STASERA NON E’ SERA DI VEDERE NIENTE – Apolide Sedentario al “SU LA TESTA FESTIVAL” 2024 – Intravista esclusiva con FILIPPO GRAZIANI (figliol prodigio di IVAN GRAZIANI)

0- INTRO

My guitar gently wheeps, e Apolide Sedentario piange dolcemente (eutanasicamente) con lei, da quando una arma geddon loggistica ha minato il suo corpo, e il Sistema Sanitario Nazi (o nale) il suo sistema neurale.
NeoLugano della Neolingua Addio, canto strimpellandola. L’anarchico va via.
Ma prima di lasciare questo immondo, uno dei figli di Ivan Graziani è ospite al SU LA TESTA Festival di Albenga, annuale occasione per ricordare ancora quelle luci di quando le signore bionde dei ciliegi avevano un occhio di riguardo per il loro chi t’attizza.


1- ECCO ARRIVA IL LUPO – intravista esclusiva di Apolide Sedentario con FILIPPO GRAZIANI

Aspetto spellacchiato nel Teatro. Sono un ferino ferito.
Pensavo di nemmeno poter esserci, per condizioni fisiche al disastro dopo avvelenamenti aggravatissimi per mano di Confraternita dei Medici detta anche Loggia.
A noi “senza grembiule” né cravatte, né compassati né tantomen squadristi, senza griffes, senza aspetto da conformi al Nuovo Ordine Capitale, non solo non ci curano: ci ammazzano.
Ho la pellaccia dura, sono un cagnaccio selvatico. E’ che sotto la cute c’è tutt’altro che salute, al momento.
Ivan era invece un Lupo del Gran Sasso, abituato agli orsi come me.
Ed ha cresciuto figli non domestici, caos mai salaprovestici.

Filippo Graziani è un lupo a folto pelo. Cappello e barbona a travisare il viso. Aria da individualista refrattario.
Andò a Sanremo dieci anni esatti fa, con questo atteggiamento da selvatico, cantando “Le Cose Belle” col curaro (di cure al veleno parlando io nell’incipit…).
Ovvio lo esclusero, gli embrioni inclusivisti: non s’era mai visto a Sanremo chi esordisse con “Io non mi devo giustificare” nel suo testo. Chi insomma usasse la testa. Testa su.
Io lo applaudii davanti al teleschermo. Glielo confesso, e lui: “Eri tu allora!”. Come per dire “nel gelo dei presenti, avevo sentito un tizio che applaudiva, uno soltanto, e adesso so eri tu…”.

Per sottolineare che considero il repertorio autoriale di Filippo in gran coerenza col pur irraggiungibile patrimonio paterno, preannuncio così l’intravista:
“Filippo, non ci dobbiamo giustificare, e comunque io sono Marino Ramingo Giusti, quindi il problema è risolto già in partenza”.

Filippo prova a inquadrarmi, ma son tondo. E prova a tondeggiarmi, ma son quadro.
Meglio passare al confronto, che si rivela quasi pure scontro, perché Filippo Graziani tiene alquanto a tener fuori il padre da tenzoni faziose di politica (nonostante la vena libertaria che accomuna Apolide e Ivan non sia affatto “appartenenza”: piuttosto “a parte” nenza, fuor dalla giostra destrosinistra noiosa e viziosissima).


APOLIDE SEDENTARIO:
L’elettore si lamenta, probabilmente vuole un’altra botta in testa ora?
E poi cantiamo Lugano Addio mentre la mano ci teniamo, o tagliamo la testa al gallo se ci legifera sulla schiena?

FILIPPO GRAZIANI:
La gente mette nelle canzoni di papà quello che vuole. Ma non bisogna vederci strizzate d’occhio politiche, che non ci sono.
Lugano Addio è una canzone d’amore, papà mi diceva che non c’erano metafore, il testo parlava proprio letteralmente della ragazza descritta, e di quello che si dicevano. Una canzone d’amore.
Ti dico questo con quel che io so dalla bocca di mio papà.

APOLIDE SEDENTARIO:
In pratica mi dici che a differenza de “I Miei Sogni D’Anarchia” di Rino Gaetano, in cui l’amata è l’Anarchia anche se sembra si parli di una donna, qui la donna è concreta [e tralascio di dire che è però anche concretamente Anarchica, cantando Addio Lugano Bella e parlando del padre che in montagna ha combattuto… NdR]
E’ comunque verissimo e lampante che le canzoni di tuo padre siano prima di tutto racconti. Bellissimi racconti.

FILIPPO GRAZIANI:
Ecco, bravo: racconti. Senza intenzioni politiche. Questo anzi gli costò molto in quegli anni, non essendo visto come appartenente alle fazioni. Faccio per dire: Fellini ambienta Amarcord nel Ventennio, ma è un racconto, il Ventennio è una cornice.
Alla base di tutto c’è l’interesse di papà non per la politica, ma per il sociale. L’interesse di papà per l’essere umano. Volergli dare un taglio politico è riduttivo.
All’epoca invece si schieravano tutti. E anche i cantautori di adesso si schierano…

APOLIDE SEDENTARIO:
… con il vuoto cosmico!

E a questo mio terminargli la frase leggendone il finale nello sguardo, Filippo ride: “Sì, così, perfetto!“.

Poi lo lascio a seguire le incombenze (cena, albergo, scaletta, e soprattutto il piccolo Graziani con tutti gli occhi di riguardo che necessita essendo nato appena un anno fa…), pur rammaricato che forse possa avermi interpretato sinistro, intento a porre bandiera sopra l’opera del padre suo Vate della Vita, senza comprendere come l’attenzione per “l’essere umano”, e il raccontarne gli aspetti più veraci, più scomodi, carnali, imbarazzanti, sia forma di individualismo libertario di eccelso livello, puro come Dada, come i riff di chitarra.
Ma quando ripassa davanti al vecchio Apolide tiene a risalutarlo. Lupo con lupo, denti in fuori, crudo, condito con un “Ciao, in gamba!”, a cui rispondo con stretta sulla spalla e un “grazie” hippie che sa di selvaggina.
Il mio Gran Sasso, la mia Maiella, gli Elfi di Teramo, gli anni di Filippo adolescente…

Stasera non è sera di vedere niente.
Non c’è più niente, solo Neolingua ed omologazione.
E c’è da scrivere il pezzo, caro il mio Filippo, cantante in filosofia, con un padre da amare in due, in una Comune con me e te: di tempo ce n’è, fottuto di malinconia…


2- CHIOSA: VI RACCONTO DI QUELLO CHE LA GENTE DICE DI ME, CON MALIZIA ED ALLERGIA

Ogni Festival, anche quelli a testa bassa, esiste per le maestranze.
Fonici, scenografi, facchini, tecnici luci, elettricisti, maschere.
Su la testa, giù la maschera: si invecchia.
Ci vediamo da decenni, con costoro che si sbattono all’ombra delle quinte.
Uno di loro mi dice “E’ come Natale, quando ogni anno ti vedo, ormai è come se fossi un mio parente”.
Gli dico: “Lo scriverò, grazie, è importante”.
Mi malsopportano tutti, a questo immondo. Ma alcuni poi sotto sotto si affezionano. E sotto sotto la scorza da cagnaccio, se non di lupo abruzzese, pure io tengo un cuore, e pure grande. E sentir dai “ragazzi” dello Zoo, dai tecnici, dalla gente attorno all’Ambra, che rivedermi nonostante i danni che vecchiaia e pollaio (pardon, Loggia) mi hanno recato così gravemente è per loro una gioia, mi commuove.
Per questo canto una canzone triste, ma d’amore.



(c) apolide sedentario 2024
DOWN DOW FOREVER – 94 – NON E’ COLPA D’ALFREDO – MAKE L’UOV NOT TUORL
si ringraziano i “ragazzi” dell’Associazione ZOO, il Teatro Ambra di Albenga, Mazzipunk e Adal

sulatesta festival 2024- FILIPPO GRAZIANI - apolide sedentario per turistipercasopuntoorg

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