ALLA MALANIMACCIA DELL’OPUS DEI Intravista esclusiva di Apolide Sedentario a NADA MALANIMA

[ Nada ]

0. INTRO

C’è Nada a LoAno. Non c’è mai nada de nada, qui in provincia di BucoDiCuloDiDio. Tranne a LoAno, dove è consuetudine che La Comune (come li chiamo io) seppur destrorsa conceda spesso spazi ai cantautori. Non c’è niente, di solito, ma stasera c’è Nada.
Vado per far l’intravista. Ma LoAno è tutta un parcheggio blu. Il parcheggio è sempre più blu, ma io son MaRino Gaetano, tra i miei alias. Indi(pendente) per cui cerco posteggio bianco.
A fianco ai recentemente inaugurati “Giardini Jose’ Escrivà de Balaguer” (fondatore dell’Opus Dei, fatto pur santo dal santosubito Papolacco Karol) il Comune di LoAno ha ritagliato alcuni posti macchina gratuiti, ma con barriera architettonica inclusa, ovvero al di là di un gradino.
Non è un’allucinazione: è proprio un parcheggio gratuito, e pure libero, ma sta sopra un gradino, senza scivolo. Risalgo la non-china a quattro ruote, e porcheggio il mio mezzo, lassù in cima al gradino, ma gratuito, vicino ai Giardini Opus Dei.
E posso andare da lei, Nada Malanima.
Alla malanimaccia di Jose’.



1. MA CHE FREDDURA FA

Nel freddo glaciale ma non catastrofico dell’ennesima allerta meteo paranoide (nel senso che non nevica né piove, in culo alle previsioni apocalittiche) dirigo verso il Teatro, ovvero dove stasera Nada fa il “Musicaromanzo” tratto dal libro suo “Il mio cuore umano”.
Conosco già bene quell’ingresso tecnico, oltre il qual varco sta il palco, e i camerini. Stanno provando le luci nella sala, scorgo sagome appena. Sagome, si diceva. Bella sagoma come al solito (e ritengo lei pensi altrettanto di me) distinguo il biondo caschetto d’Assessora (personaggio ormai solito ai lettori delle intraviste di Apolide). Con aria tra il “chi si vede” e il disperato (amore? ah, a-ah, a-ah, a-ah) mi si saluta, lei e l’amica mia di vecchia data che per l’appunto lavora da Pr per l’assessorato cultura. Già sanno per esperienza che intravisto gli artisti ch’esse invitano a LoAno. Ma questa volta rilancio: “Assessora, lo sa che ho fatto un disco? Magari è l’occasione che sul palco a questo giro invitate pure a mme!”. L’Assessora mi chiede quantomeno se le farò prima avere per l’ascolto copia da valutare. Le dico che il disco esce su vinile. Dice “il vinile è più bello”. Le dico che “faccio solo cose belle, o non le faccio proprio”. Se ne sta.
Mi dicono che però Nada è di fretta, e già è impegnata: la stanno intervistando due giornaliste che hanno prenotato. Io non prenoto mai, Maleducato. Ma lei d’altronde è Malanima…
Mi indicano una figliuola vispa e mora che fa da intermediaria con la singer. Chiedo a codesta figliuola se, al mio solito, posso porre soltanto tre quesiti, dieci minuti appena e la sbrighiamo. Lei dice: “Non possiamo, mi dispiace, dobbiamo ancora andare in altri posti e poi tornar per il saundcièc”.
Ma nel frammentre Nada sta scendendo la scala dei camerini, ed ascoltando che dico “faccio presto”, nonché squadrando questo personaggio che ad impatto visivo ed istintivo rappresento, dice: “Ma sì, ma dai, se veramente facciamo in fretta rispondo”, appropinquandomi.
Lei luna in piena, io lampo: nell’arco di mezzora dal mio arrivo l’intravista è già pronta per la stampa.



2. INTRAVISTA ESCLUSIVA A NADA MALANIMA
 
Il mio interesse per Nada è sfaccettato: nell’epoca beat, lei pischella, avea cantato uno dei brani storici restati come archetipi pop (l’assai ben nota “Ma che freddo fa”), ottendendo visibilità a livello Fama, che se avesse investito in ulteriore canzonettistica pop le avrebbe portato fortune monetarie; ma lei, al contrario, aveva preferito, crescendo anagraficamente, un cantautorato amarognolo, coerente con la sua timbrica scura; da cui, tolto il brano “Amore Disperato” negli ’80, la sua carriera di nicchia; sino poi ad un Sanremo in cui propina, per il terzo millennio, un’assai scanzonata non-canzone che la critica dice “interpretata con tono troppo basso” (critica a cui lei risponde: “A me piace così, mentre la canto, come mi esce la voce, i toni bassi, come sento la gola, mentre emette, e poi il mio pubblico sa che ho questo stile, e io non scrivo per i grandi numeri”).
Insomma una quasi-punk (almeno in timbrica), una che fa non-belcanto (ma benissimo), una che se la senti nei suoi brani tocca passaggi vocali che starebbero su un pezzo dei Cccp. E d’altra parte nei testi, pur tediati dal solito femminile ego “ammmoroso”, evita il fare mieloso, ed anzi mette sarcasmo (“…tutto a posto, tutto a posto un cazzo…”) e amare considerazioni sull’umanità senza cuore (quello “umano” che lei appunto rivendica).
Le regalo il mio disco, lei ringrazia. De nada, Nada. Adesso preparati per le mie domande a cut-up dei tuoi testi.
 
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Apolide Sedentario:
“Niente su questa terra mi può condizionare, sia benedetta questa rabbia che disseta la mia infinita ricerca del tempo e modo di offendere, di fare sì che tutto a posto un cazzo, di pisciare del caos dentro al caffè politicamente corretto, di irritare allo stremo chi dà ordini perché la mia guerra sia persa: la mia carezza resterà diversa da quella del padrone a mano morta sul culo della serva. Io ce la faccio e ci sono, a essere anarchico, e tu ce la fai o non ce la fai più non ce la fai più non ce la fai più?”
 
Nada:
“Ma è questa la domanda???”
 
Apolide Sedentario:
“Sì, è questa”
 
Nada:
“Non lo so. Non lo so se ce la faccio. Non ci penso, io agisco e basta. Non mi faccio troppe domande. Preferisco agire.”
 
Apolide Sedentario:
“Scusa se ci metto un po’ e hai poco tempo, ma devo scrivere le risposte…”
 
Assessora de La Comune di Loano:
“Ti dobbiamo regalare un registratorino prima o poi…”
 
Nada:
“Ma no, è bello vedere uno che scrive ancora a mano!”
 
Apolide Sedentario:
“Ho rubato un sorriso dalla faccia di un padrone per riportarlo sul tuo viso, sono uno zingaro, ed ho un hardcore umano che come uno zingaro va. Non so ballare niente, e a un posto in un talentsciò non ci so stare, però sono un autore senza bollino Siae. Nada, i nodi vengano al pettine, giochiamo a carte scoperte: non hai mai pensato che non c’è bisogno di troppe cose, e che è tutto così insopportabile, che è sempre la stessa miseria dover accettare il pizzo sulle arti e la diffusione di idee?”
 
Nada:
“E’ sempre la stessa miseria, mi pare un bel concetto per rispondere!”
 
Apolide Sedentario:
“D’altra parte lo hai scritto tu…”
 
Nada:
“Eh sì…”
 
Apolide Sedentario:
“Guardami negli occhi: è difficile capire la semplicità, tèundèun-tèundèun-tèundèun-tèundèun, ma tu che hai sempre molte cose da fare, e infatti stai scappando che ti chiamano, pensi di aver perso aver perso aver perso aver perso tempo a rispondere alle domande di un indipendente disparato?”
 
Nada:
“No. Penso di no. Anzi. Anzi, mi sono pure divertita.”
 
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Con divertito sorriso scaturito dal mio scimmiottare dentro la domanda il “tèundèun” criticato nel suo brano sanremese recente, Nada Malanima benanimatamente s’accommiata, dopo avermi guardato dritto in faccia con espressione da dura intenerita, come per patto esaudito.



3. Chiosa: CATENE NON HA, MA E’ PROPRIO UN PARCO DEL CAZZO (ovvero: I GIARDINI OPUS DEI)
 
Vista la bella riuscita dell’incontro, Chiara (Pr di Nada) si presenta, carinamente scusandosi dei tempi stretti in cui mi ha costretto.
Metto via il notes, e torno al mio parcheggio vicino ai Giardini Opus Dei.
Alla malanimaccia del santastro massoniclericale Balaguèr, opto per un cappuccino.
Al bar vicino ai giardini sta un barista in vena colloquiale. Finiamo a parlare dei media, delle balle che dicono, dell’incapacità di intervistare se non con domande filtrate (onore al merito: l’annotazione è del barista stesso, ché accà nisciuno è fesso, e infatti dice: “Pensa che io a mio figlio, con dolore, mi son trovato a dire: non leggere i giornali, o ti convinci del falso”). Gli espongo un caso recente: su La Stampa diedero per “affondato” e “andato a picco” il catamarano jeegrobot degli emuli della grinpiss australiana all’atto dello speronamento che subì dalla gran baleniera. Ma l’affondamento non fu immediato: il mezzo venne trainato quasi fin nel porto, e s’inabissò il giorno dopo. Ovvero La Stampa dava già avvenuto un affondamento (“a picco”, per di più) ancora da avvenire (non nel senso il giornale della Cei). Caso palese di grave violazione del “verificare attentamente i fatti”. Col barista diciamo anche all’unisono: “Che poi se gli ambientalisti hanno dei tali catamarani da milion di dollari vadano pure a affogare”. Che bel sorseggiare, caffelatte caldo e sano condimento di sana conversazione consapevole.
Ambientalisti in catamarano stanno a Rivoluzione come Opus Dei sta a Qristo. Date a Cesare i giardini di Cesare, e scherza coi fanti ma non lasciare mai stare in pace l’anima dei fascisanti franchisti.
 


  [ Nada ]



(c) Apolide Sedentario 2009
DOWN DOW FOREVER

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