PD: I PROMESSI DIVORZIATI una storia che sa d’affare (con RENZI TRAMAglino)

CAPITOLO LXXI

“Sapete cosa faremo?” disse la Marcegaglia: “voglio che andiamo noi altre donne a fare un’altra prova, e vedere se ci riesce meglio. Così avrò anch’io il gusto di conoscerlo questo baffetto d’un D’Alema, se è proprio come dite, incanutito e all’apparenza marginalizzato. Ma dopo desinare voglio che andiamo. Ora, sindaco sposo anziché celebrante, menateci un po’ a spasso noi altre due, ché a Prestigiacoma farò io da mamma”.
“Intendete che vi debba portare a implementare il pil con un po’ di strategia del pelo, che sempre funziona, menandovi a spasso nel senso al marciapiede?” fece Renzi più bollito ancor del solito nella sua ebete espressività.
“Ma no bischero”, disse l’Emma industriale, “ho proprio voglia di vedere un po’ meglio queste montagne, questo lago; il poco che n’ho già visto, mi pare una gran bella cosa. All’estero ci porto i capitali, insieme a Gino Paoli, ma quando si tratta di veder bei paesaggi, qui abbiamo il paradiso, seppur non fiscale”.

Passeggiato, desinato, Renzi se n’andò, senza dir dove.
Le donne rimasero un pezzetto a discorrere, a concertarsi sulla maniera di prender D’Alema; se con un look aggressivo in pelle e stivali col tacco, o più sbarazzine e senza mutandine sotto una gonnellina svolazzante; scelsero poi un tailleur da istituzione, ispirandosi alla Finocchiaro; e finalmente andarono all’assalto.
“Son qui loro,” disse D’Alema tra sé; ma fece faccia tosta: gran congratulazioni a Prestigiacoma, saluti ad Emmabonina, complimenti alla industriale. Le fece mettere a sedere, per quanto avesse preferito porle sul pavimento a quattro zampe e perché no col guinzaglio, e poi entrò subito a parlar della ludopatia: volle sentir da Prestigiacoma come l’aveva passata, e la cosa andava in lungo: finalmente non so quale delle due altre ruppe il ghiaccio, venendo alla question matrimonial-bipolare permanente.

Ma cosa volete? D’Alema era sordo da quell’orecchio. Non che dicesse di no; ma eccolo di nuovo a quel suo serpeggiare, volteggiare e saltar di palo in frasca. “Bisognerebbe,” diceva, “poter far levare quell’avviso di garanzia per i tumulti a Milano, e quel procedimento al padre appaltatore del Matteo per i suoi affari loschi in quel di Genova. Non vedo proprio l’ora di saperlo concluso questo parentado, ma lo vorrei concluso bene, tranquillamente. Dico la verità: qui, con quella cattura viva, spiattellar dall’altare quel nome di Lo Renzi Tramaglino, non lo farei col cuor quieto: gli voglio troppo bene; senza che i cinquestelle possan poi aver a dire; avrei paura di fargli un cattivo servizio. Veda lei; vedete voi altre.”

Qui, parte Emmabonina, parte la Marcegaglia, a ribatter quelle ragioni; D’Alema a rimetterle in campo, sott’altra forma: s’era sempre da capo; quando entra Renzi, con un passo risoluto, e con una notizia in viso; e dice: “è arrivato il signor Scajola.”
“Cosa vuol dir questo? arrivato dove?” domanda D’Alema, alzandosi.
“E arrivato nel suo palazzo, ch’era quello di Dell’Utri; perché questo signor è l’erede per fidecommisso, come dicono; sicché non c’è piú dubbio. Per me, ne sarei contento, se potessi sapere che quel pover’uomo d’un Marcello fosse morto bene. A buon conto, finora ho detto per lui de’ paternostri, adesso gli dirò de’ De profundis, anzi ci metto l’hastag, #deprofundisdellutri.”

“Ah! è morto dunque! è proprio andato!” esclamò D’Alema. “Sapete che l’è una gran cosa! un gran respiro per questo povero paese! che non ci si poteva vivere con colui. E stata un gran flagello questa ludopatia; ma è anche stata una scopa; ha spazzato via certi soggetti, che, figliuoli miei, non ce ne liberavamo piú: tutti anziani bacucchi, eppure a forza di impianti in cliniche elitarissime, sempre ringalluzziti, verdi, freschi, prosperosi. E in un batter d’occhio, sono spariti, a cento per volta. Non lo vedremo piú andare in giro con quelle troiette e quei picciotti dietro. Intanto, lui non c’è piú, e noi ci siamo. Non manderà piú di quell’imbasciate ai galantuomini. Ci ha dato un gran fastidio a tutti, vedete: ché adesso lo possiamo dire.”

E proseguì D’Alema: “Ora, tornando a noi: fate voi altri quel che credete. Se volete che vi mariti io, son qui; se vi torna piú comodo in altra maniera, fate voi altri. Forse ora come ora un bipolarismo permanente potrebbe vidimarlo un quorum del 75% nelle Camere, ma se riformate il Senato vi basteranno meno emendamenti per eternarvi al potere”.

(continua…)

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