PD: I PROMESSI DIVORZIATI una storia che sa d’affare (con RENZI TRAMAglino)

CAPITOLO LXII

– E Renzi? – disse Emmabonina.
– È in salvo, n’è vero? – disse ansiosamente Prestigiacoma.
– Questo è sicuro, perché tutti lo dicono; si tien per certo che si sia ricoverato nell’aretino; ma il luogo proprio nessuno lo sa dire: e lui finora non ha mai fatto saper nulla. Che non abbia ancora trovata la maniera. Eppur par strano, lui che pur quando scorreggia manda un twit…
– Ah, se è in salvo, sia ringraziato il Signore, pur se aerofagico cibernetico! – disse Prestigiacoma; e cercava di cambiar discorso; quando il discorso fu interrotto da una novità inaspettata: la comparsa del cardinal Tettamanzi.

Questo, tornato di chiesa, dove l’abbiam lasciato, sentito dall’innominato venerabile che Prestigiacoma era arrivata, sana e salva, era andato a tavola con lui, facendoselo sedere a destra, in mezzo a una corona di preti, che non potevano saziarsi di dargli occhiate, e di paragonarlo con l’idea che da lungo tempo s’eran fatta del personaggio Gelli, burattinaio d’ogni cronaca nera e negromantica nazionale.
Finito di desinare, Tettamanzi vole esser condotto dall’onorevole sicula. Emmabonina e Prestigiacoma sentirono un ronzìo crescente nella strada; mentre pensavano cosa potesse essere, videro l’uscio spalancarsi, e comparire il porporato.
– Povera giovine, – cominciò: – Dio ha permesso che foste messa a una gran prova; ma v’ha anche fatto vedere che non aveva levato l’occhio da voi, che non v’aveva dimenticata. Dio non è come un responsabile delle liste di un partito, che elide o inserisce secondo tornaconti del momento. V’ha rimessa in salvo; e s’è servito di voi per una grand’opera, per fare una gran misericordia a uno, e per sollevar molti nello stesso tempo.
– Bisognerebbe che tutti i preti, gl’insegnanti, i politici, coloro che s’occupan de l’altrui vite, fossero come vossignoria, che tenessero un po’ dalla parte de’ compagni del popolo giacobino irredento, e non aiutassero a metterli in imbroglio, per cavarsene loro, – disse Emmabonina.
– Dite pure tutto quel che pensate, oh anima smarrita dietro i diritti della donna e non dei feti – disse il cardinale: – parlate liberamente.
– Voglio dire che, se D’Alema avesse fatto il suo dovere, la cosa non sarebbe andata così.

E raccontò del matrimonio concertato, del rifiuto dell’ex premier pidiessino, non lasciò fuori il pretesto de’ superiori che lui aveva messo in campo (ah, Emmabonina!); e saltò all’attentato del Corona mandato da Dell’Utri, e come, essendo stati avvertiti, avevano potuto scappare. – Ma sì, – soggiunse e concluse: – scappare per inciamparci di nuovo. Se in vece il compagno Massimo ci avesse detto sinceramente la cosa, e avesse subito maritati i miei poveri giovani, noi ce n’andavamo via subito, tutti insieme, di nascosto, lontano, in luogo che né anche l’aria non l’avrebbe saputo. Così s’è perduto tempo; ed è nato quel che è nato.
– I vertici DS mi renderanno conto di questo fatto, – disse il cardinale.
– No, signore, no, signore, – disse subito Emmabonina: – non ho parlato per questo: non lo gridi, perché già quel che è stato è stato; e poi non serve a nulla: è un uomo fatto così: persino Woitila lo aveva ammonito a non votar gli interventi militari, e lui sempre a dire “ma certo Santità, noi siamo la sinistra”, tranne poi esser più guerrafondaio degli Er Pecora: tornando il caso, farebbe lo stesso.

Tettamanzi domandò allora dove fosse il promesso sposo, e sentendo da Emmabonina (Prestigiacoma stava zitta, con la testa e gli occhi bassi) ch’era scappato dal suo paese, ne provò e ne mostrò maraviglia e dispiacere; e volle sapere il perché.
Emmabonina raccontò alla meglio tutto quel poco che sapeva della storia di Renzi.
– Ho sentito parlare di questo giovine, – disse il cardinale: – e della sua veloce ed anomala scalata a posizioni di potere; ma come mai uno che si trovò involto in affari di quella sorte, poteva essere in trattato di matrimonio con una ragazza così?
– Era un giovine dabbene, finché faceva il caposcout, e s’accontentava di istruire coccinelle o di partecipare ai meeting internazionali delle Guide – disse Prestigiacoma, facendo il viso rosso, ma con voce sicura.
– Era un giovine quieto, fin troppo, uno da Ruota della Fortuna, una sorta di rivincita del nerd pur non portando gl’occhiali – soggiunse Emmabonina: – e questo lo può domandare a chi si sia, anche al signor D’Alema. Chi sa che imbroglio avranno fatto laggiù, che cabale? I poveri, ci vuol poco a farli comparir birboni, a metterli come prestanome a capo d’aziende losche, promettendo che so una fornitura di tende da campeggio per qualche branco poco danaroso.
– È vero pur troppo, – disse il cardinale: – m’informerò di lui senza dubbio -: e fattosi dire nome e cognome del giovine, ne prese l’appunto sur un libriccin di memorie. Mat-te-or-enz-i, scandì mentre s’appuntava il nome.

Si voltò quindi ai padroni di casa, che vennero subito avanti, rinnovò i ringraziamenti, e domandò se sarebbero stati contenti di ricoverare, per que’ pochi giorni, le ospiti che Dio aveva loro mandate. Poi partì.
Non vogliam però chiudere la storia di quella giornata, senza raccontar brevemente come la terminasse Gelli.
Questa volta, la nuova della sua conversione l’aveva preceduto nella valle; vi s’era subito sparsa, e aveva messo per tutto uno sbalordimento, un’ansietà, un cruccio, un susurro.
Tornato al castello, il Venerabile alzò la mano, e disse: – ascoltate tutti, e nessuno parli, se non è interrogato. Figliuoli! la strada per la quale siamo andati finora, conduce nel cemento impoverito ndranghetista dei pilastri portanti della nostra muratoria. Non è un rimprovero ch’io voglia farvi, io che sono avanti a tutti. Non la Babilonia simbolica, ma il Dio misericordioso m’ha chiamato a mutar vita; e io la muterò, l’ho già mutata. Altro che investir sugli OGM. Sappiate e tenete per fermo che son risoluto di prima morire che far più nulla contro la sua santa legge, imperscrutabile persino a chi come noi si sia accanito a trovar soluzioni tra le cabale delle semiologie. Levo ad ognun della Loggia gli ordini scellerati che aveste da me; voi m’intendete; anzi vi comando di non far nulla di ciò che v’era comandato. E tenete per fermo ugualmente, che nessuno, da qui avanti, potrà far del male, dalla più piccola tangente all’omicidio politico, con la mia protezione, al mio servizio. Chi vuol restare a questi patti, sarà per me come un figliuolo: e mi troverei contento alla fine di quel giorno, in cui non avessi mangiato per satollar l’ultimo di voi, con l’ultimo pane che mi rimanesse in casa. Chi non vuole, gli sarà dato quello che gli è dovuto di salario, e un regalo di più: potrà andarsene; ma non metta più piede e cappuccio e grembiule qui. Per ora, ritiratevi, ognuno al suo posto.


(continua…)



(c) Apolide Sedentario e Manzone Ramingo 2014
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