PD: I PROMESSI DIVORZIATI una storia che sa d’affare (con RENZI TRAMAglino)

CAPITOLO LXI

Dopo qualche momento, s’accende lo schermo del videocitofono; una donna, guardando chi era, con un viso ombroso che par che dica: vagabondi? marucchin? untori? diavoli?
“Signora,” disse Renzi guardando in su, e con voce non troppo sicura: “ci sta qui come collaboratrice a tempo determinato una giovine di sicilia, che ha nome Prestigiacoma?”
“La non c’è piú; andate,” rispose quella donna, facendo atto di chiudere.
“Un momento, per carità! La non c’è piú? Dov’è?”
“Al Leoncavallo” e la finestra fu chiusa davvero.

La prima, l’unica persona che vide, fu un’altra donna, fasciata in colori sociali giallorossi distante forse un venti passi; la quale, con un viso ch’esprimeva terrore, odio, impazienza e malizia, con cert’occhi stravolti che volevano insieme guardar lui, e guardar lontano, spalancava la bocca come in atto di gridare a piú non posso. Si vedeva che voleva chiamar gente, in modo che qualcheduno non se n’accorgesse.
“Che diamine…?” cominciava Renzi, alzando anche lui le mani verso la donna; ma questa, perduta la speranza di poterlo far cogliere all’improvviso, lasciò scappare il grido che aveva rattenuto fin allora: “Quello delle scommesse clandestine! dàgli! dàgli! dàgli all’untore!”
“Chi? io! ah strega bugiarda! sta’ zitta,” gridò Renzi, “Io, che sono un viola, mica un gobbo juventino del clan Moggi!”; e fece un salto verso di lei, per impaurirla e farla chetare. Ma s’avvide subito, che aveva bisogno piuttosto di pensare ai casi suoi. Allo strillar della vecchia, accorreva gente di qua e di là; non la folla che, in un caso simile, sarebbe stata, tre mesi prima; ma gruppetti di ultras piú che abbastanza per poter fare d’un uomo solo quel che volessero.

Nello stesso tempo, s’aprì di nuovo la finestra, e quella medesima sgarbata di prima ci s’affacciò questa volta, e gridava anche lei: “pigliatelo, pigliatelo; che dev’essere uno di que’ birboni che vanno in giro a dar soldi ai portieri e alle punte perchè alterino i risultati!”
Renzi non istette lì a pensare: gli parve subito miglior partito sbrigarsi da coloro, che rimanere a dir le sue ragioni: diede un’occhiata a destra e a sinistra, da che parte ci fosse men gente.
A sinistra ormai non c’era più manco un cane, e – ci fosse stato – una Madia accalappiacompagni l’avrebbe subito tolto di mezzo definitivamente. E svignò di là.

Rispinse con un urtone uno che gli parava la strada; con un gran punzone nel petto, fece dare indietro otto o dieci passi un altro che gli correva incontro; e via di galoppo, col pugno in aria (ma di istinto, per spirito pugnace, non certo per rivendicazione politica, ed anzi nell’accorgersi di levarlo così in cielo, quel pugno, quasi provò imbarazzo, e avrebbe voluto distenderlo se non in saluto romano quantomeno in tipico gesto da promessa scout, non fosse che dietro le spalle sentiva il calpestìo di chi rincorreva e, piú forti del calpestìo, quelle grida amare: “chi non salta con Luciano è, è!”).

Ma poi, con maraviglia, vide che i suoi persecutori s’eran fermati, e stavan lì come titubanti. E vide un’ambulanza che s’avanzava, anzi una fila di mezzi di soccorso.
Si tirò da una parte, prese la rincorsa verso l’ambulanze, passò la prima, e adocchiò nella seconda un buono spazio voto. Prende la mira, spicca un salto; è su, piantato sul piede destro, col sinistro in aria, e con le braccia alzate.
“Bravo! bravo!” esclamarono, a una voce, gl’infermieri della neuro. “Sei venuto a metterti sotto la nostra protezione, anche se tu dici dici ma poi fai tagli alla sanità come tutti gli altri”, gli disse uno de’ due che stavano sull’autolettiga dov’era montato.
“Lascia fare a me,” gli disse un de’ due; e strappato al degente ludopatico trasportato un Gratta&vinci, l’alzò come una fionda verso quegli ostinati, e fece le viste di buttarglielo. A quell’atto, fuggiron tutti, inorriditi; e Renzi non vide piú che schiene di nemici, e calcagni che ballavano rapidamente per aria, a guisa di gualchiere.

“Ah ah! vedi se noi sappiamo proteggere i galantuomini? disse a Renzi l’infermiere: “val piú uno di noi che cento di que’ poltroni delle scorte.”
“Certo, posso dire che vi devo la vita,” rispose Renzi: “e vi ringrazio con tutto il cuore.”
“Di che cosa?” disse sarcastico l’infermiere: “tu lo meriti: si vede che sei un bel faccia di merda. Fai bene a intortare questa canaglia con vuote promesse ottimiste: estirpali costoro, gl’elettori, che non vaglion qualcosa, se non quando son morti, o quando preferiscono una domenica al mare alle urne; che, per ricompensa della vita che facciamo, ci maledicono, e vanno dicendo che non sappiamo curare le persone, e mica pensano che dietro a noi infermieri sta l’osceno magnamagna milardario dei fetenti della Bayer e di voi politici che fate costruire ospedali modello a soldi pubblici per poi cederli in uso a gruppi privati che arrivano persino a toglier organi sani a dei pazienti pur di incrementar fatturati?”

(continua…)


(c) Apolide Sedentario & Manzone Ramingo 2014
DOWN DOW FOREVER
chi non si abbona a IL NUOVO MALE (e FRIGIDAIRE) è nammmerda peggio di quelli di cui si lamenta

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