PD: I PROMESSI DIVORZIATI una storia che sa d’affare (con RENZI TRAMAglino)

CAPITOLO XXVII

Il sedicente Capitano Ultimo era, come ha detto l’oste, un digotto travestito, mandato in giro appunto per cogliere sul fatto qualcuno da potersi riconoscere, e tenerlo in petto, e appostarlo, e acchiapparlo poi, a notte affatto quieta, tipo irruzione alla Scuola Diaz, o il giorno dopo. Sentite quattro parole di quella predica di Renzi, colui gli aveva fatto subito assegnamento sopra; parendogli quello un reo buon uomo, proprio quel che ci voleva. Aveva tentato il colpo maestro di condurlo caldo caldo a San Vittore, come alla locanda più sicura della città; ma gli andò fallito, come avete visto. Poté però portare a casa la notizia sicura del nome, cognome e patria, oltre cent’altre belle notizie congetturali; dimodoché, quando l’oste capitò 1ì, a dir ciò che sapeva intorno a Renzi, ne sapevan già più di lui. Entrò nella solita stanza, e fece la sua deposizione: come era giunto ad alloggiar da lui un forestiero, che non aveva mai voluto manifestare il suo nome né il possesso di una tessera del PD, come da discussione precedente a chi potesse votare alle primarie tra tesserati e non.

– Avete fatto il vostro dovere a informar la giustizia -; disse la Boccassina, mettendo giù la penna, – ma già lo sapevamo. E sappiamo benissimo che colui ha portato nella vostra osteria una quantità di coca rubata, e rubato con violenza, per via di saccheggio e di sedizione.
– Vien uno con della bamba in tasca; so assai dov’è andato a prenderla.
– Però, nella vostra osteria, alla vostra presenza, si son dette cose di fuoco: parole temerarie, proposizioni sediziose, mormorazioni, strida, clamori.
– Come vuole vossignoria ch’io badi agli spropositi che posson dire tanti urloni che parlan tutti insieme? Io devo attendere a’ miei interessi, che sono un pover’uomo.
– Sì, sì; lasciateli fare e dire: domani, domani, vedrete se gli sarà passato il ruzzo. Cosa credete? Che la canaglia sia diventata padrona di Milano? Intendo la canaglia popolana, ché ai livelli amministrativi ben si sa che inquisiamo assessori a iosa sempre, mazzettari di Sanità ed Expò, di cementificazione e affidamenti di minori, di ogni qualcosa ove ci sia denaro da poter chiedere in cambio di favori…
– Oh giusto!
– Basta; per ora riteniamo ciò che avete deposto; se verrà poi il caso, informerete più minutamente la giustizia, intorno a ciò che vi potrà venir domandato.
– Cosa ho da informare? io non so nulla; appena appena ho la testa da attendere ai fatti miei. Al massimo posso dirvi la password del wifi, o se qualcuno ci vien con le puttane.
– Badate a non lasciarlo partire.

Allo spuntar del giorno, Renzi russava da circa sett’ore, ed era ancora, poveretto! sul più bello, quando due forti scosse alle braccia, e una voce che dappiè del letto gridava : «Matteo Renzi!», lo fecero riscotere. Si risentì, ritirò le braccia, aprì gli occhi a stento; e vide ritto appiè del letto un uomo vestito di nero, e due armati, uno di qua, uno di là del capezzale. E, tra la sorpresa, e il non esser desto bene, e la spranghetta di quel vino misto a coca che sapete, rimase un momento come incantato; e credendo di sognare, e non piacendogli quel sogno, si dimenava, come per isvegliarsi affatto.
– Ah! avete sentito una volta, Renzi Matteo? – disse l’uomo dalla cappa nera, il Capitano Ultimo della sera avanti. – Animo dunque; levatevi, e venite con noi.
– Ohe! che prepotenza è questa? – gridò Renzi, ritirando il braccio. – Oste! o l’oste! Commessi della Camera e del Senato! Accorr’uomo!
– Lo portiam via in camicia? – disse ancora quel birro
– Avete inteso? – disse questo a Renzo: – si farà così, se non vi levate subito subito, per venir con noi.
– Io? Io sono un galantuomo: non ho fatto nulla; e mi maraviglio… La macchina del fango usatela sulle destre, o su chi anche del centrosinistra abbia già amministrato il Paese, con le solite collusioni e a solito suon di mazzette… Ma non su me, che non evado il fisco né mi presto a corruzioni, non avendone bisogno alcuno, paraculato qual già sono…
– Meglio per voi, meglio per voi; così, in due parole sarete spicciato, e potrete andarvene per i fatti vostri.

Renzi era ormai tutto vestito, salvo il chiodo, che teneva con una mano, frugando con l’altra nelle tasche. – Ohe! – disse, con un viso molto significante: – qui c’era de’ carte di credito, un I-pad, e una lettera. Signor mio!
– Voglio farvi vedere che mi fido di voi: tenete, e fate presto, – disse Ultimo, consegnando, con un sospiro, a Renzi le cose sequestrate. Questo, riponendole al loro posto, mormorava tra’ denti: – alla larga! bazzicate tanto co’ ladri, che avete un poco imparato il mestiere, come quelli della Uno Bianca, come la gang da arancia sbirromeccanica che massacrò Aldrovandi, come i comandanti dei vigili comunali di mezza Italia che fan la cresta su autovelox e semafori automatici con il giallo così veloce che passi col rosso per forza di cose -.

Renzi adunque, appena furono in istrada, cominciò a girar gli occhi in qua e in là, a sporgersi con la persona, a destra e a sinistra, a tender gli orecchi. Non c’era però concorso straordinario; e benché sul viso di più d’un passeggiero si potesse legger facilmente un certo non so che di sedizioso, pure ognuno andava diritto per la sua strada; e sedizione propriamente detta, non c’era. Un po’ come dopo le pantomime dei Forconi siddetti, o dei pischelli borghesotti figlidipapà che in età adolescente soglion metter kefie ed alzar i pugni con le Pantere o le Onde, fuochi di paglia (i Forconi) o code di paglia (i borghesotti dei Centri Sociali).
– Giudizio, giudizio! – gli susurrava il Capitano Ultimo dietro le spalle.
Ma Renzi profittando della gente della via, giudizio non voleva avere.
– Ahi! ahi! ahi! – grida il giovin sindaco: al grido, la gente s’affolla intorno; n’accorre da ogni parte della strada: la comitiva si trova incagliata. – È un malvivente, – bisbigliava Ultimo a quelli che gli erano a ridosso: – è un ladro colto sul fatto. Si ritirino, lascin passar la giustizia -. Ma Renzi, visto il bel momento, visti i birri diventar bianchi, o almeno pallidi, «se non m’aiuto ora, pensò, mio danno». E subito alzò la voce: – figliuoli! mi menano in Sanvittore, perché ieri ho gridato: coca lexotan e giustizia! Non ho fatto nulla; son galantuomo: aiutatemi, non m’abbandonate, figliuoli!

Un mormorìo favorevole, voci più chiare di protezione s’alzano in risposta: i birri sul principio comandano, poi chiedono, poi pregano i più vicini d’andarsene, e di far largo: la folla in vece incalza e pigia sempre più. Finché, vista la mala parata, e visto tengon famiglia, e che per quattro spiccioli di stipendio statale non si lascian figl’orfani venendo magari sparati al Quirinale mentre si fa cordon di protezione da qualche giustiziere fai-da-te, lascian andare i manichini, e non si curan più d’altro che di perdersi nella folla, per uscirne inosservati.
– Scappa, scappa, galantuomo: lì c’è un convento, ecco là una chiesa; di qui, di là, – si grida a Renzi da ogni parte. In quanto allo scappare, pensate se aveva bisogno di consigli. Fin dal primo momento che gli era balenato in mente una speranza d’uscir da quell’unghie, aveva cominciato a fare i suoi conti, e stabilito, se questo gli riusciva, d’andare senza fermarsi, fin che non fosse fuori di Milano. «Perché», aveva pensato, «il mio nome l’hanno su’ loro libracci, in qualunque maniera l’abbiano avuto; e col nome e cognome, mi vengono a prendere quando vogliono. E se posso essere uccel di bosco», aveva anche pensato, «non voglio diventare uccel di gabbia». Aveva dunque disegnato per suo rifugio quel paese nel territorio di Arezzo (che non sarà Hammamet ma l’è una zona di verdi colli in cui esiliare sereni, non fosse per le concerie e per i cinesi ivi sepolti vivi tutto il dì), dov’era accasata sua cugina la Boschi, che più volte l’aveva già invitato ad andar là.

(continua…)

(c) Apolide Sedentario e Manzone Ramingo 2014
DOWN DOW FOREVER
chi non si abbona a IL NUOVO MALE e FRIGIDAIRE è sciemo

Leave a Reply