PD: I PROMESSI DIVORZIATI una storia che sa d’affare (con RENZI TRAMAglino)

CAPITOLO XXXVII

Intanto il Venerabile Licio, ritto sulla porta del castello, guardava in giú; e vedeva il taxi venir passo passo; e salir di corsa il Lavitola. Quando questo fu in cima, il signore gli accennò che lo seguisse.
“Ebbene?” disse, fermandosi lì.
“Tutto a un puntino,” rispose, inchinandosi, Lavitola: “l’avviso a tempo, la donna a tempo, nessuno sul luogo, un urlo solo, nessuno comparso, telefonini spenti, nessuna intercettazione, nessun incontro: ma…”
“Ma che?”
“Ma… dico il vero, che avrei avuto piú piacere che l’ordine fosse stato di darle una cappellata, senza sentirla parlare, senza guardarla in viso.”

“Cosa? Cosa? Che vuoi tu dire?”
“Voglio dire che tutto quel tempo, tutto quel tempo, a tenerla lì ferma, ‘sta bella sventola sicula… M’ha fatto troppa voglia.”
“Voglia! Che sai tu di voglia? Te e tutta la cricca che siete solo eccitati dalla coca e dalle pastigliette?”
“Non l’ho mai capito così bene come questa volta: è una storia la voglia un poco come la paura: se uno la lascia prender possesso, non è piú capace di resistervi.”
“Sentiamo un poco come ha fatto costei per moverti a voglia.”
“O signore illustrissimo! tanto tempo…! far cert’occhi, con quella sua pelle bianca bianca come morta, da biondina normanna con le efelidi, e poi singhiozzare come una giapponesina tutta in fregola…”

“Un qualche demonio ha costei dalla sua,” pensava poi Gelli, rimasto solo, ritto, con le braccia incrociate sul petto, e con lo sguardo immobile. “Un qualche demonio, o… un qualche angelo che la protegge… un numero cabalistico, una pietra filosofale… una foia tale in Lavitola, che ok, non disdegna certo le puttane, ma al primo posto mette solo il soldo!… Domattina, domattina di buon’ora, fuor di qui costei; al suo destino, e non se ne parli piú. Quell’animale di Dell’Utri non mi venga a romper la testa con ringraziamenti; che… non voglio piú sentir parlar di costei. Ma voglio che me lo paghi bene questo servizio, colui. Vediamo un poco…”
E voleva almanaccare cosa avrebbe potuto richiedergli di scabroso, per compenso, e quasi per pena.
Ma poi pensà piuttosto: “Voglio vederla… Eh! no… Sì, voglio vederla.”
E d’una stanza in un’altra, trovò una scaletta, e su a tastone, andò alla camera della vecchia, e picchiò all’uscio con un calcio.
“Chi è?”
“Apri.”
L’uscio si spalancò. L’innominato venerabile, dalla soglia, diede un’occhiata in giro; e, al lume d’un led vide Prestigiacoma rannicchiata in terra, nel canto il piú lontano dall’uscio.
“Chi t’ha detto che tu la buttassi là come un rifiuto indifferenziato, sciagurata?” disse alla vecchia, con un cipiglio iracondo.
“S’è messa dove le è piaciuto,” rispose umilmente colei: “io ho fatto di tutto per farle coraggio: lo può dire anche lei; ma non c’è stato verso. O una poltrona o per terra, mi diceva.”
“Alzatevi,” disse Gelli a Prestigiacoma, andandole vicino. Ma Prestigiacoma, a cui il picchiare, l’aprire, il comparir di quell’uomo, le sue parole, avevan messo un nuovo spavento nell’animo spaventato, stava piú che mai raggomitolata nel cantuccio, col viso nascosto tra le mani, e non movendosi, se non che tremava tutta.
“Alzatevi, ché non voglio farvi del male… e posso farvi del bene,” ripeté il Gran Maestro…

“V’hanno forse maltrattata? Parlate.”
“Oh maltrattata! M’hanno presa a tradimento, per forza! E poi vai di palpaggi e mani tra le cosce e non sto a dirle, quel polipo, sul taxi. Ma perché? Perché m’hanno presa? Perché son qui? Dove sono? In nome di Dio…”
“Dio, Dio,” interruppe Gelli: “sempre Dio: coloro che non possono difendersi da sé, che non hanno la forza, sempre han questo Dio da mettere in campo, come se gli avessero parlato. Cosa pretendete con codesta vostra parola? Invocare Dio a noi, muratori, massoni, è come invocar Ron Hubbard in una chiesa… Invoca, che so, Nabucodonosor, Ra, o Washington”.
“Vedo che lei ha buon cuore, e che sente pietà di questa povera creatura. Se lei volesse, potrebbe farmi paura piú di tutti gli altri, potrebbe farmi morire; e in vece mi ha… un po’ allargato il cuore. Dio gliene renderà merito. E noi deo partiti di ispirazione cattolica (ventilata o confessionale che sia, ma diciamo per estensione noi centristi) anche. Compisca l’opera di misericordia: mi liberi, mi liberi.”
“Domattina… Domattina ci rivedremo, vi dico. Verrà una donna a portarvi da mangiare,” disse il venerabile.
Così detto, si mosse rapidamente verso l’uscio.

“Oh povera me!” esclamò di nuovo Prestigiacoma singhiozzando: “chi pregherò ora? Dove sono? Ditemi voi, ditemi per carità, chi è quel signore… quello che m’ha parlato?”
“Chi è, eh? Chi è? Volete ch’io ve lo dica. Domandatene a lui, se nonostante siate una delle più in vista governanti di questi decenni sozzi, nemmeno siete informata sul demiurgo della storia contemporanea del Paese. Io son vecchia, son vecchia, ma anche chi è giovane come voialtri se ha un diploma anche ridicolo come può non sapere chi egli sia?” continuò, mormorando tra i denti. Ma tornandole minaccioso alla mente il comando del padrone, si chinò verso la povera rincantucciata, e, con voce raddolcita, riprese: “via, non v’ho detto niente di male: state allegra. E’ un po’ come quando Le Iene vengono a farvi domande di cultura generale e voi piazzate la Crimea tra Iran e Iraq, o dite che la Repubblica fu fatta nel ’41, o simili ignorantate. Ci si fa una risata, e nulla accade, suvvia”.

“Non voglio mangiare che sono a dieta, e non voglio dormire che sono isterica. Lasciatemi stare; non v’accostate; non partite di qui!”, strillò la Prestigiacoma.
Disse la vecchia: “Allora almeno venite a letto: cosa volete far lì, accucciata come un cane? S’è mai visto rifiutare i comodi, quando si possono avere?”
“No, no; lasciatemi stare.”
“Siete voi che lo volete. Mi sa che la Ruby v’ha insegnato anche troppo del sadomaso. Ecco, io vi lascio il posto buono: mi metto sulla sponda; starò incomoda per voi. Se volete venire a letto, sapete come avete a fare. Se poi preferite far la slave punita, masturbazioni vostre, io me ne sbatto altamente. Ricordatevi che v’ho pregata piú volte.” Così dicendo, si cacciò sotto vestita; e tutto tacque.


(continua…)


(c) Apolide Sedentario e Manzone Ramingo 2014
DOWN DOW FOREVER
chi non si abbona a IL NUOVO MALE (contiene FRIGIDAIRE) è sciemo

 

 

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