato come “rosso”.
Posso sbagliare anch’io, ma se in dettagli trovo qualcosa che mi dia una smossa all’attenzione critica, allora mi concentro e mi ravvedo. E vedo che in un testo, parlando peraltro di “odio consapevole” (concetto di cui lo ringrazio), cita Sante Caserio (“Odio la guerra, ma amo Sante Caserio che pugnala il Presidente”).
Proprio encomiabile ricordare Sante. Ma Sante lo deve citare chi si sente in assonanza con il suo Ideale. E avendolo interpretato come “rosso”, son mosso a porgli la contraddizione.

APOLIDE SEDENTARIO:
“Ma perché voi comunisti dovete sempre citare gli Anarchici?”

GIANMARIA SIMON:
“Ma io non sono comunista. Io abitavo a Sarzana, dove c’era il Battaglion Lucetti, e andavo sempre nel bosco col cane dove c’era il cippo di Nerone Camarasa, Partigiano morto nel 1945”.

Ecco dunque perché ha scritto un brano dedicato a un Partigiano, nulla a che a fare con quelle produzioni commerciali di band e autori che marciano retorici ed infami sulle Rivoluzioni altrui.
Mi scuso del qui pro quo, e tedio un po’ con la mia logorrea Gianmaria e i suoi musicisti, libertari ed artisti.

“Su la testa”, per gli organizzatori, mi dicono un poco tutti quando al ritrovo dopo ben tre anni chiedo loro che cosa li abbia spinti a riprovarci ancora, è “un modo per conoscere gli Artisti, e questo ripaga le fatiche aggratis e il tempo che ci si mette”.
Piacere di conoscerci, Sarzanesi dei monti di Lucetti.



3 – CHIOSA (A SORPRESA, SENZA CHIEDERE SCUSA)

Vi hanno vaccinato per il Teatro.
Perché non possiate più trarne visioni.
Scambiando Carmelo Bene con “star Buoni”, e la Crudeltà di Artaud col pesce crudo.
Su la testa, chi la ha, o anche senz’acca, come ormai scrivono pure i laureati. Su la testa chi la A, ma A cerchiata.



(c) apolide sedentario 2023
DOWN DOW FOREVER – 34 – NON E’ COLPA D’ALFREDO – MAKE L’UOV NOT TUORL
si ringraziano i “ragazzi” dell’Associazione ZOO e Mazzipunk


sulatesta2023-dolcenera-gianmariasimon

Apolide Sedentario cela una identità (ma non identificabile, altro che ufo) da Dottore l’aura&ato, titolo ottenuto nella “vecchia” Università, prima del 3×2 anni 2000, quando invece si breve-laureò tal Diego Fusaro da Torino.
Ricordo Tony Fusaro e il Wrestling arcaico degli Antonio Inochi: filosofiche metafore dell’Era del Falso che oggi orwellianamente è diventata addirittura Regime Autoritario Globbale.
Un Fusaro minore, ma altrettanto televisivo, va nell’entroterra Ingauno a presentare (in un edificio di evidentssima fattura massonica, “spacciato” come centro multifunzionale ed in realtà Templio delle locali s-Logge, con grandi triangoli equilateri a reggere la volta e far triade con l’ampio finestrone al centro e sopra di due ordini decorativi fondati su due numeri primi) un suo libro sull’ “identità”.
Apolide Sedentario proprio sul tema filosofico-sociale-politico dell'”identità” si l’aura&ò, quindi ritiene lecito interrompere (mentre Fusaro parla di “non costruire muri sui confini e avere dialogo”) dopo 45 minuti di prolusione solipsistica del Professorino (minuti nei quali costui tocca anche concetti credibili accademicamente, alternati a pallosissimi inserti di erudizione da Liceo Classico).
Apolide vorrebbe semplicemente porre due domante: 1) Come si coniuga l’anticapitalismo di Fusaro con l’avere un agente letterario; 2) Fusaro parla di identità individuale e la contrappone a quella culturale (collettiva, direi io), ma perché non parliamo anche di Identificazione (che tanto incorre nell’identità collettiva di qualsiasi tipo)?
Apolide Sedentario non riesce che ad accennare le prime parole, e subito un tizio assai benvestito e ipermascherinizzato lo spintona affinché si sieda e stia zitto. Sino poi a fine serata scortar fuori il Fusaro stesso, rivelandosi rappresentante in borghese (e un po’ in borghezio pure) delle italiche forzarmate, le quali palesemente in un paesino di provincia in una inutile sera estiva SCORTANO FUSARO, manco fosse un Saviano malriuscito, o un ministro dell’OMS (pardon, della Repubblica).
Ma Fusaro non era un dissidente? Le forze armate scortano i dissidenti? O non sono dissidenti, bensì agenti del Bispensiero?


(c) apolide sedentario 2021
DOWN DOW FOREVER – 34 – against global reclusion and pharmacologic inoculation
STUPIDI CANI CON LA MUSERUOLA CHE SI CREDONO LUPI

1. INTRO

Secondo il Professor Scoglio non esisteva Ge No Va ma Genoa. Città di mare totalmente rossoblu.
Secondo l’Archivista ci siamo Rimasti in così tanti che l’Archivio ha finito le biciclette a pedalata inacidita.
Secondo un Conte non nobile, il suo stesso ruolo è quello notarile di Avvocato del Popolo.
Secondo me Enrique Balbontin ci è Rimasto, ma siccome è anche Avvocato pedavéro (insciusériu), e siccome pure egli è Genoano puro, lo investo (visto che tamponarlo è inflazionato) del titolo Franchigeno (nel senso di Scoglio appunto) di Avvocato del Popolo della città di Genoa.



1. INTRAVISTA ESCLUSIVA E AD CIOLLAM CON ENRIQUE BALBONTIN

Voglio domandare a Balbontin:
“TI FACCIO UNA DOMANDA AD MINCHIAM, ANZI PER MEGLIO DIRE AD CIOLLAM: MA SECONDO TE BREZIOSO DOVREBBE IMPARARE DA SPERANZA PER FARE PLUSAVLENZE SUI MORTI DI SONNO CHE ACQUISTA, FACENDO IL BULICCIO CON IL CULO DEGLI ALTRI?”

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0. INTRO

C’è una tale alluvione di reggetontrapcantautistici che vengono giù i viadotti, perché il battito d’alito di una dichiarazione fallace scatena tempeste al lato opposto del globo, a meno che non sia piatto, e allora lo struzzo-icona del Festival SU LA TESTA di Albenga ficcando il cranio nel suolo uscirebbe dal lato opposto del disco, che possiamo qui supporre essere in vinile.
In effetti c’è un vinile appoggiato sui sedili del finalmente stabilmente operativo (dopo decenni di discussione politica su se tenerlo vivo – unico palco teatrale della città – o se risparmiare i soldi e investirli in qualche milionata di giga) Cinema Teatro Ambra di Albenga, mentre per intravistare come ormai tradizione mi reco al saundciec.
Ma non c’è lo struzzo. C’è lo stronzo (io). E ci sarebbero pure gli stronzetti, ovvero quei “cantautori” di nuova generazione che stanno un po’ tutti tra Bersani (il cantante) e Silvestri (il megafono), con quella satirella borghesella parlando male del che va male tutto, pur essendo in panciolle dentro al tutto a funzionare sincroni col tutto.
Ci sarebbero, dicevo, ma non ci sono perché il programma li ammucchia in altre date (in cui per esser sinceri mi vien detto che almeno dal vivo sono stati ottimi), e io mi presento a quella più a me consona, in cui suonerà la band di Alberto Bertoli, figlio di tanto padre a muso duro.



1. LAUZI AD ANACAPRI – INTRAVISTA ESCLUSIVA A GIULIA MEI

Prima di Bertoli prova Giulia Mei. Costei è una siculina assai piccina assai carina assai pur caratterina che accompagnata dalla tastierina e da una trinacriale simpatia compone brani leggeri ma sinceri, e dentro quella botte piccolina ci sta ancora acerbo un potenzial buon vino.
Mi autoconvinco erronamente (alza i mer, apolide) di averne letto il nome tra i premiati del Premio Bindi per i cantautori, e conoscendone il mentore decido di intravistarla.
Tranne poi scoprire che trattavasi invece di vincitrice del Premio Lauzi (che laupsus, apolide), e che codesto si tiene ad Anacapri. Ad Anacapri? Ma come a Anacapri? Tenco a Sanremo, Lauzi a Anacapri, e a Genova il Bigo e l’ano di Piano?
Detto ciò, Giulia mi dirà poi che a Anacapri trattano splendidamente gli ospiti, e le credo, e chiedo cittadinanza onoraria, purché si ridenominino Anarcaproni e io ne sia il più testardo rappresentante.
Studiando il programma del Su La Testa Festival, avevo scorso qualcosa sulla rete, e avevo abboccato a un passaggio di un suo testo in cui Giulia sostiene che allorquando i “negri invasori” arrivano in barcone colui che li detesta non vorrebbe condividere con loro la “stessa libertà”.
So che la Mei voleva nel suo testo prendere etica parte per le leggi di base degli esseri umani (ormai estinti, si sa, tranne quei quattro balordi che percaso ancor si trovano qua), ma la sua frase mi provoca la domanda che difatti le sottopongo (carina lei piccina che sembra non scherzo davvero una bambina, acqua e sapone e cadenza siciliana, fai buona vita Giulia).

APOLIDE SEDENTARIO:
La stessa libertà del popolo della stessa non mi interessa, anzi la disprezzo. Se non te l’avessi detto avrebbe fatto lo stesso?

GIULIA MEI:
In primo luogo sticazzi.
In secondo luogo sono quasi d’accordo con te.
E’ una libertà finta, non mi ci rivedo.
Io però nelle mie canzoni parlo di vita vissuta, non faccio canzoni di impegno o schieramento. Anche se poi affronto quei temi mentre parlo di sentimenti.
Di quella Libertà che invece mi interessa, non ci raccontano molto…

Viva i vent’anni, Giulia, folli come dici tu. Viva la Libertà. Viva Forever. Forever young.
“Non ti raccontano molto”, hai tutte le ragioni. Qualcosa ti ho raccontato almeno io. Intravedendoci.



2. SPUNTA LA LUNA DAL MONTE E NON E’ LA SPUNTA DI UOTSAP – INTRAVISTA ESCLUSIVA A ALBERTO BERTOLI

Alberto Bertoli è il figlio di Pierangelo Bertoli, a muso duro mentre il vento soffia e fa volare più veloce di Achille e della tartaruga la carrozzina.
Figlio di tanto personaggio storico, come cantautore porta avanti se non lo spessore filosofico del padre, ma almeno il clima musicale folk-country-emiliano e la apprezzabilissima timbrica vocale. Per lo “spessore” che dicevamo si appoggia alle cover del cotanto padre. Ma se di cotanto padre padre sei figlio, mi vien da – intravistandolo – far leva proprio sulla necessità di esserne consapevoli. Da cui la mia domanda per lui, al fulmicotone.

APOLIDE SEDENTARIO:
Eppure so… E tu?

ALBERTO BERTOLI:
Io non lo so se so.
In realtà non credo.
Sempre meglio dire (è Eraclito che lo dice? ah no, dice il chitarrista che è Socrate, di Eraclito parlavo ieri sera e faccio confusione): So Di Non Sapere.
Ma nonostante tutto qualcosa è rimasto da sapere, e per esempio riguardo alla situazione politica attuale SO CHE NON SI FA COSI’.
Deve esistere ancora un cuore, non che in base ai voti e ai like (che ormai è un po’ la stessa cosa) si sacrifichi quello che è l’Umanesimo.



3. CHIOSA: ZERO PESCE NELLA RETE, PERCASO NESSUNO ABBOCCA

Ne parliamo anche con Mazzipunk, immarcescibile fonico sovrano non sovranista e soprano non sopranista della Riviera, di come tra quando eravamo gggiovani (Avanti Feisbuc) e oggi tutto faccia vomitare tarzanelli irranciditi.
Agganciandomi all’ultima frase di Bertoli, trascrivo e sottoscrivo il suo appello umanistico in un sito che HA VENT’ANNI TRA VENTI GIORNI e non ha mai avuto “i like” (e neanche i banner, i link e i pop-up) e non ha mai votato.
Getta la tua Rete, diventa Intelligente Naturale, buone pesche ci saranno.

apolide sedentario - alberto bertoli - giulia mei - su la testa festival 2019

(c) apolide sedentario 2019
DOWN DOW FOREVER
34

MENZIONE DONO (RE):
Apolide Sedentario consegna a Giacomo Toni e alla 900 BAND (in realtà ora mi dicono lor stessi ridenominata “I Figli di Puttana”) la Targa Saundchespacca, perché non se li era cagati nella preparazione delle intraviste, ma appena iniziano il soundcheck con una smazzata di piano sguaiatamente rock’n’roll e poi partono a tutti fiati e basso e batteria delizionamente stridentemente punk mi fan rimembrare addirittura gli Archibeshop Kebab, e insomma questi suonano che ci danno qazzz!


grazie per l’ospitalità all’Associazione Culturale ZOO e al Teatro Ambra di Albenga (SV)

1. INTRO

Il Velo di Maya tagliato (senza fontana) e la testa che spunta fuori come cranio neonatale da vagina.
Il Teatro di Antonio Rezza.
Spesso, come me, e tanti altri dal 69 in poi (e vai di kamasutra). A torso nudo. Senza veli di maya e come dice lui non per talento ma per noja.
Non posso non andare a intravistarlo, il maEstro(so) Rezza. Rassegna teatrale “Terreni Creativi”, all’Ortofrutticola di Albenga(chinoncihadafarenoncivenga). Cavoli!

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sulatesta2018-apolidesedentarioperturistipercasopuntoorg

0. INTRO
Le truppe che invasero Genova in guerre passate imposero a un certo punto che il Grifone simbolo della città mutasse la direzione della coda dall’alto verso il basso, rendendone iconica la sottomissione.
Non che “Su la Testa”, l’annuale Festival di musica d’autore che si tiene ad Albenga a cura dello Zoo (e in questa edizione ospita Mirkoeilcane), sia covo di  Irredentisti. Ma gente che non s’abbandona al quieto vivere in cui giacere da condannati a morte (Negazione, anni ’90) li sono ancora eccome.
Per questo ogni anno m’accettano (senza l’accetta) a far la mia incursione dentro il Teatro Ambra che li accoglie, stavolta finalmente restaurato dopo il rinnovo della concessione (escluse le Autostrade) e il collettone civico che ha reso disponibili i fondi necessari per fare coperture e camerini.
Qui non canta Morandi e non si fanno i Preziosi. Genova è ancor più distante dopo il crollo del Ponte capitalista.
Qui si può, almeno per qualche sera di ogni anno ai primo fine settimana di dicembre, tener alta la coda del Grifone, la testa delle persone, e perché no tener alto anche quell’altro arnese d’anatomia piuttosto che stare in crisi nelle pene della democraziaduepuntozero (quella con gli algoritmi, la neolingua, la psicopollizia).
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0. INTRO

Fulmini e saette, non sono più quello di una volta. Sono quello di tutte le volte. Tutte le volte che c’è il Su La Testa Festival di Albenga.
Ma non sono più quello di una volta. Al punto da credere a interwcnet quando mi bisbiglia che “i Perturbazione sono prodotti da Manuel Agnelli”. Col quale Manuel Sacrificali ho un conto in sospeso su la testa sua, un conto che si chiama Damocle.
Infatti al “Su La Testa” del Teatro Ambra di Albenga quest’anno ci vado al giovedì perchè è la sera di L’Aura e dei Blindur, e non per i Pertubazione.
Perbacco, fulmini e saette, invece è proprio con loro che esordisco nelle intraviste dicembrine annuali ormai tradizionali come il nataleequale che vien subito dopo tutti gli anni.
Non prima di aver salutato Mazzi il fonico, e Geddo e quelli dello Zoo che qui organizzano, sempre con più peli grigi e meno soldi, e che quando arrivo c’è l’allerta gialla, ma poi si sa che tuono con bontà, e che la popstar di solito ci sta, a farsi intravistare. Ché in fondo sono un “cativo” con l’aur-eola.

L'Aura, Perturbazione, Blindur

L’Aura, Perturbazione, Blindur


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Sedetevi sulla vostra pigrizia idealistica che vi racconto una storiella moralistica.
Vi racconto come è nato questo sito.
C’era una volta il 2000 (e il bug annesso fasullo oppure feic come ci dicono adesso).
L’anno prima si organizzava a Imperia un Festival della Libera Espressione.
Erano gli anni che Asia Argento era una supervippa ovunque a fare manifestazioni di sregolatezza, tanto da anche firmare manifesti per la Libera Espressione, ed esser contattata affinché fosse ospite di quell’evento (presenti poi Freak Antony e i suoi Skiantos nonché Alberto Camerini).
Non sapendo come contattare la rampolla della Famiglia Horror, trovo un di allora “forum ufficale” nel sito della stessa.
Posto che non si diceva ancora “posto”, posto un mio appello ad Asia che mi scriva per invitarla al Festival.
Asia mi dice un “ciao” e fa capire che mi contatterà.
Quel forum fioccava di “ciao” e di “sei bella” e poco altro più. E io ragiovano: ma se chi segue Asia sa solo dire “sei bella” o poco più dove andremo a finire poco meno?
Unica forte eccezione a quella sequenza di “saluti e baci” era un “disturbatore” (oggi direbbero “troll” oppure “hater”) che qui là bestemmiava.
Apriti cielo. Bestemmiava. Scendano fulmini. Sul sito di una autodichiarata “maledetta”, costui bestemmiava nientemeno. Caterve di insulti dai peluche di Asia verso il disturbatore.
Io provo a dire che nel sito di una ribella la bestemmia se non proprio eleganza è comunque accettabile coerenza.
Sfilza di insulti pure contro me. Meno da parte del Disturbatore e di un altro utente ancora più bislacco.
Il quale mi dice che ci perdo tempo a difendere idee sul sito di Asia, e che piuttosto un sito lo apre lui pur di lasciarmi esprimere.
NEL GENNAIO SUCCESSIVO NASCE TURISTIPERCASO.ORG
Intanto Asia mi scrive sulla e-mail. Ma il tono non è risposta a quel mio invito serioso e argomentato per partecipare al Festival. Piuttosto è un ammiccamento molto glam-seduttivo.
Asia non mi ha mai visto, sono uno che le scrive sopra un forum del pre-duemila. Ma nella sua prima e-mail c’è solo ammiccamento erotizzante.
Le rispondo freddamente che stiamo parlando di un Festival di Idee e ribadisco le argomentazioni.
Lei (che inizialmente aveva aderito al Festival in intenti) mi risponde che sta girando il suo primo film porno e non potrà presenziare.
In quegli stessi esatti anni un tal produttore ammmericano Weinstein come consolidata prassi dello starsystem da Marilyn a Madonna sino ad Asia la scopa (ma nel caso di Asia a sua insaputa), dice oggi Asia Bronzo sui giornali arrivando quarantesima all’appello delle attrici molestate.
Asia mi molestò proponendomi seduzione mentre le parlavo di Cultura? Se vuoi che vengo al Festival me lo dai?
Sindrome di Stoccolma? Io sto colma a Stoccolma o a Hollywood?

morale della verità (ché non è fiaba quella raccontata):
l’acqua calda viene ciclicamente riscoperta e qualcuno ci surfa

postscriptum: ho ancora le e-mail di Asia, qualora le saltasse il grillo cinquestelle di insinuare che sto inventando o “haterizzando”, visto che io le bestemmie le difesi, ma le parolacce ingl(cerebro)lesi non le so


(c) Apolide Sedentario 2017
DOWN DOW FOREVER
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GRAZIE CUMPARE GUASTATORE DI QUEL FORUM CHE DA DICIASSETTANNI SEI PERCAOS IL MIO MEGAFONO

A vederlo così, da vicino vicino, Paolo aveva un’aria da brav’uomo genuino.
Noto per l’educato savoir-faire da salottiero conversator cortese, Paolo Limiti non recitava la parte. C’era, non ci faceva.
E dire c’era mi duole. Perché quest’anno per la prima estate dopo tante estati che non stavano finendo non lo vedrò più al dehor altolocato del Mediterranée. E la chiamano estate, questa estate senza Limiti, che non sarà sfrenata ma nostalgica.


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