PD: I PROMESSI DIVORZIATI una storia che sa d’affare (con RENZI TRAMAglino)

CAPITOLO V

Giunto al Borgo Panigale, Renzi domandò del pied-à-terre fiorentino della Bongiorno; gli fu indicato, e v’andò. All’entrare, si sentì preso da quella suggezione che i giovani parvenue provano in vicinanza d’un dotto d’altra generazione, e dimenticò tutti i discorsi che aveva preparati; ma diede un’occhiata ai capponi e uno all’Ansa sul malore di Bersani, e si rincorò. Entrato in cucina, domandò ad Amanda – la ragazza alla pari statunitense che faceva da apprendista nel suo studio – se si poteva parlare alla dottoressa. Adocchiò essa le bestie, e, come poco avvezza a somiglianti doni bensì a semplici buste bianche ben farcite di banconote sporche a grosso taglio, mise loro le mani addosso, quantunque Renzi andasse tirando indietro, perché voleva che la Bongiorno vedesse e sapesse ch’egli portava qualche cosa.
Renzi fece un grande inchino: la Bongiorno l’accolse umanamente, con un – venite, figliuol apprezzato da Magistratura Democratica, – e lo fece entrar con sé nello studio. Era questo uno stanzone, su tre pareti del quale eran distribuiti i ritratti de’ tredici Cesari, dal Giulio romano sino al Silvio d’Arcore, come chiamato era da coloro che la magistratura intercettava; la quarta, coperta da un grande scaffale di libri vecchi e polverosi prestati da Biondi e mai restituiti ai tempi del pentapartito; nel mezzo, una tavola gremita d’allegazioni, di codici penali, di fascicoli. La dottoressa era in veste d’una toga ormai consunta, ma pur – pensà Renzi senza dirlo – se foss’ella stata di miglior foggia abbigliata megera era e tal sarebbe stata.

Ella esordì – figliuolo, ditemi il vostro caso.
– Vorrei dirle una parola in confidenza, non so se comprende, m’auguro davvero che lei frequentemente disinfesti i suoi studi da cimici e webcam.
– Son qui, – rispose il dottore: – parlate -. E s’accomodò sul seggiolone.
Renzi ricominciò: – vorrei sapere da lei che sa di Legge…
– Benedetta gente! siete tutti così: in vece di raccontar il fatto, volete interrogare, perché avete già i vostri disegni in testa, anche Andreotti, uguale, prima faceva fuori i Pecorella e poi veniva a dirmi “faccia lei che sa di Legge nonché d’assoluzioni”.
– Mi scusi, dottoressa Bongiorno. Vorrei sapere se a minacciare D’Alema affinché egli ostacoli un amore tra un Sindaco e una ex ministra della destra ci possa esser penale.
“Ho capito”, disse tra sé la Bongiorno, che in verità non aveva capito. “Ho capito. Caso serio, figliuolo; caso contemplato”.
E proseguì l’avvocata – Se volete ch’io v’aiuti, bisogna dirmi tutto, dall’a fino alla zeta, col cuore e la carta di credito in mano, come dal confessore. Purché non abbiate offeso persona di riguardo, intendiamoci, che so, i Massoni, m’impegno a togliervi d’impiccio: con un po’ di spesa, intendiamoci.

Mentre la Bongiorno mandava fuori tutte queste parole, Renzi lo stava guardando con un’attenzione estatica, ma a quel punto, al sentire “massoni” ebbe un sussulto, e prese così la parola.
– Ma mi scusi; lei non m’ha dato tempo: ora le racconterò la cosa, com’è. Sappia dunque ch’io dovevo sposare oggi, – e qui la voce di Renzi si commosse, – dovevo sposare oggi una giovine bionda siciliana, alla quale discorrevo, fin dal Governo Prodi. Altro che massoni, dei quali peraltro metto sempre in evidenza il Giglio. Ma ecco che D’Alema comincia a cavar fuori certe scuse… io l’ho fatto parlar chiaro, com’era giusto; e lui m’ha confessato che gli era stato proibito, pena la vita, di far questo matrimonio. Quel prepotente di Dell’Utri, che le siciliane mi si dice le voglia tutte per sé…
– Eh via! – interruppe subito la Bongiorno, aggrottando le ciglia, aggrinzando il naso rosso, e storcendo la bocca, – eh via! Che mi venite a rompere il capo con queste fandonie? Andate, andate; non sapete quel che vi dite: io non m’impiccio; non voglio sentir discorsi di questa sorte, diffamazioni d’uomini d’onore.
– Ma senta, ma senta, – ripeteva ind’arno Renzi: la Bongiorno, sempre gridando, lo spingeva con le mani verso l’uscio; e, quando ve l’ebbe cacciato, aprì, chiamò l’apprendista Amanda, e le disse: – restituite subito a quest’uomo quello che ha portato: io non voglio niente, non voglio niente.

Quella ragazza non aveva mai, in tutto il tempo ch’era stata in quella casa per ripagare la difesa al suo processo, eseguito un ordine simile. Anzi l’ordine era perentorio: non aprire le buste ricevute, non guardare in trasparenza il taglio delle banconote contenute, riporre il tutto tosto in cassaforte. Ma era stato proferito con una tale risoluzione, che non esitò a ubbidire. Prese le quattro povere bestie, che d’altra parte riluttavano ad entrar nella cassaforte di cui sopra, e le ridiede a Renzo, con un’occhiata in slang che pareva volesse dire: oh shit, ma come cazzo ti viene in mente, motherfucker d’un sindaco, tu che tra l’altro necessiti del voto del target ambientalista per riuscire ad ottenere una maggioranza stabile, di pagare la Bongiorno sotto forma di questi pulciosi pennuti starnazzanti, che manco un allevamento intero arrivebbe a ricoprire neanche la parcella della contestazione di una multa, ma cosa sei fiorentino o genovese?


(continua…)



(c) Apolide Sedentario & Manzone Ramingo 2014
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