PD: I PROMESSI DIVORZIATI una storia che sa d’affare (con RENZI TRAMAglino)

CAPITOLO XXIV

Tutt’a un tratto, all’estremità della folla, dalla parte opposta a quella dove stavano i soldati, era arrivato in autoblu (ma riverniciata di verde padano) Roberto Maroni.
Ne’ tumulti popolari c’è sempre un certo numero d’uomini che, o per un riscaldamento di passione, o per una persuasione fanatica, o per un disegno scellerato, o per un maledetto gusto del soqquadro, fanno di tutto per ispinger le cose al peggio; propongono o promovono i più spietati consigli, soffian nel fuoco ogni volta che principia a illanguidire: non è mai troppo per costoro; non vorrebbero che il tumulto avesse né fine né misura. Anni addietro si diceva che quelli di Autonomia Operaia prima tiravano la molotov, ma poi a prender botte ci lasciavano te. Ci fu in seguito un Casarini che, in passamontagna, dichiarò “guerra ai grandi del mondo”, e ne morì un Ragazzo ad Alimonda, ma non morì affatto l’Agnoletto che il Casarini pascolava pe’l sacrifizio. Ma per contrappeso, c’è sempre anche un certo numero d’altri uomini che, con pari ardore e con insistenza pari, s’adoprano per produr l’effetto contrario: taluni mossi da amicizia o da parzialità per le persone minacciate; altri senz’altro impulso che d’un pio e spontaneo orrore del sangue e de’ fatti atroci. Che so, quelli di Pax Christi.

In ciascuna di queste due parti opposte, anche quando non ci siano concerti antecedenti, l’uniformità de’ voleri crea un concerto istantaneo nell’operazioni. Chi forma poi la massa, e quasi il materiale del tumulto, è un miscuglio accidentale d’uomini, che, più o meno, per gradazioni indefinite, tengono dell’uno e dell’altro estremo: un po’ riscaldati, un po’ furbi, un po’ inclinati a una certa giustizia, come l’intendon loro, un po’ vogliosi di vederne qualcheduna grossa, pronti alla ferocia e alla misericordia, a detestare e ad adorare, secondo che si presenti l’occasione di provar con pienezza l’uno o l’altro sentimento; avidi ogni momento di sapere, di credere qualche cosa grossa, bisognosi di gridare, d’applaudire a qualcheduno, o d’urlargli dietro. Viva e moia, vaffa e acab, son le parole che mandan fuori più volentieri; e chi è riuscito a persuaderli che un tale non meriti d’essere squartato, non ha bisogno di spender più parole per convincerli che sia degno d’esser portato in trionfo: attori, spettatori, strumenti, ostacoli, secondo il vento; pronti anche a stare zitti, quando non sentan più grida da ripetere, a finirla, quando manchino gl’istigatori, a sbandarsi, quando molte voci concordi e non contraddette abbiano detto: andiamo; e a tornarsene a casa, domandandosi l’uno con l’altro: cos’è stato?
Tutta questa chiacchierata s’è fatta per venire a dire appunto de l’apparizione di Roberto Maroni.
– È quel Maroni che aiuta a far le leggi che tengono il contante qui a Milano anziché dividerlo con Salerno? – domandò a un nuovo vicino il nostro Renzi.
– Già – gli fu risposto.
– È un galantuomo, n’è vero?
– Eccome se è un galantuomo! L’è padan, minga marocco; è quello che aveva messo il pane a buon mercato; e gli altri non hanno voluto, Pisapia e la sua storia delle tasse per il bene comune.

Non fa bisogno di dire che Renzi fu subito per Maroni. Basta che uno non sia di sinistra, ed ecco un interlocutore democratico con cui bipolarmente far baldoria. Volle andargli incontro addirittura: la cosa non era facile; ma con certe sue spinte e gomitate, tali da far cadere pur governi del suo stesso partito, riuscì a farsi far largo, e a arrivare in prima fila, proprio di fianco all’autoblu (di verde padano dipinta si dicea).
Maroni presentava ora all’uno, ora all’altro sportello, un viso tutto umile, tutto ridente, tutto amoroso, un viso che aveva tenuto sempre in serbo per quando si trovasse alla presenza di Marine Le Pen; ma fu costretto a spenderlo anche in quest’occasione.
Renzi mise da parte ogni pensiero d’andarsene; e si risolvette d’aiutare Maroni e la causa del Nord produttivo delle piccole imprese, e di non abbandonarlo, fin che non fosse ottenuto l’intento.

La folla rimasta indietro cominciò a sbandarsi, a diramarsi a destra e a sinistra, per questa e per quella strada, in un deambulante qualunquismo. Chi andava a casa, a accudire anche alle sue faccende; chi s’allontanava, per respirare un po’ al largo, dopo tante ore di stretta; chi, in cerca d’amici, per ciarlare de’ gran fatti della giornata, chi a vedere la partita di coppa su Sky. Intanto il sole era andato sotto.
Il nostro giovine sindaco, dopo avere aiutato il passaggio dell’autoblu, finché c’era stato bisogno d’aiuto, e esser passato anche lui dietro a quella, tra le file de’ soldati, come in trionfo, si rallegrò quando la vide correr liberamente, e fuor di pericolo; “questo è senso civico democratico”, twittò immediatamente. Fatto ch’ebbe pochi passi al largo, in mezzo all’agitazione di tanti sentimenti, di tante immagini, recenti e confuse, sentì un gran bisogno di mangiare e di riposarsi; e cominciò a guardare in su, da una parte e dall’altra, cercando un’insegna di fastfood; giacché, per andare al convento di Milingo, era troppo tardi; e un ristorante da guida michelin poco si confaceva a uno appena mischiatosi col popolo, il quale si sa che è stanco di vedere i politici al gozzoviglio come vips del jetset pop, ritratti poi da Cafonal. Camminando così con la testa per aria, si trovò a ridosso a un crocchio; e fermatosi, sentì che vi discorrevan di congetture, di disegni, per il giorno dopo. Stato un momento a sentire, non poté tenersi di non dire anche lui la sua. – Signori miei! – gridò, in tono d’esordio: – devo dire anch’io il mio debol parere? Il mio debol parer di moderato riformista è questo: che non è solamente nell’affare della cocaina e del lexotan che si fanno delle bricconerie: e giacché oggi s’è visto chiaro che, a farsi sentire, s’ottiene quel che è giusto; bisogna andar avanti così, fin che non si sia messo rimedio a tutte quelle altre scelleratezze, e che il mondo vada un po’ più da cristiani e da democratici; e non mi si dica che son democristo per una tal affermazione di buon senso civile. Dunque mi dicano un poco, signori miei, se hanno mai visto uno di questi patentati della vecchia politica col muso all’inferriata. E quel che è peggio (e questo lo posso dir io di sicuro), è che le leggi ci sono, stampate, per gastigarli: e non già leggi senza costrutto; fatte benissimo, dai Padri Costituenti, che noi non potremmo trovar niente di meglio; ci son nominate le bricconerie chiare, proprio come succedono; e a ciascheduna, il suo buon gastigo. E dice: sia chi si sia, vili e plebei, e che so io. E dice: la legge è eguale per tutti. Bisogna andar domattina da Maroni, che pur erede del ragliante Bossi è viceversa un galantuomo, un signore alla mano.

Renzo aveva parlato tanto di cuore e a braccio, che, fin dall’esordio, una gran parte de’ radunati, sospeso ogni altro discorso, s’eran rivoltati a lui; e, a un certo punto, tutti erano divenuti suoi uditori. Un grido confuso d’applausi, di – bravo: sicuro: ha ragione: è vero pur troppo, – fu come la risposta dell’udienza, o ad un’ospitata a Porta a Porta. Non mancaron però i critici. – Eh sì, – diceva uno: – dar retta a’ scout sindaci: son tutti avvocati -; e se ne andava. – Ora, – mormorava un altro, – ogni scalzacane vorrà dir la sua -.
Renzi però non sentì che i complimenti; chi gli prendeva una mano, chi gli prendeva l’altra. – A rivederci a domani. – Dove? – Sulla piazza del duomo. – Va bene. – Va bene. – E qualcosa si farà. – E qualcosa si farà davvero. Altro che “governo del fare” dichiarato come acquietante slogan.
– Chi è di questi bravi signori che voglia insegnarmi un fastfood, un’osteria, un kebabbaro, per mangiare un boccone, e dormire da povero figliuolo? – disse Renzi.
– Son qui io a servirvi, bravo giovine, – disse uno, che aveva ascoltata attentamente la predica, e non aveva detto ancor nulla. – Conosco appunto un’osteria che farà al caso vostro; e vi raccomanderò al padrone, che è mio amico, e galantuomo.
La radunata si sciolse; e Renzi, dopo molte strette di mani e dichiarazioni di voto di fiducia, s’avviò con lo sconosciuto, ringraziandolo della sua cortesia.

(continua…)


(c) Apolide Sedentario e Manzone Ramingo 2014
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