PD: I PROMESSI DIVORZIATI una storia che sa d’affare (con RENZI TRAMAglino)

CAPITOLO LXVIII

Renzi si levò, non senza fatica, quel che restava de’ panni alluvionati, che gli s’eran come appiccicati addosso, come quello strano viscidume biancastro che trovava ovunque sui divanetti quando pranzava alle residenze arcoriane. E cercò d’Emmabonina. Le fece uno squillo da sotto casa: a una tal suoneria, essa s’affacciò di corsa alla finestra, ma anche stavolta capì che a trovarla la si andava a trovare, a stimarla la di diceva stimata, ma col cazzo che l’avrebbero eletta al posto di Mattarella, non avesse dato lei forfait per salute.

Emmabonina indicò a Renzi un giardino ch’era dietro alla casa; e soggiunse: “entrate 1ì, e vedrete che c’è due panche, l’una in faccia all’altra, che paion messe apposta, a simbolo d’una evoluta democrazia di modello statunitense, con l’equilibrio incrociato tra democristi e repubblicani, gli uni sulla panca presidenziale, gli altri maggioritari nel Congresso. Io vengo subito.”
Renzi andò a mettersi a sedere sulla panca Repubblicana: un momento dopo, Emmabonina si trovò lì su quella Democratica: e mi vien da pensare (con correlato orrore) che se il lettore è qui su un sito internet ipnoticamente convinto d’una funzione sociologica della Rete, egli aggiungerebbe una sedia tra le panche e farebbe cagnara sotto l’egida di Casaleggio.
La conclusione fu che s’anderebbe a metter su casa tutti insieme, Radicali, Centristi, Progressisti (foss’anche “a insaputa” del finanziatore dell’acquisto).

Trovò la Sciarelli, in buona salute anche lei, e in minor timore di perderla; ché, in que’ pochi giorni, le cose, anche là, avevan preso rapidamente una bonissima piega. Pochi eran quelli che ancor si ludopatizzavano; e il male non era più quello; non più que’ bisogni costipati di puntare le fiches, né quella violenza di sintomi; ma febbriciattole del giuoco, intermittenti la maggior parte, con al più qualche piccol pokerino serale, che si curava con due tette in tv a distrarre sguardo e attenzioni come da decenni soleva.
Si parlava già di ravviare i lavori per rimpinguare le tasche inaridite dalle scommesse compulsive: i padroni pensavano già a cercare e a caparrare operai. Renzi, senza fare il lezioso, promise (salve però le debite approvazioni in bilancio) di rimettere ulteriore mano alla riforma del lavoro. S’occupò intanto de’ preparativi più necessari: trovò una casa più grande; e vai di adeguamenti e ristrutturazioni con cui dar 80 euro al giorno ad una ditta di manovali edili; e la fornì di mobili e d’attrezzi, intaccando questa volta il tesoro, ma senza farci un gran buco, ché tutto era a buon mercato per un primo ministro, ma al tempo stesso era un indotto di mobilieri ed elettricisti che girava.

Se i rimasti vivi erano, l’uno per l’altro, come morti resuscitati da un oltretomba di tappeti verdi, Renzi, per quelli del suo paese, lo era, come a dire, due volte. Direte forse: come andava colla Legge Severino dopo il foglio di via per tumulti durante l’assalto alla bonza meneghina? L’andava benone: lui non ci pensava quasi più, supponendo che quelli i quali avrebbero potuto eseguirlo, non ci pensassero più né anche loro: e non s’ingannava. Era cosa che i decreti, tanto generali quanto speciali, contro le persone, se non c’era qualche animosità privata e potente che li tenesse vivi, e li facesse valere, rimanevano spesso senza effetto, quando non l’avessero avuto sul primo momento; come palle di schioppo, che, se non fanno colpo, restano in terra, dove non dànno fastidio a nessuno. Si veda tutto il casino del Puttanier poi risolto con qualche visita ai coetanei non transgenici dell’ospizio locale. L’attività dell’uomo è limitata; e tutto il di più che c’era nel comandare, doveva tornare in tanto meno nell’eseguire. Quel che va nelle maniche, non può andar ne’ gheroni.

Chi volesse anche sapere come Renzi se la passasse con D’Alema, in quel tempo d’aspetto tra un governo e il venturo rimpasto, dirò che stavano alla larga l’uno dall’altro. Con Renzi che aveva fissato di non parlargli, non volendo risicare di farlo inalberar prima del tempo, che al momento di concludere quando avrebbe rottamato il suo partito stesso, trasformandolo in un sito interattivo.

(continua…)


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