PD: I PROMESSI DIVORZIATI una storia che sa d’affare (con RENZI TRAMAglino)

CAPITOLO XXVI

Anche la sconosciuta guida non vedeva l’ora d’andarsene; eppure non voleva partire prima d’aver chiacchierato un altro poco con Renzi in particolare. – Eh! se comandassi io, – disse, – lo troverei il verso di fare andar le cose bene.
– Come vorreste fare? – domandò Renzi, guardandolo con due occhietti brillanti più del solito, lui che tien nello sguardo un che di lesso costante, e storcendo un po’ la bocca, come per star più attento.
– Come vorrei fare? – disse colui: – vorrei che ci fosse bamba e lexotan per tutti; tanto per i poveri, come per i ricchi.
– Ah! così va bene, parole che posson essere accettate dall’elettorato moderato di sinistra, per quanto magari andrebbe centrata la campagna mediatica più sul versante del Lexotan, per non irritare i cattolici straightedge – disse Renzi.
– Ecco come farei. Distribuire eccitanti e narcotici in ragione delle bocche: perché c’è degl’ingordi indiscreti, che vorrebbero tutto per loro, e fanno a ruffa raffa, pigliano a buon conto; e non son mica i “tossici” siddetti, intendete bene figliuolo, non quelli ch’uno direbbe in rota permanente, ma dico gl’imprenditori, la medioalta borghesia, quelli de “La Grande Bellezza” per capirci; e poi manca il tavor alla povera gente, che deve farsi esentar dal ticket ed elemosinar la sua pasticca. Dunque dividere. E come si fa? Ecco: dare un bel biglietto a ogni famiglia, in proporzion delle bocche e delle narici, per andare a prender sostanze in farmacia. A me, per esempio, dovrebbero rilasciare un biglietto in questa forma: Capitano Ultimo, di professione spadaio, con moglie e quattro figliuoli, tutti in età da mangiar pane (notate bene): gli si dia bonza tanta, e paghi soldi tanti. Ma far le cose giuste, sempre in ragion delle nari. A voi, per esempio, dovrebbero fare un biglietto per… il vostro nome?
– Matteo renzi, – disse il giovine.

– Benissimo, – disse lo sconosciuto: – ma avete moglie e figliuoli?
– La moglie… se il mondo andasse come dovrebbe andare…
– Ah siete solo! Dunque abbiate pazienza, ma una porzione più piccola.
– Così va bene, certo! Di più alle famiglie o alle coppie di fatto, e in proporzione meno (ma che sia sempre più che sufficiente) per i single – gridò Renzi; e continuò, gridando e battendo il pugno sulla tavola: – e perché non la si fa una legge così?
– Cosa volete che vi dica? Intanto vi do la buona notte, e me ne vo; perché penso che la moglie e i figliuoli m’aspetteranno da un pezzo.
– Un altro gocciolino, un altro gocciolino, – gridava Renzi, riempiendo in fretta il bicchiere di colui. – Un altro gocciolino: non mi fate quest’affronto, che son pur sempre l’ultimo erede delle gozzoviglie alle Feste dell’Unità.
Ma l’amico, con una stratta, si liberò, disse di nuovo: – buona notte, – e se n’andò.

Qui è necessario tutto l’amore, che portiamo alla verità, per farci proseguire fedelmente un racconto di così poco onore a un personaggio tanto principale, si potrebbe quasi dire al primo uomo della nostra storia. Per questa stessa ragione d’imparzialità, dobbiamo però anche avvertire ch’era la prima volta, che a Renzi avvenisse un caso simile: e appunto questo suo non esser uso a stravizi fu cagione in gran parte che il primo gli riuscisse così fatale. Que’ pochi bicchieri che aveva buttati giù da principio, l’uno dietro l’altro, contro il suo solito, lui che solo una volta (e da pivello s’aggiunga) al campo scout s’era lasciato tentare da una vodka alla pesca, e aveva smovitazzato nel torrente sotto la luna piena, gli diedero subito alla testa, un po’ come Fini in Giamaica per mezzo tiro di joint: a un bevitore un po’ esercitato non avrebbero fatto altro che levargli la sete. Che so, Jannacci ci avrebbe scritto una canzone sulla mala, e sui quaranta giorni e notti pur di non far un nome. E il Renzi, invece, ad infamarsi da sé, così da pirla. Le abitudini temperate e oneste, dice, recano anche questo vantaggio, che, quanto più sono inveterate e radicate in un uomo, tanto più facilmente, appena appena se n’allontani, se ne risente subito; dimodoché se ne ricorda poi per un pezzo; e anche uno sproposito gli serve di scola.

Comunque sia, quando que’ primi fumi furono saliti alla testa di Renzi, vino e parole continuarono a andare, l’uno in giù e l’altre in su, senza misura né regola, un po’ come un Pannella in crisi glicemica per un digiuno a soli cappuccini; e tutti si voltavano a lui; tanto che divenne lo zimbello della brigata.
L’oste, vedendo che il gioco andava in lungo, s’era accostato a Renzi; e pregando, con buona grazia, quegli altri che lo lasciassero stare, l’andava scotendo per un braccio, e cercava di fargli intendere e di persuaderlo che andasse a dormire. – Andiamo a letto, a letto, – disse l’oste, strascicandolo; gli fece imboccar l’uscio; e con più fatica ancora, lo tirò in cima di quella scaletta, e poi nella camera che gli aveva destinata. Renzi, visto il letto che l’aspettava, si rallegrò.
– Bravo oste! – gli riuscì di dire: – ora vedo che sei un galantuomo: questa è un’opera buona, dare un letto a un buon figliuolo; ovviamente dopo aver percorso l’intero labirinto burocratico per l’ottenimento di una licenza Bed&Breakfast e con gli appositi adeguamenti alle prescrizioni dell’Asl…
– Sta’ zitto, buffone; va’ a letto, – diceva l’oste.
Ma Renzi continuava più forte: – ho inteso: sei della Lega anche tu. Mi dai del buffone perché son fiorentino.
– Animo; spogliatevi; presto, – disse l’oste, e al consiglio aggiunse l’aiuto; che ce n’era bisogno. Quando Renzi si fu levato il chiodo (e ce ne volle), l’oste l’aiutò a svestire il resto, non senza annotare la pochezza sotto i boxer; gli stese per di più la coperta addosso, e gli disse sgarbatamente – buona notte, – che già quello russava.
Poi si fermò un momento a contemplare l’ospite così noioso per lui, alzandogli la funzione torcia del telefonino sul viso, e facendovi, con la mano stesa, ribatter sopra la luce. – Pezzo d’asino! – disse nella sua mente al povero addormentato: – sei andato proprio a cercartela. Domani poi, mi saprai dire che bel gusto ci avrai. Tangheri, che volete girare il mondo, senza saper da che parte si levi il sole, e pure infami del sol dell’avvenir dei quali sareste la stirpe, ma dilapidatori e anche spergiuri; per imbrogliar voi e il prossimo.

Così detto o pensato, si mosse, uscì dalla camera, e chiuse l’uscio a chiave, e uscì.
A ogni passo, l’oste incontrava o passeggieri scompagnati, o coppie, o brigate di gente, che giravano susurrando. A questo punto della sua muta allocuzione, vide venire una pattuglia di sbirri; e tirandosi da parte, per lasciarli passare, li guardò con la coda dell’occhio, e continuò tra sé: «eccoli i gastigamatti. E tu, pezzo d’asino, per aver visto un po’ di gente in giro a far baccano, tutebianche disobbedienti girotondisti forconi o come si chiamino, ti sei cacciato in testa che il mondo abbia a mutarsi, che un altro mondo sia possibile. E su questo bel fondamento, ti sei rovinato te, e volevi anche rovinar me; che non è giusto. Io facevo di tutto per salvarti; e tu, bestia, in contraccambio, c’è mancato poco che non m’hai messo sottosopra l’osteria. Ora toccherà a te a levarti d’impiccio: per me ci penso io.»
A queste parole, l’oste toccava la soglia del palazzo di giustizia, quello – per capirci – davanti al qual sostava sempre Paolo Brosio ai tempi di Mani Pulite.

(continua…)


(c) Apolide Sedentario e Manzone Ramingo 2014
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