X-Mas Factor (IL FATTORE DECIMA MAS) – ovvero MORGAN & le "NOTE IN LIBERTA’ VIGILATA"

Il peso delle parole, e l’alchimia dei testi nelle teste…
Una lezione di schizofrenia occidentale in surreale serata, al concerto di Morgan.
Rassegna detta: “Note in Liberta’”. Liberta’: la parola ormai endemica, priva ormai del suo etimo e degli usi, abuso che elide referenti e memi.
Io, da par mio, ci metto un grave errore: mentre sto preparando l’intravista (poi bucata) al Morgan “da A ad A” (il suo ultimo disco) e che e’ in tv al talentscio’ di raidue chiamato Icsfactor, penso che titolo arguto possa essere “X-Mas Factor (nel senso della “Decima” fascista). Ed “evocando” – Parola, virus fetido – finisco non davanti al cantautore, ma quasi a farmi suonar dai buttafuori, forzanuovisti locali.
Ma avendo anche preso appunto precedente da testo di Morgan in chiosa ad eventuali scazzi tra me e l’artista (“Effettuato lo scontro, ripariamo i danni?”), ne esco a pelle salva e cranio intero, dalla peggio sfigata sera della vita.


1.

Il Dio Danaro, Porco (citazione da Morgan, annodomini ’95), l’Occidente, e’ la schizofrenia totalizzante, tautologia immanente (ed artifizio, ma piu’ reale del re, negli orifizi cranici del Volgo), e genera Contraddizioni.
Ce (e se) la menarono alla noia le generazioni seventis.
Ma avevano ragione.
Morgan e’ “di sinistra”, dicon tutti (che non lo dica lui – non so che dica – non ce ne frega mica, essendo i “pubblici” personaggi ormai senza identita’ che non sia quella data per l’appunto dal Pubblico sovrano, che con televotazioni elegge agoni ben meno in agonia della politica, engrams dell’immaginario collettivo…).
Fuori dal Cinema Loanese, dentro il quale si svolge appunto il concerto, c’e’ la fila di pischellame sinistralternativo. Tenuto fuori da grossi, recidivi e irremovibili, buttafuori di destra dichiarata (lo spieghero’ a cronaca inoltrata, ma cronaca di una sconfitta).


2.

La rassegna e’ “Note in liberta’”
La rassegna si svolge da piu’ date, nel corso degli anni, tenute nel passato sempre in stessa lochescion.
Stavolta invece – per accavallamento di manifestazioni – viene spostato al Cinema locale il concerto di Morgan.
Le “Note in liberta’”, e’ ben palese, sono ad “ingresso libero”.
Morgan pero’ e’ fenomeno di moda. Gira in televisione in questi giorni. Piace alle regazzine. E c’e’ il pienone.
Campeggia sul manifesto “ingresso libero sino ad esaurimento posti in sala”.
Fuori dal Cinema arrivo che stazionano una trentina di posti gia’ esauriti, tenuti fuori senza grandi sforzi da grossissimi tizi in veste bruna. E a dissuasione estrema, parcheggiati, ci sono i Carabbbina.
Mi riconoscono alcuni, dalla fila: “Ciao, dai, su, facci entrare”.
Le espressioni dei tizi grossigrossi dicono “entrate un cazzo”, ben sicuri, piazzati in mezzo senza neanche scazzo, tanto e’ ben chiaro che non fan passare.
Effettivamente la sala sara’ piena: c’e’ Morgan, gente che tira.
Ci sono leggende metropolitane: “Hanno fatto prevendita a 3 euro, poi li restituivano all’ingresso, ma molti dei posti che avevan prenotato son stati disertati, pero’ non ci lasciano entrare”.
Un tizio strilla contro l’assessora: “Non ti votiamo mai piu’, e’ a ingresso libero, non puoi tenermi fuori”.
Viene da me, che sono “giornalista” e dice che e’ una vergogna.
Provo a mediare: “Siamo una trentina, in qualche modo ci stiamo, in piedi, ai margini, fossimo centinaia vi capisco, ma questi quattro scemi falli entrare…”.
Il popolo comprende che ho dialettica e spera un po’ nel miracolo dei pesci da questo scemo che forse e’ un giornalista di un quotidiano, pare.
Ma non li smuove neppure un caterpillar, figuriamoci qualche mia parola, a questi, grossigrossi sull’entrata.
Faccio una foto alla ressa.
Trovo un tizio che i Quintorigo han chiamato “Caparezza” quando ha lor chiesto l’autografo durante la mia precedente “intravista”.
Consolo la ragazza – piccolina – che mi era venuta a dare del morale in cambio al piu’ di visuale a tu per tu con questo della tivvu’ (che a lei di Morgan gliene frega cippa – e neanche a me, di Morgan che concerta: son qui per sconcertare, per provare a cavar dall’artista spunti eclettici da mie domande con trick subliminali…). Era venuta per darmi del morale: ma la morale dei fatti qui a seguire e’ un film di Kafka in badtrip…
La morale e’ che Apolide cappella, pure lui, ma cappella in modo tale da crear “paradosso a cappella”, collettivo strippamento mentale…



3.

L’assessora locale alla cultura mi conosce da tempo.
E da vent’anni conosco il ragazzame (ormai incanutito) che fa organizzazione di simili eventi in zona.
Voglio parlare con una di costoro, chiedere di segnalare che ci sono, e al solito – performer consenziendo, od al peggio irruendo – sono in loco per intervistare la star.
Ma forse gli comincio a star sul culo.
L’assessora m’ignora inizialmente, poi dice che non puo’ far niente, e’ tutto pieno, e io le dico “vammi a contattare soltanto il Morganmenager, per dopo”. Lei se ne va. E interpreto il suo andare come un passare sopra alla richiesta.
Torna. Dice di entrare a cinque a cinque. I buttafuori si pongon di traverso pronti a contar sino a cinque, e poi restart. Entrano tutti. Io sto chiacchierando con un buttafuori, alla soglia del gradino. Entrati tutti, appropinquo a entrare anch’io. Mi si para davanti il buttafuori: “Hanno detto che e’ pieno”.
Nel grottesco ci sguazzo mio malgrado da due decenni almeno. Ma ogni volta e’ irritante, quando pone la situazione in assurdo. Ma, in fondo, e’ assurdo che vivo, dunque occhei, prendiamo di petto il tutto, come al solito.
Siamo rimasti fuori solo in tre: io, regazzina, e un guaglione che era andato a pisciare quando questi hanno deciso di fare alfine entrare a gruppetti di cinque, e la fidanza da dentro gli ha scritto “vieni, sono entrata”.
Sono entrati in ventotto. Noi tre no.
Adesso e’ proprio pieno sino all’orlo, noi tre non ci stiamo proprio, dicon loro. Faccio notare l’assurdo ai buttafuori, ma l’annotazione si butta in un orecchio e gl’esce fuori dall’altro.
Il fidanzato implora la fidanza che e’ la’ dentro che aspetta. “Dovevi pensarci prima alla fidanza”, gli dice il buttafuori.
L’assessora ri-esce, e dice: “E’ pieno”. E: “Fateli entrare li'”, dice ai molossi, indicando i sedili del foyer.
Dico: “Fatemi entrare li'”. Dicono: “NO”.
Esce una tizia, dice con fermezza: “Adesso non deve entrare piu’ nessuno”.
Dico: “Hanno fatto entrare 5 a 5, solo noi tre siamo rimasti fuori”.
Dice: “Ho detto nessuno”.
Dico (in un raptus, appunto, schizofrenico: vedasi l’introduzione): “Vieni un po’ qui, fammi vedere il nome sul cartellino, che almeno ti sputtano nell’articolo”.
Lei va dall’assessora e chiede: “Questo ma chi sarebbe, scusa?”.
Interpreto che l’assessora le risponda: “Vieni via, e’ uno scemo, lascia perdere”.
Tizia e assessora spariscon nel tendone.
Mi esce spontaneo un “ma guarda quella troia…”.
Potevo dire “faccia come il culo”, potevo dire “come ti permetti” citando la tronfissima Ventura di fronte a fidanzatina dissidente di un “talento” scacciato dallo show… Ma invece dico “troia”.
Uso un luogo comune, come tutti di fronte ad una che ti fa irritare. Non e’ da me, che di solito, se pungo, scelgo il veleno migliore, caso a caso. In questo caso potevo fare meglio. Sbaglio anch’io, pur’io, porco diodanaro.

(In fondo se perdi il controllo non c’e’ niente di male)



4.

Parlo coi buttafuori. Come al solito la butto sul confabulo. Non c’e’ nient’altro da fare.
I due rimasti all’ingresso son ridenti, accettano la discussione.
A uno mandero’ pure quest’articolo, mi chiede anche di scrivere sui Pirats, del campionato di football ammmericano, che’ non ne scrive nessuno, e dice: “Vieni a veder la partita, ti diverti”.
Gli dico che lo so, che e’ divertente: conoscevo anni fa chi ci giocava e lo andai a vedere, e pur mi piacque, e – insomma – bravo, gioca alla palla, che hai il fisico, e fa bene tenersi in movimento, dice sempre la medicina ufficiale…
(“Ti piace Springsteen? Non c’e’ problema!…”)
Poi mi vuol far vedere i tatuaggi perche’ abbiamo nel cuore il vecchio grifo, e lui ce l’ha pure stampato sulla pelle…
Poi dice al collega: “Gli lascio l’indirizzo, lui lo scrive in articolo e se aggiunge che chi vuole scopare mi contatti magari mi scrive qualcuna!”… Non ho scritto il recapito, a ‘sto giro, ma se lui – ricevuta copia apposita di quanto sto scrivendo – volesse davvero esser pubblicato in annuncio gratuito, io lo pubblico… “Scrivo tutto”, gli ho detto, e cosi’ sia…
E poi gli dico conosco l’assessora, e la stimavo pure, anche se e’ di A.N., perche’ organizza eventi spesso (o sempre) con gente che la pensa opposta a lei, dicendo ella stessa che l’arte non ha limiti… E lui mi dice: “E tu che parte stai?”… Io gli dico: “E’ evidente”… Lui dice al collega: “Questo e’ di quegli altri”, ed a me: “Sono opposto”…
Beh, DECIMA MAS FACTOR, si diceva…

Non troppo dopo, il collega, quando appunto affermo che il pezzo aveva come titolo “X-Mas Factor”, in mia prima intenzione, se la ride esclamando: “Decima Mas siamo noi!”…
Guarda se sgarro mai, quando pre-sento col Logos tra le tempie…



5.

La rassegna e’ “Note in Liberta’”.
Due buttafuori tengono alla larga 3 pezzenti (ed altri 3, che arrivan dichiarando, recitando sicuri, in far di entrare, “abbiamo prenotato” – ossia ci provano, e ben convinti, bravi per davvero).
Faccio notare che allora sono “Note in liberta’ vigilata”.
I buttafuori se la ridono grassa.

Morgan ha i buttafuor forzanuovisti.
O meglio, non lui in se’, ma cio’ in cui e’.
E si siede vicino alla Ventura.
La schizofrenia e il capitale.
(pero’ che dupalle deleuze, sia detto chiaro)



6.

Mi vado a fare un giro, dico a tutti.
I Carabbbinieri, sino all’esatto istante parcheggiati, se ne vanno anche loro.
Che sincronia, dico io.
E m’allontano.
Peripleggio edificio, poi ritorno.
C’e’ stato, intanto, il Cambio della Guardia.

Sono stato via un lampo, ed all’ingresso ci sono due buttafuori nuovinuovi.
Mi chiedo se mi trovo in un trippaccio, se ci sono o ci faccio.
Gli faccio: “Ma non eravate voi”.
Uno dei due mi fa: “Ora siamo noi”.
Gli dico: “I tuoi colleghi lo san gia’: mi puoi chiamare, da dentro, tal X.Y., l’organizzatrice, che lei mi conosce, e qui c’e’ un po’ un casino?”.
Mi dice: “Noi qui ci stiamo per l’ingresso, noi non chiamiamo nessuno”.
Gli dico: “Allora chiama solo almeno il direttore di sala, qualcuno che vuoi tu, basta non chiami quella che prima gia’ si e’ comportata come una troia proprio”.
Mi dice: “Stai attento a come parli.”
Gli dico: “Dico un po’ quel che mi viene”.
Mi dice: “Com’era fatta quella tipa che hai offeso cosi’?”.
Io gli rispondo com’era, la descrivo.
Mi dice: “Allora sappi che chi hai offeso si da’ proprio il caso che sia la mia ragazza”.
…(gasp)…
…(degluzione)…
Dico: “Speriamo di no, magari e’ un’altra”.
Mi dice: “Si’, speriamo. Spera tu”.
…(Dico a me stesso che sfiga questa sera)…
Dico: “Intendevo nel comportamento che ha avuto prima per tenermi fuori, non so nulla del suo privato, mai vista in vita mia, ho solo sbagliato il termine”.
Mi dice: “Hai gia’ detto troppo”.
Io insisto: “Questa, ammettilo, e’ gran sfiga. Pero’ – davvero, credimi, davvero – devo parlare con l’organizzatrice, non voglio vedere il concerto e neanche entrare, e quanto al resto, alla tipa e alla mia offesa non saprei cosa dire, a questo punto, al massimo posso dirti solo scusa”.
Lui mi dice: “Quella ragazza ha due lauree”.
Dico: “Non la conosco, ti ripeto, ho sbagliato l’epiteto”.

Mi allontano, coda tra le gambe, che’ ho sgarrato assai e assai e assai, e io tra me e me ci soffro quando sgarro, che’ sono un orgoglioso, ma anche onesto, e infatti racconto anche questo, a questo giro.

Provo con il collega. Ma sull’onda dello sgarro cui sopra, son fottuto.
Mi dice: “Perche’ non hai prenotato, se sei uno venuto per lavoro?”.
Potrei rispondergli che scrivo per una rivista di meccanica.
Gli dico: “Siamo al Cinema Loanese, non all’hotel 5 stelle, ne’ alla Scala”.
Mi dice: “Non urlare”.
Gli dico che io urlo con la voce, ma lui ha una postura che strilla silenziosa, di una violenza fisica maggiore al mio tono vocale.
Mi dice: “Sono solamente grosso”.
Gli dico: “Giustappunto che sei grosso, stare a gambe allargate e braccia al petto e’ postura violenta, da sbirrame, di cui non hai bisogno, gia’ in te essendo fisicamente inquietante anche a riposo”.
Il suo collega a ‘sto punto aggiunge ancora: “Se conosci davvero chi organizza, chiamala sul telefono, avrai il numero, no?”.
Dico: “Io chi conosco lo conosco, non ho il numero, non son come voi che tutta l’esistenza si risolve in contatti al telefono. Ma la conosco, chiamamela, o chiama qualcuno che la chiama, poi la smetto, ti ho pure chiesto scusa, se e’ per quello, ho sgarrato e l’ho detto, ma tu chiamamela…”.
Dice: “Ho detto di no”.
Dico: “Scrivero’ che i gorilla mi han fermato, altro non posso scrivere”.
Lui si segna “gorilla”, vedi dopo.

Mi allontano di nuovo, son sconfitto totale.
Perdo anch’io.
E qui arriva la tipa, sbuca fuori l’organizzatrice, infine.
“Ti cercavo da un’ora”, dico ad ella.
Lei mi dice: “E’ pienissimo davvero, se vuoi chiedo per te, sai, come al solito, e poi ti vengo a chiamare quando dice che lo puoi intervistare”.
Dico a lei che va occhei, ma che fatica.
Al buttafuori dico: “Come vedi e’ mia amica davvero, e non ho il numero”.
Lui mi dice: “Magari, a dirla tutta, potresti ringraziare che io stesso, nonostante tu dica certe cose, la sono andato a chiamare”.
Mi avvicino. Gli dico, serio: “Grazie”.
Esce anche la Tizia che ho chiamato con epiteto greve, ed io mi scuso, di fronte all’uomo suo. Lei non produce parola, alle mie scuse, e dice “io non ti ho tenuto fuori, e poi non sapevo chi eri” circa quel casus belli.
Gli dico: “Appunto, non ci siam capiti”. In altre parole stempero, dissimulo.
La regazzina con me dira’ piu’ tardi che assessora e tizia han doppiafaccia, che recitavano ruoli a tornaconto.
Un bel confronto tra soliti itagliani, volpi e lioni, napolandreottiani.

Aggiunge il buttafuori della tizia, nel clima piu’ colloquiale ora instaurato: “Mi hai chiamato gorilla, ma ho una laurea”.
Dico: “Mi fa piacere per te, mi fa piacere davvero: fa bene tenere allenata anche la testa”.
Mi viene in mente un testo made in Morgan: “Il maschio del gorilla e’ cosi’ premuroso che non puo’ dormire con la moglie e i figli, per fare protezione alla famiglia”.
E poi gli dico che lo scrivero’, che e’ laureato, al gorilla-anche-dottore, e che io scrivo tutto, pure quello – stavolta questo mi tocca, la prima volta che tocca – quel che appunto viene contro di me.

(Quando incontro una crisi dimentico tutto e so che posso farmi perdonare?)



7.

A questo punto l’assurdo si fa eclettico.
L’assessora rispunta e dice “entrate”.
Dico che non voglio entrare, a questo punto, ma mi stupisce davvero che sia stata lei a tenermi fuori.
A questo punto m’abbraccia.
…(sic)…
Immaginate la faccia dei molossi, compreso il laureato.
E immaginate la mia, irrigidito, per quanto liberato da tensione vicina a deflagrazione.
Lei dice che non mi ha tenuto fuori, e si e’ anzi segnata mentalmente di avvertir Morgan che c’ero (c’era anche Biagi, e c’e’ ancora alla tv, ma non intervista piu’, io invece si’, quando mi riesce, ben fuori dagli schermi oltre che dagli schemi).
Lei dice ai buttafuori e al laureato che mi conosce bene, e che l’ho sempre fatto, in questi cicli, di intervistare gli artisti.
E insiste a che io entri.
Entro e scatto solita foto a cornice dello scritto.

Morgan sta cazzeggiando giovialmente al pianoforte a coda sulla scena. Dev’esser bello stanco per Icsfactor, e prende la serata alla cazzona, improvvisando al piano come fanno i chitarristi in spiaggia. Fuma la sigaretta mentre suona. Inanella mixaggi scanzonati di Mission Impossible, Profondo Rosso, Il Clan dei Siciliani.

Esco prima del battito di mani.
Morgan non concede il bis e corre ad Ics.
Elude gruppies, autografi, assessori, dice che non ha tempo per nessuno.
Il tempo gli e’ sotto contratto per raidue, e poi lo so gia’ che evita le resse.

Fuori dai camerini vedo accorrere la squadra molossa dei grossi buttafuori per evacuar le tredicenni in foia, illuse di incontrare il loro mito per poi farsi un dito la notte.
Morgan necessita dunque picchiatori per evitar le coetanee della figlia? Quando lei portera’ in appartamento le amiche sue adolescenti, suo papa’ chiamera’ dei contractors per espellerle?
Chi fa il pop e poi fa scacciare il popolo deve finire come Kurt Cobain. Oppure e’ un meschino, baby, posso capire lo stress, babycastoldi, ma sei un meschino, baby, un glam-fighetto, se temi le pischellette, a cui puoi dire “lasciatemi passare, non sto bene, sto male” senza aver come filtro dei gradassi…

(Fosse rimasto, c’era una Darcledi prontapronta per lui, nel porticato subito oltre l’uscita degli artisti: mi chiede l’accendino, ed un parere, ed e’ tipa da fare, caro Morgan, se avessi voluto attardare la sfuggita, ma te la sei fumata, e – elegantissima – adesso lei si fuma sigaretta e senza fretta, nel buio, s’allontana…)

Figlio dei fiori, ho discusso per 3 ore con quattro nipotini di esse-esse.
Alla mia prima buca di intravista.
Ma allora me la invento.



8.

INTERVISTA IMMAGINARIA A MORGAN

Apolide Sedentario:
“Liberamente ti faccio confusione. E’ indispensabile appartarsi, oppure, al limite, coinvolgere qualcuno.
Anni fa, a Laigueglia e al Tenco, Morgan, ti chiesi di far passar – da mediatico – l’intelligenza critica (per dare esempi ai ragazzi), e non il glamour fittizio (che infrocisce).
E’ ricordando quello che ti dissi che facesti in tv, con quel cazzo di Pezzi, “Storia di un impiegato” di De Andre’?”

Morgan:
“Stavolta sto dentro al limite, m’apparto, scappo mentre la gggente aspetta al bis. Faccio lo snob isterico, se credi. La verita’ sta nei discorsi degli altri. Io invece sono come tutti gli altri, son bassamente umano, sono stanco, ci sto uscendo di senno, in questi giorni. Poi sembra d’essere gli stronzi, e’ veramente un paradosso. Ho un rifiuto quasi naturale, forse sono abituato male nel rapporto interpersonale. Se ti va bene, bene. E altrimenti non so cos’altro fare, o meglio so che cosa cazzo fare (“chissa’ che cosa”, dirai tu, e indovinare e’ banale, ma non ho voglia di gruppies: voglio Aria…).”

A.S.:
“Il 2005 e’ passato da 3 anni, ci siamo goduti la decade di decadenza, e adesso c’e’ l’anorgasmia. Ma ricordiamoci che se lasciamo il voto in mano al popolo vince Barabba.
Le Cherries le hai eliminate perche’, troieggianti, t’han detto come appello: Morgan salvaci, cosi’ passiamo ancora un po’ di tempo insieme?
E se un occhio e’ al mercato, l’altro dov’e’?”

Morgan:
“Cosa stai dicendo, non connetti: forse e’ troppo tempo che rifletti. Giri le parole e la mia testa duole. Puoi fare cosa vuoi, non artefare: per questo forse ho eliminato le Cherries. Oppure non lo so, non lo so mica che cazzo devo fare nella vita. Perche’, tu lo sai che cosa devi fare? Chi come te cosi’ tanto si piace me lo insegni, se ci ha i coglioni, cosa devo fare. Io non mi curo, non intendo ringiovanire, non ho nulla da preservare, io non simulo il mio progresso, perche’ son contro me stesso. Anche un mio occhio e’ sempre sul mercato, ma l’altro vuole Aria.”

A.S.:
“Gli inglesi sono merde che scattano polaroid di merda, che penso o che non penso al colonialismo. Io invece con qualsiasi piede mi sveglio e’ quello Giusti, io faccio quello che a voi sotto contratto non viene concesso, io non posso finire male, troppo normale. Ma come li fermiamo gli Ammmerican Dream of Conquest finche’ esiste la Siae?”

Morgan:
“Mi piace la gente sincera, ma anche quella che mente. Affascinante il modo in cui la televisione abbia bisogno di grandi miti e superuomini eccezionali, che come Bono Vox o come me si prestino a questo ruolo ironicamente, senza sputtanarsi e diventando miliardari. Voi di turistipercaso punto org siete sbagliati, casuali, con la scusa dell’autocoscienza. Voi dite che i livelli sono sette, ma siete in acido. Voglio evitare un futuro fallimentare, dunque metto il bollino siae, come da legge. E adesso togliti un po’ dai coglioni, scusa eh, ma per strade tortuose e secondarie sfreccio con la mia voglia di evasione.”

A.S.:
“Dopo l’assenzio ti suggerisco lo spritz. La questione e’ l’interesse nelle cose: Morgan, chi ogni tanto si concede di non esser bravo gli tocca reincarnarsi.”






(c) Apolide Sedentario 2008
CHI VOTA E’ SCIEMO

3 Comments

  1. dav scrive:

    non sono riuscita a leggerlo tutto, ho spulciato qua e là

  2. yoko scrive:

    fantastico!

  3. Apolide Sedentario scrive:

    “fantastico” nel senso fantasioso ma non nel senso fantasy: iperrealismo grottesco e tragico alla Junio Valerio…
    a mo’ di postilla aggiungo: la scorsa estate durante i preparativi di un evento serale per bagnanti vedo il tipo di un service che mi fissa, e passandogli a un metro lo saluto, chiedendogli dove ci siamo già incontrati, e lui mi dice che nn sa… solo la sera dopo mi ricordo che trattasi proprio del camerata tatuato in cerca di contatti con le blogger (vedi paragrafo 4)… lo trovo ancora a guardianare nottetempo alla seconda serata dell’evento per bagnanti, e vado a dirgli che proprio in questo brano avevo riportato il suo richiedere contatti alle lettrici, come gli avevo promesso… al che lui resta perplesso, domandando a se stesso se si trattasse di mossa furba o meno, l’essersi esposto così con un di razza inferiore come me, e se lo stessi sfottendo oppure no, senza risolvere il cruccio… ardito Apolide Sedentario: missione compiuta, altro che El Alamein!

    (quanto a Morgan: se la coca facesse “bene” non saresti stato un giudice di Icsfactor)


    (c) Apolide Sedentario 2010

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