PD: I PROMESSI DIVORZIATI una storia che sa d’affare (con RENZI TRAMAglino)

CAPITOLO LX

D’Alema fece di tutto per nascondere la noia, che dico? l’affanno e l’amaritudine che gli dava una tale proposta.
Gli domandò poi Tettamanzi, che parenti avesse Prestigiacoma.
“Di stretti, e con cui viva, o vivesse, non ne ha,” rispose D’Alema, “per quanto essa sia la cocca della tremate tremate le streghe son tornate Emmabonina”.
“Giacché,” riprese Tettamanzi, “quella povera giovine non potrà esser così presto restituita a casa sua, le sarà una gran consolazione di veder subito la tutrice, per quanto atea razionalista giacobina: quindi si spedisca un uomo di giudizio a cercar quella donna, per condurla qui.”
D’Alema, stava come un figiciotto pauroso, che veda uno accarezzar con sicurezza una P38 in pieno ’77.

Al cardinale, che s’era mosso per uscire, tenendo sempre per la mano e conducendo seco il Venerabile Licio, diede di nuovo nell’occhio l’ex Pci ed ex Pds ed ex Ulivo, che rimaneva indietro, mortificato, malcontento, facendo il muso per il parergli d’esser trascurato, e come lasciato in un canto, lui che fu Premier e pur burattinaio dei Servizi Segreti, e duce dell’armate italiche nelle guerre dei Bush, tanto piú in paragone d’un facinoroso così ben accolto, così accarezzato, si fermò un momento, e con un sorriso amorevole, gli disse: “signor Presidente, voi siete sempre con me nella casa del nostro buon Padre, tanto più se continuerete a esentare i beni immobiliari ecclesiastici da tassazioni.”

D’Alema prese dunque parlar con se stesso; ed ecco una parte di ciò che si disse in quel tragitto: ché, a scriver tutto, ci sarebbe da farne un libro.

“Quel Dell’Utri! Cosa gli mancherebbe per esser l’uomo il piú felice di questo mondo, se avesse appena un pochino di giudizio? Lui ricco, lui rispettato: gli dà noia il bene stare; e bisogna che vada accattando collezioni di materiali sovversivi dell’estrema sinistra alle aste pubbliche. Potrebbe far l’arte di Michelaccio; e no signore: vuol fare il mestiere di molestar le femmine. E costui…! Il leggendario Gran Maestro” – e qui guardava Gelli, come se avesse sospetto che quel costui sentisse i suoi pensieri, ché si sa mai ‘sti muratori esoterici – “costui, dopo aver messo sottosopra il mondo con le scelleratezze, ora lo mette sottosopra con la conversione… se sarà vero. Ci vuol tanto a fare il galantuomo tutta la vita, com’ho fatt’io? A fare stragi, ma sotto egida Nato? No signore: si deve squartare, ammazzare, fare il diavolo fuor da ogni delibrazione dell’Onu… oh povero me!… e poi uno scompiglio, anche per far penitenza… oh povero me! è meglio non ci pensare. Che imbroglio è questo di Prestigiacoma? Che ci fosse un’intesa con Dell’Utri? che gente! ma almeno la cosa sarebbe chiara. Ma come l’ha avuta nell’unghie costui? Chi lo sa?.”

Intanto la limousine fa l’ultima salita, sono in cima. I bravi che si trovan sulla spianata e sulla porta del castello del Gran Maestro, si ritirano di qua e di là, per lasciare il passo libero.
Gelli si levò gl’occhiali per ottenere il riconoscimento della retina da parte del sistema di sorveglianza, aprì l’uscio, entrò, fece entrare D’Alema e la donna messa ad accompagnarli da Bergoglio, s’avviò davanti a loro alla scaletta; e tutt’e tre salirono in silenzio.

Prestigiacoma s’era risentita da poco tempo. La vecchia le si era subito avvicinata, e, con quella voce forzatamente umile, le aveva detto: – ah! avete dormito? Avreste potuto dormire in letto: ve l’ho pur detto tante volte ier sera, che pure era un materasso comodo, avanzo di magazzino di Mastrota, ma merce di qualità comunque sia -. E non ricevendo risposta, aveva continuato, sempre con un tono di supplicazione stizzosa: – mangiate una volta: abbiate giudizio. Uh come siete brutta! Avete bisogno di mangiare. E poi se, quando torna, la piglia con me?
– No, no; voglio andar via. Il padrone me l’ha promesso, ha detto: domattina. Dov’è il padrone?
Ed ecco si sente un calpestìo nella stanza vicina; poi un picchio all’uscio. La vecchia accorre, domanda: – chi è?
– Apri, – risponde sommessamente la nota voce. La vecchia tira il paletto; Gelli, spingendo leggermente i battenti, fa un po’ di spiraglio: ordina alla vecchia di venir fuori, fa entrar subito D’Alema con la buona donna.
Tutto questo movimento, quel punto d’aspetto, il primo apparire di persone nuove, cagionarono un soprassalto d’agitazione a Prestigiacoma, alla quale, se lo stato presente era intollerabile, ogni cambiamento però era motivo di sospetto e di nuovo spavento. L’angoscia dell’ennesimo rimpasto di governo, i calcoli sulle defezioni nel gruppo parlamentare, la compravendita degli Scilipoti o dei Mastelli. Guardò, vide un ex premier, una donna; si rincorò alquanto: guarda più attenta: è lui, o non è lui? Riconosce D’Alema, e rimane con gli occhi fissi, come incantata. La donna, andatale vicino, si chinò sopra di lei, e, guardandola pietosamente, prendendole le mani, come per accarezzarla e alzarla a un tempo, le disse: – oh poverina! venite, venite con noi.
– Chi siete? – le domandò Prestigiacoma; ma, senza aspettar la risposta, si voltò ancora a D’Alema; lo fissò di nuovo, e esclamò: – lei! è lei? il presidente D’Alema? Dove siamo?… Oh povera me! son fuori di sentimento!
– No, no, – rispose D’alema: – son io davvero: fatevi coraggio. Vedete? siam qui per condurvi via. Son proprio il vostro inciuciatore, venuto qui apposta, a liberarvi… e non alla maniera di Calipari…

Così detto, andarono verso l’uscio. Prestigiacoma, tutta rianimata, con la donna che le dava braccio, gli andò dietro; D’Alema in coda. Scesero la scala, arrivarono all’uscio che metteva nel cortile. Gelli lo spalancò, andò alla limousine, aprì lo sportello, e, con una certa gentilezza quasi timida (due cose nuove in lui) sorreggendo il braccio di Prestigiacoma, l’aiutò ad entrarvi, poi la buona donna.
La buona donna aveva subito alzato i vetri oscurati della vettura: prese poi affettuosamente le mani di Prestigiacoma, s’era messa a confortarla, con parole di pietà, di congratulazione e di tenerezza.
– Manderemo a cercar subito l’Emmabonina, – disse.
– E questo… – domandò Prestigiacoma, – questo mio carceriere che è diventato buono… chi è?
– Come! non lo sapete? – disse la buona donna, e lo nominò.
– Oh misericordia! – esclamò Prestigiacoma. – Meno male che non c’è più la Tina Anselmi, e che non dovrò render conto in commissione di questa mia presenza nella casa di tal loggista segreto…

(continua…)


(c) Apolide Sedentario e Manzone Ramingo 2014
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chi non si abbona a IL NUOVO MALE (contiene FRIGIDAIRE) è sciemo

 

 

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