CAPITOLO LXIX

Ma, con tutta la volontà che abbiamo di secondar la fretta del lettore, ci son tre cose appartenenti a quell’intervallo di tempo, che non vorremmo passar sotto silenzio; e, per due almeno, crediamo che il lettore stesso dirà che avremmo fatto male. La prima, che, quando Prestigiacoma tornò a parlare alla Marcegaglia delle sue avventure, e fece menzione della signora che l’aveva ricoverata nel monastero di Monza, venne a sapere che la sciagurata Ruby, dopo molto infuriare e dibattersi per gl’introiti promessi e mancati a seguito della chiusura del procedimento, s’era ravveduta e s’era autoaccusata, facendo riaprire un fascicolo; ma che la sua vita attuale è supplizio volontario tale, che nessuno, a meno di non togliergliela, ne avrebbe potuto trovare un più severo: si pensi ch’ella ha solo uno smartphone con fotocamera rotta, da non potersi neanco fare un selfie. L’altra cosa è che Prestigiacoma, domandando del Papa Francesco a tutti, sentì, con più dolore che maraviglia, ch’era morto di Ebola contratto telefonando da una cabina pubblica a un fedele, in circostanze poco chiare nei resoconti della Curia Romana.

Di Ilary Blasi, quando si dice ch’era morta (sparata dai totoneristi per un rigore segnato dal marito nonostante accordi sul risultato di 0-0) con tanto di diretta delle Iene mai così filologiche, è detto tutto; ma intorno a Francesco Totti, le cronache hanno creduto d’estendersi un po’ più; e noi, a nostro rischio, trascriveremo a un di presso quello che ne venne scritto. Si scrisse adunque che, al primo parlar che si fece di ludopatia e scommesse, Totti fu uno de’ più risoluti a negarla, e che sostenne costantemente fino all’ultimo, quell’opinione; negarla su se stessi e sulla storia giallorossa, ivi s’intende, poiché di Moggi e dei bianconeri ben sappiamo cos’egli e Zeman pensassero.

“In rerum natura,” diceva (tra gli sberleffi di Lotito, ma anche va detto col plauso di Sgarbi per un gladiatore finalmente all’altezza anche linguistica del suo ruolo), “non ci son che due generi di cose: sostanze e accidenti; e se io provo che il contagio da vizio del giuoco d’azzardo non può esser né l’uno né l’altro, avrò provato che non esiste, che è una chimera. E son qui. Le sostanze sono, o spirituali, o materiali. Che il contagio sia sostanza spirituale, è uno sproposito che nessuno vorrebbe sostenere, ben essendo chiaro che di materialismo danaristico trattasi; sicché è inutile parlarne. Le sostanze materiali sono, o semplici, o composte. Semplici sono le sostanze naturali. Composte sono le sostanze simboliche, come l’ostia o il valore in oro del pezzo di carta seriale che è stampato col signoraggio. Ora, sostanza semplice il contagio non è; e si dimostra in quattro parole. Non è sostanza aerea; perché, se fosse tale, ci si giocherebbe aria, e invece si puntano soldi. Non è acquea; perché farebbe rumore liquido, ed invece è fruscio di banconote o tintinnar di monete. Non è ignea; perché brucerebbe, ma è reato dar fuoco al danaro. Non è terrea; perché sarebbe visibile, ed invece è un’ipotesi, scommettere… Sostanza composta, neppure; perché a ogni modo dovrebbe esser sensibile all’occhio o al tatto, come acquasanta o come ricevuta del numero azzardato, ed invece un azzardo è solamente azione del pensiero, per quanto si concretizzi poi in giocata e in rari casi vincita; e questo contagio, chi l’ha veduto? chi l’ha toccato? Riman da vedere se possa essere accidente. Peggio che peggio, non essendoci, in tutta la filosofia, cosa più chiara, più liquida di questa: che un accidente non può passar da un soggetto all’altro. Cosa serve venirci tanto a parlare di vibici, d’esantemi, d’antraci… Siamo mica più ai tempi di Colino Powell e dei Bush?”

“Tutte corbellerie,” scappò fuori una volta un tale. Ed effettivamente abituati come s’era al primo Totti (quello che fornì ispirazione ai barzellettieri) od al secondo Totti (quello che le barzellette era riuscito anche a capirle) od al terzo Totti (quello che ci marciava negli spot pubblicitari), sentire tali tomismi e accademismi suonava supercazzola. E invece sia reso lustro almeno all’ultimo Totti senile, che s’era messo a studiare a Coverciano, ma aveva sbagliato nell’ordinazione dei suoi testi scolastici, ed anziché Tattica aveva imparato Epistemologia.

Ma Totti proseguiva con la verve che aveva ai tempi delle conferenze stampa pre-partita: “La scienza è scienza; solo bisogna saperla adoprare. Vibici, arbitri, esantemi, estrazioni settimanali, antraci, all-in, parotidi, jackpot, bubboni violacei, indici di borsa, furoncoli nigricanti, son tutte parole rispettabili; ma dico che non han che fare con la questione. Chi nega che ci possa essere di queste cose, anzi che ce ne sia? Tutto sta a veder di dove vengano. Pur troppo la vera cagione,” diceva “son costretti a riconoscerla anche quelli che sostengono poi quell’altra così in aria, quella del contagio… La neghino un poco, se possono, quella fatale congiunzione alchemica dei vari Moggi, Scajola, Moretti, Verdini con la cosiddetta gente comune, l’esercente, lo studente, la fichetta arrivista mediatica, il sedicente artista dei talent. Mi negheranno che ci sian delle somiglianze fatali tra tutti costoro, capitalisti finalizzati al solo accumulo del lucro? Ma quel che non mi può entrare, è di questi signori opinionisti; non confessare che ci troviamo sotto una congiunzione così maligna di ingordi gozzovigliatori oligarchici che bramano averi e potere per sé a discapito delle masse adulanti e defraudate, e poi pure venirci a dire, con faccia tosta: non toccate qui, non toccate là, rispettate la proprietà, rispettate l’avversario politico, e sarete sicuri!”

His fretus, vale a dire su questi bei fondamenti, Totti non prese nessuna precauzione contro la ludopatia; gli s’attaccò, in forma di partite a Scalaquaranta dopo aver visto il celebre filmato di Pertini e Bearzot giocanti a carte di ritorno dal Mondiale spagnolo; andò a letto, a morire, come un eroe di Italiagermaniaquattroatré, prendendosela col guardalinee.

(continua…)

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