QUINTOFUORIDALLERIGHE – Intervista esclusiva di Apolide Sedentario ai QUINTORIGO

Erano ancora i ’90, gli anni in cui il Sistema inculo’ il senso critico del popollame beone sovraesposto a sollecitazioni massmediatiche con pratiche rincoglionenti, “spettatori” totalitaristicamente indotti a far del tutto solo i “consumatori”. Ancora esisteva l’antica VideoMusic, ancora gli anglomassonici lasciavano che qualche “prodotto locale” circolasse nel “sentito dire” o “visto alla tv”. Ancora stavano erette le due torri del Vutici’, tirate giu’ poi, un undici, per fare posto al Mercato Globbbale, evoluzione di quello detto “multinazi-onale”. A VideoMusic Red Ronnie (!?) propinava musicisti dal vivo, artisti vivi col fuoco sacro dentro, mischiati a vip di stampo commerciale e regazzini all’esordio nazionale coi lor gruppaccipanc. Zappando su VideoMusic, vidi scritto, enorme, un “KRISTO, SI'”.

Ci rimasi cosi’, di stucco, attonito. Innanzi al bestemmione cubitale stava suonando un gruppo musicale: erano i Quintorigo. Me li annotai in memoria: “da seguire”. Ora li sono andato a intervistare. E hanno passato l’esame delle feci, la prova del fuoco del confrontarsi a me, il loro QuintoRogo inquisitore: contropelo gli feci, ed essi – arguti – lo seppero contrappuntare…





1.

A La Comune di Loano c’e’ la rassegna annuale d’Arti Libere.
Nel Palazzo Comunale, ossia il Comune, che io chiamo “La Comune” dalla volta in cui fecero un depliant col loro logo sopra un vessillo anarchico gigante. C’era una mostra di Baj, che appunto mise bandiere ad A-cerchiata nelle opere, e l’Assessora locale alla Cultura scelse proprio quel logo come immagine che pubblicizzasse la mostra. I nuovi mostri (ma che ce ne fossero…): un’assessora di A.N. che in un Comune di A.N. fa rassegne di musica libertaria a ingressolibero e volantini con sopra le bandiere dei dissidenti estremi.
Addio Lugano bella: gli anarchici vanno a Loano.

Quest’anno la rassegna di Loano la aprono i Quintorigo.
Tutto aggratis, nella stupenda soffitta comunale con le travi di legno a far da cassa riverberante il suono, raro caso di spazio usato intelligentemente, a libero accesso di gggente, luogo pubblico coerente a se stesso. Che ce ne fossero, assessorati simili.





2.

Suonano i Quintorigo.
E come, suonano.
Io lo sapevo gia’, ch’eran talenti.
Non ci son tanti in giro che san rendere con voce, sax, violoncello, contrabbasso e violino il vero rock, senza che perda in timbrica ed acchito con l’attrito rabbioso che fa il genere.
Pero’ partivo anche prevenuto: i Quintorigo avevano De Leo a scriver testi al vetriolo, avvelenati, e a interpretarli con voce indemoniata come son pochi ad aver palle e coraggio per potersi permettere di fare. Erano andati a Sanremo a dire ai vips che non sapevano fingere di essere dei perbenino melodicpopolari, e avevano ruttato suoni striduli per non intrattenere: infastidire (la famigerata “Rospo”).
Ed io pensavo: quello era De Leo, che accompagnandosi a musicisti eclettici sceglieva lui una linea d’espressione ferocemente offensiva del padrone del politicalcorrectanestetico.
Ed io pensavo: ora che De Leo fa da se’, da solista, e loro han preso una nuova cantante, saran gruppo solamente di tecnica, ma privo di quell’impatto mentale.
Ed io pensavo, ma pensavo male (per una volta lo ammetto).
Perche’ non era De Leo a “stare contro”: lui non era che il front-man di una band in cui “contro” stan tutti, e – senza lui – non han cambiato una virgola ideale (fuori dal rigo, quanto io – scrittore – son fuori dalle righe quando, appunto, voglio comunicare).
Solitamente il musicista tipico non e’ atto a pensare. Solitamente suona, e se non suona ha nella testa solo voli estetici di note musicali. Per questo me ne fotto della tecnica, del “sapere suonare”. Al mondo bisogna esser consapevoli, prima che “bravi a fare” quassicosa…
Ma a fine concerto Valentino Bianchi (sax) mi dimostra d’aver testa tanta, e di sapere che l’astio antisistema ha da esser sempre background di quelli onesti, di quelli artisti veri.

Pero’ cazzo c’entra l’AMREF ???
L’unico scivolone (il sestorigo senza coperchio diabolico, l’errore) e’ il loro citare – come siamo bbbuoni noi itaglianisemprebravagggente, che elemosiniamo tantosolidali per “chi sta peggio di noi”, luogocomune plebeo con cui i potenti si lavano le mani dei lor crimini tappati da povera gente che rimedia condividendo il pane con chi il pane gliel’ha fottuto il Padrone, ugual su tutti… – il solito appoggio ad una “associazione umanitaria”. La solita aria fritta che fa effetto di catarsi morale, atta a evitare che l’umanita’ s’aiuti (anche a distanza) per mezzo di Rivoluzione, e non collette…





3.

Suonano i Quintorigo.
E come, suonano…

E come canta, pure, la cantanta che sostituisce il cantante originario, la botte piccola col vino buono Luisa Cottifogl. Al primo brano annoto tra gli appunti che “e’ una brava cantante da balera”.
Ma mi ricredo al proseguio del concerto, quando ella afferra un Bendir (tamburo arabo) e con qualita’ vocale maghrebina – cosa assai rara in cantanti occidentali – fa da sola la intro di una suite che poi va a sfociare in cover degli Area (Luglio agosto settembre nero), a dimostrare la capacita’ di spulciare in profondo le semantiche di quanto messo in scena, in concatenazione filologica che fa il pelo al Sublime. E poi, con la voce, dopo aver osato – riuscendovi egregiamente – a fare il verso a Stratos, fa la tromba vocale (cover Mingus) e la robot glaciale (cover Rockets), sino a salire in note alla Ruggiero, e trasferirsi poi nel canto lirico, e quindi (in Rospo) esalar timbriche poltergeist con risate infernali ch’eran tipiche dei Quintorigo di John (De Leo, poi transfuga).
Col cazzo che e’ una “cantante da balera”. E mi sollazzo a dirglielo (io, Apolide, non parlo mica dietro…) che d’acchito avevo pensato fosse “una da liscio”.
E lei mi risponde un sonoro “VAFFANCULO” che mi merito tutto, e qui riporto.
Anche se poi, autoironica, mi dice “me la merito, invece, la balera: mi son vestita come mongolfiera”, e mi mostra il suo “abito da sera” effettivamente non proprio generoso per quel corpicino grintoso.
Ma il vaffanculo comunque me lo prendo, per aver misconosciuto – ricreduto in ritardo – fosse brava, ed anzi brava assai.

Suonano i Quintorigo, questa sera.
E suonano da Dei.
Lei canta – occhei, ho appena detto – bene.
Ma cosa non fanno i due fratelli Costa (Andrea e Gionata), con violoncello e violino… Dal reggae al metal in traduzione ad arco, dal jazz al punk, alle onomatopee dei suoni naturali… Talenti straordinarii e preciserrimi, e – in nonchalance – mai accademici ma anche mai banali…
A sostenerli, i contrappunti a fiato – elegantissimi, o cacofonici fino a estremo noise di gusto che anche a Zorn farebbe invidia – di Valentino Bianchi, sull’andamento dei ritmi al contrabbasso di Stefano Ricci, il quinto quintorigo…
Un bauscia direbbe “figa, bravi”. Un loanese “belin, bravi figgioeui”. E a loro piace l'”esser provinciali”, mi dira’ Bianchi, poi.





4.

Per tramite del manager, mi viene concesso Valentino Bianchi per un inquirenziale terzogrado fuori dal camerino.
Si pone subito bene, Valentino, sigaretta a una mano e birra in altra, allegro, sorridente, colloquiale.
Mi narra di Fariselli – la mia vittima di due intraviste fa – dicendo che son romagnoli, si conoscono, e suonano pure insieme, e che in effetti e’ elusivo ogni volta gli si pongano degli argomenti che non sian la musica, la giovialita’, e poco piu’.
E poi mi dice che, sempre in tema Area, il figlio di Capiozzo (il batterista) fa anche lui il batterista, e in qualche tour suona appunto con loro.
Poi rompo il clima gioviale postconcerto, e lo sconcerto con le domande tipiche del vetriolesco Apolide.
Ma lui ci gode, esulta, complimenta, chiama i compari suoi e dice “questo mi sta facendo domande che contengono i nostri testi, questo e’ un genio, senti…”.
Chi capisce che ho stile ha sempre stile.
E io, che ogni mia domanda e’ un stiletto, affondo a salve.

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INTRAVISTA ESCLUSIVA DI APOLIDE SEDENTARIO AI QUINTORIGO

Apolide Sedentario:
“Solo un momento di tempo per me. Io non so fingere: nel mio mondo inutile, la mia presenza vi disgusta?”
Valentino Bianchi per i Quintorigo:
“Non ci disgusta affatto: e’ un piacere un’intervista atipica, estroversa.
Da ragazzotti di provincia odiamo il mondo patinato del pop, anche se siamo stati a Sanremo. Non ci piacciono le soubrettes (belle ragazze, per carita’, ma…).
I party milanesi non ci piacciono: quando andiamo a Milano, in quegli ambienti, non siamo fatti per starci. Ci piace di piu’ suonare in provincia.”

A.S.
“Credetemi, perche’ mi vedete ridere. Ed assomiglio a Kristo, si’, e son sarcastico, si’, ma e’ necessario, nel mondo mercantile. Voi, avendo fatto anche i mercenari, vi considerate merce o inestimabili?”

V.B.
“Marzullo ti fa una pippa.
Complimenti per le domande approfondite e che usano i nostri testi.
Piu’ che domande sono provocazioni.
Noi crediamo nell’arte come merce [nda: a questa frase i miei cari compari, come sempre presenzianti le incursioni, vero motivo di sale nelle sala dove per altri si svolge lo “spettacolo”, rabbrividiscono ostili, ed a me stesso si rizzano astiosi i peli…].
La musica deve essere mediazione tra sensibilita’ dell’artista e mercato, anche se abbiamo litigato con molti discografici [nda: i peli si rizzano ancor piu’ incazzusi, e mi scappa di dirgli “guarda, invece per me il mercato e il denaro sono appunto la marciscenza di sedicenti artisti, che non fanno Arte, poiche’ denaro ed Arte non hanno nulla a che fare, e dove c’e’ denaro non c’e’ l’Arte”].
Noi confidiamo nella preparazione dell’itagliano medio: ci sono tanti ragazzi e tanti adulti che han gusti raffinati, e che ricercano cose di qualita’ [nda: e qua invece ci siamo, ci capiamo, e sono anni che dico ai vips da palco che devono propinare qualita’, perche’ educare il popolo alle arti e’ necessario e possibile, laddove le strategie del Sistema fanno in modo di imporre mediocrita’ per generare ipnosi e schiavitu’].
Cerchiamo di vivere di quello che facciamo. Il segreto del nostro insuccesso [sic!] e’ stato calarsi in situazioni trash (Sanremo) ma facendo sempre e solo la nostra roba. Se c’e’ coerenza di intenti si puo’ suonare ovunque.
Non lo sa nessuno, ma quest’anno volevamo andarci, a Sanremo, con un pezzo ovviamente in nostro stile, ma siamo stati cassati. Quello di Fazio nel ’99, quando facemmo Rospo, e’ stato un Sanremo che ha dato la possibilita’ ad esperimenti. Noi con Fazio lo rifaremmo.”

A.S.
“Guarda, Bianchi, magari se volete fatelo invece con Elio, e voi suonate. Ma Fazio lasciatelo perdere, lasciatelo a fare il coglione con la Littizzetto…
Perche’ vi siete mollati con De Leo? Tra di voi tradimento? Date la colpa a un dito di/vino?”

V.B.
“Bella, m’e’ piaciuta.
Dobbiamo rispondere in maniera diplomatica, anche se ovviamente e’ domanda che ci fanno sempre.
Ci siamo separati dopo lunghissime discussioni e discrepanze, ci siamo rotti i coglioni con la dialettica per anni.
Lui ti dira’ che l’abbiamo cacciato, ma lui erano anni che voleva fare carriera solista.
Non e’ mai stato il leader. I pezzi erano di tutti insieme, composizioni corali.
Noi volevamo scrivere i testi con John, mentre lui e il suo giro ci imponevano testi gia’ pronti.
Ma non era la cattiveria dei testi a farci paura, casomai era la cattiva letteratura di alcune sue proposte. [nda: qui va notato che un musicista che usa l’espressione “cattiva letteratura” (dimostrando consapevolezza letteraria e necessaria schizzinoseria circa lessico, metrica, Parola – strumenti da usare al meglio, come i fiati) e’ bestia rara davvero: bravo, Bianchi!]
Comunque adesso, dopo tanti anni, lo si puo dire: tanti, tanti, tanti auguri, John.”

A.S.
“Sappiate comunque che io ho ascoltato il disco solista di John, ed esultavo alle solite arguzie cattiverrime, ma quando ho trovato una tracks con Bergonzoni, quel coglione pagliaccio, il disco l’ho fatto volare…”

V.B.
“Ah ah ah. Io penso di Benni quello che tu pensi di Bergonzoni.”

A.S.
“Show me your hands, che ve le mozzo se non usate il talento contro il Sistema. Dovrei ringraziarvi per fare la vostra parte in questo mondo che non lascia vivere ne’ morire i veri indipendenti come me?
Se volete sogni accessibili, schemi e doveri andrebbero scansati… Cosa pensate, allora, della Siae?”

V.B.
“Complimenti per il cappello introduttivo.
Siamo sempre stati indipendenti anche quando eravamo in una major.
Ora siamo completamente autonomi, ci facciamo solo distribuire da un’etichetta comunque indipendente.
Anche le multinazionali ora non comprano piu’ la nicchia: chi e’ di nicchia, da dopo il ’99, non vede piu’ investimenti da parte delle major.
A quell’epoca noi fummo una scommessa della major [la Universal, nda].
Il ragionamento loro era piu’ o meno: questi fanno qualcosa che non esiste ancora come genere, proviamo a produrli e vediamo se han mercato; facciamo la prova con loro, tanto Britti, Antonacci e Grignani coprono tutti i profitti.”
Il Manager:
“Adesso Grignani legge questa dichiarazione e s’incazza.”

A.S.
“Se becco Grignani ci penso io a rasargli l’aiuola, cosi’ la finisce di dir cazzate simili.”
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5.

Marzullo mi fa una pippa (?!)…
Sono contento di essere infelice perche’ mi piace la musica pesante, ovvero quella pregnante in contenuti, e non le leggerezze sprovvedute dei felici insipienti…





(c) Apolide Sedentario 2008
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