PD: I PROMESSI DIVORZIATI una storia che sa d’affare (con RENZI TRAMAglino)

CAPITOLO XXXV

Quando Karima, che dalla grata la seguiva con l’occhio fisso e torbido, la vide metter piede sulla soglia, come sopraffatta da un sentimento irresistibile, aprì lascivamente la bocca, tirò fuori languida la lingua come a mimare appetito di deputata biondina nuda ed umida, e disse: “Sentite, Prestigiacoma!”. Questa si voltò, e tornò verso la grata. Ma già un altro pensiero aveva vinto di nuovo nella mente sciagurata della ex-Rubacuori. Facendo le viste di non esser contenta dell’istruzioni già date, spiegò di nuovo a Prestigiacoma la strada che doveva tenere, e la licenziò dicendo: – fate ogni cosa come v’ho detto, e tornate presto -.
Prestigiacoma partì. Sentì crescere la paura, e allungava il passo; ma poco dopo si rincorò alquanto, nel vedere un taxi fermo, e accanto a quello, davanti allo sportello aperto, due viaggiatori che guardavano in qua e in là, come incerti della strada. Andando avanti, sentì uno di que’ due (ch’era il Lavitola), dire: – Ecco una buona giovine che c’insegnerà la strada -. Infatti, quando fu arrivata al taxi, quel medesimo, con un fare più gentile che non fosse l’aspetto, si voltò, e disse: – Bella puledrina, ci sapreste insegnar la strada di Monza, che domani c’è il Gran Premio?

– Andando di lì, vanno a rovescio, – rispondeva la poverina: – Monza è di qua… – e si voltava, per accennar col dito; quando l’altro compagno (era il Parolisi), afferrandola d’improvviso per la vita, l’alzò da terra. Prestigiacoma girò la testa indietro atterrita, e cacciò un urlo; il malandrino la mise per forza nel taxi: Parolisi la prese, la mise per forza nel taxi, la cacciò, per quanto lei si divincolasse e stridesse, a sedere: Lavitola mettendole un fazzoletto alla bocca, le chiuse il grido in gola, edentrò presto presto anche lui nella vettura: lo sportello si chiuse, e il taxi partì di carriera.

Non c’era nessuno; e nessuna telecamera di sorveglianza su quel tratto, distante da banche, negozi, o parchi tossici.
Chi potrà ora descrivere il terrore, l’angoscia di costei, esprimere ciò che passava nel suo animo? Spalancava gli occhi spaventati, per ansietà di conoscere la sua orribile situazione, e li richiudeva subito, per il ribrezzo e per il terrore di que’ visacci: si storceva, ma era tenuta da tutte le parti, anzi diciamolo pure schietto, era palpata, in ispecial modo dal Lavitola, che diciamo ci marciava: raccoglieva tutte le sue forze, e dava delle stratte, per buttarsi verso lo sportello; ma due braccia nerborute la tenevano come conficcata; quattro altre manacce ve l’appuntellavano. Ogni volta che aprisse la bocca per cacciare un urlo, il fazzoletto veniva a soffogarglielo in gola. Intanto tre bocche d’inferno, con la voce più umana che sapessero formare, andavan ripetendo: – Zitta, zitta, non abbiate paura, non vogliamo farvi male, non si va mica al Circeo cara la mia femminista destrorsa a larghe intese con la Mussolini e l’Arcilesbiche -.
Dopo qualche momento d’una lotta così angosciosa, parve che s’acquietasse; allentò le braccia, lasciò cader la testa all’indietro, alzò a stento le palpebre, tenendo l’occhio immobile; e quegli orridi visacci che le stavan davanti le parvero confondersi e ondeggiare insieme in un mescuglio mostruoso: le fuggì il colore dal viso; un sudor freddo glielo coprì; pensò a Via Fani, a Moro, e da siciliana pure a quel comunista di Impastato; s’abbandonò, e svenne.

– Su, su, coraggio, – diceva Lavitola. – Coraggio, coraggio, – ripetevan gli altri due birboni; ma lo smarrimento d’ogni senso preservava in quel momento Prestigiacoma dal sentire i conforti di quelle orribili voci.
– Diavolo! par morta, – disse uno di coloro: – se fosse morta davvero?
– Oh! morta! – disse l’altro: – è uno di quegli svenimenti che vengono alle donne. Io so che, quando ho voluto mandare all’altro mondo qualcheduno, uomo o donna che fosse, c’è voluto altro. Un caffè avvelenato per Sindona, qualche quintale di botti per i vari Falconi o Borsellini, un sabotaggio all’elicottero per Mattei, una cappio al collo per Saddam, il polonio per Arafat, Osho e i dissidenti antiPutin…
– Via! – disse Lavitola: – attenti al vostro dovere, e non andate a cercar altro. E quando sarà rinvenuta, badate bene di non farle paura; non la toccate, se non vi fo segno; a tenerla e palparla basto io. E zitti: lasciate parlare a me.
I criminosi complici pensarono “e bravo furbo che il compito di tenerla tra le mani se lo tiene in esclusiva, proprio un pappone del giro di arcoriani”.

Dopo qualche tempo, la povera Prestigiacoma cominciò a risentirsi, come da un sonno profondo e affannoso, e aprì gli occhi. Penò alquanto a distinguere gli spaventosi oggetti che la circondavano, a raccogliere i suoi pensieri: alfine comprese di nuovo la sua terribile situazione. Il primo uso che fece delle poche forze ritornatele, fu di buttarsi ancora verso lo sportello, per slanciarsi fuori; ma fu ritenuta dal polipo Lavitola, e non poté che vedere un momento la solitudine del luogo per cui passava. Cacciò di nuovo un urlo; ma l’ex direttore del Nuovo Avanti, alzando la manaccia col fazzoletto, – Via, – le disse, più dolcemente che poté; – State zitta, che sarà meglio per voi: non vogliamo farvi male; se ve lo infilo mi metto anche il gondone; ma se non istate zitta, vi faremo star noi.
– Lasciatemi andare! Chi siete voi? Dove mi conducete? Perché m’avete presa? Siete le Nuove Bierre? Siete di una rendition degli States come il mullah di Milano, pe’l rapimento del quale tutti son stati assolti, con la scusante della “rendition per ragion di Stato”? Siete dei Serenissimi col tanko? O dei pentastellati di Penthouse? Lasciatemi andare, lasciatemi andare!
– Vi dico che non abbiate paura: non siete una bambina, e dovete capire che noi non vogliamo farvi male. Non vedete che avremmo potuto ammazzarvi cento volte, se avessimo cattive intenzioni? Dunque state quieta.
– No, no, lasciatemi andare per la mia strada: io non vi conosco.
– Vi conosciamo noi – rispose Lavitola non poco scazzato per il non esserle noto, ché insomma le comparsate nazionali in cronaca lui le aveva pur fatte, tipo un Ricucci quantomeno, per capirci.

(continua…)


(c) Apolide Sedentario e Manzone Ramingo 2014
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