PD: I PROMESSI DIVORZIATI una storia che sa d’affare (con RENZI TRAMAglino)

CAPITOLO LVI

“Corona!” disse Dell’Utri, rizzandosi stentatamente a sedere: “tu sei sempre stato il mio fido.”
“Sì, signore.”
“T’ho sempre fatto del bene. Sto male, Corona. Se guarisco, ti farò del bene ancor piú di quello che te n’ho fatto per il passato. Sai dove sta di casa lo psichiatra? E’ un galantuomo, che, chi lo paga bene, tien segreti gli ammalati di gioco d’azzardo. Va’ a chiamarlo: digli che gli darò quattro, sei milioni per visita, di piú, se di piú ne chiede; ma che venga qui subito; e fa’ la cosa bene, che nessun se n’avveda.”
“Ben pensato,” disse Corona: “vo e torno subito.”
“Senti, Corona: dammi prima un po’ di bamba. Mi sento un’ansia, che non ne posso piú.”
“No, signore,” rispose Corona: “niente senza il parere del medico. Son mali bisbetici, e in preda agli eccitanti la costipazione alla puntata scommettitrice cresce ulteriormente. Stia quieto: in tre salti son qui con lo psichiatra.”
Così detto, uscì, raccostando l’uscio.

Dell’Utri, tornato sotto, contava i passi, calcolava il tempo, come di fronte a un timer delle bombe di Capaci o degli Uffizi. Ogni tanto ritornava a guardare il suo portafoglio, bubboso, traboccante ricevute di scommesse Uefa; ma voltava subito la testa dall’altra parte, con ribrezzo. Tutt’a un tratto, sente uno squillo lontano, ma che gli par che venga dalle stanze, non dalla strada. Non un trillo di cellulare, non una musichetta di videogame. Sta attento; lo sente piú forte, piú ripetuto, e insieme uno stropiccìo di piedi: un orrendo sospetto gli passa per la mente. Si rizza a sedere, e si mette ancor piú attento; sente un rumor cupo nella stanza vicina, come d’un peso che venga messo giú con riguardo; butta le gambe fuor del letto, come per alzarsi, guarda all’uscio, lo vede aprirsi, vede presentarsi e venire avanti due facce scomunicate dal recente diktat papalino contro le mafie. E vede mezza la faccia del Corona che, nascosto dietro un battente socchiuso, riman lì a spiare.

“Ah traditore infame!… Via, canaglia! aiuto! son assassinato! vogliono ammazzare cumpare Marcellu!” grida Dell’Utri.
Caccia una mano sotto il capezzale, per cercare una pistola; l’afferra, la tira fuori; ma il piú pronto gli è addosso, prima che lui possa far nulla; gli strappa la pistola di mano, la getta lontano, lo butta a giacere, e lo tien lì, gridando, con un versaccio di rabbia insieme e di scherno, come due dell’Interpol arrivati a Beirut durante una finta tac medica nell’hotel extralusso della latitanza.
“Tienlo bene, fin che lo portiam via,” disse il compagno, andando verso uno scrigno. E in quella il Corona entrò, e si mise con colui a scassinar la serratura.
“Scellerato!” urlò Dell’Utri, guardandolo per di sotto all’altro che lo teneva, e divincolandosi tra quelle braccia forzute. “Lasciatemi ammazzar quell’infame, scioglierlo nell’acido dei suoi sviluppi fotografici, e poi fate di me quel che volete”. Poi ritornava a chiamar con quanta voce aveva, gli altri suoi servitori; ma era inutile, perché Corona gli aveva mandati lontano, con finti ordini del padrone stesso, prima d’andare a fare la proposta di venire a quella spedizione, e divider le spoglie.

Dopo un grand’urlo, dopo un ultimo e piú violento sforzo per mettersi in libertà, cadde tutt’a un tratto rifinito e stupido: guardava però ancora, come incantato, e ogni tanto si riscoteva, o si lamentava.
Lo presero, uno per i piedi, e l’altro per le spalle, e andarono a posarlo sur una barella che avevan lasciata nella stanza accanto; poi uno tornò a prender la preda; quindi, alzato il miserabil peso, lo portaron via.
Corona rimase a scegliere in fretta quel di piú che potesse far per lui; passaporti diplomatici e lasciapassare libanesi e dei paradisi fiscali; album di famiglia con tutti i matrimoni, le cresime, le processioni con inchino, e i volti dei picciotti della cosca; carteggi con politici, massoni e industriali. Fece di tutto un fagotto, e se n’andò.
Ma, in quell’ultima furia del frugare, aveva poi presi, vicino al letto, i panni del padrone, e gli aveva scossi, senza pensare ad altro, per veder se ci fosse danaro. C’ebbe però a pensare il giorno dopo, che, mentre stava gozzovigliando tra belle gnocche, gli vennero a un tratto de’ brividi, gli s’abbagliaron gli occhi pur senza aver fatto scattare nessun flash, gli mancaron le forze, e cascò, urlando febbrili deliri sul fatto che “il Manchester lo danno 4:1” o “il 15 è in ritardo sulla ruota di Cagliari”.
Abbandonato da’ compagni in preda a tal chiarissima ludopatia fulminante, lo buttarono sur un’ambulanza; sulla quale spirò, prima d’arrivare al Leoncavallo, dov’era stato portato il suo padrone.


(continua…)



(c) Apolide Sedentario & Manzone Ramingo 2014
DOWN DOW FOREVER
chi non si abbona a IL NUOVO MALE (e FRIGIDAIRE) è nammmerda peggio di quelli di cui si lamenta

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