ALBERTO FORTIS e Apolide Sedentario in: "UN’INSALATA CON UN PO’ DI OBAMA"

“Io non tradiro’ mai, sempre insieme, sicuri, perche’ uguali, perche’ puri” (A.Fortis).
Apolide Sedentario, il cattiverrimo, ha solo rari compari, che ne meritano amore anziche’ astio. Vogliono del vetriolo, i miei lettori, e volentieri spargo sempre iprite, ed irrito “quelli famosi”. Ma quando ho innanzi qualcuno decoroso, capace di accettar provocazioni con libertario sorriso, io lo stimo.
Ero bambino, Berta filava con Rino, e la tivu’ mi propino’ ALBERTO FORTIS. “La sedia di lilla’”, “A voi romani”, e “Milano e Vincenzo”. E mi piaceva, quel cantautore poetico corvino, melodico non melenso. E aveva senso, la fascinazione, poiche’ ancora adesso, a 30 anni di carriera, rimane un maledetto fricchettone.
ODE AD ALBERTO FORTIS.

1.
Finisco col bere tra le donne e i bamboo perche’ anche le canne non mi bastano piu’

Aver 18 anni nel ’77. Che destino propizio, Alberto, avesti.
L’anno in cui il vizio diventa santita’, l’anno in cui volutta’ di voler tutto riconduce a purezza celestiale persino il Male (da cui la rivista), in chiara, netta, sublime, innocentissima mancanza d’ambiguita’. Generazione che salto’ al di la’ di luoghi comuni, tabu, compromessi. Scoprendo appunto purezza, verace ferina feroce umanita’, nel parallelo al “qua”, sistema anfame, in un “qui e ora” di acidi e di spari, spade e liberoamore, ingenua, schietta, immistificata mistica Realta’.

Ragazzino genuino, figlio esemplare di un’epoca, in quell’anno Alberto Fortis compone.
Poi propone a Vincenzo, discografico, le sue fresche canzoni.
Vincenzo produce Venditti, De Gregori, ma soprattutto il gran Rino Gaetano.
Fortis invece no.
Vincenzo infame.

Fortis vorrebbe ammazzarlo, a ‘sto Vincenzo Micozzi.
Il clima e’ a pitrentotto.
Ma intanto trova un nuovo produttore, e nel ’79 esce il vinile.
Diventa un pezzo di storia.
Nove pezzi sublimi: A voi romani, Milano e Vincenzo, Il duomo di notte, In soffitta, La sedia di lilla’, Nuda e senza seno, La pazienza, Sono contento di voi, L’amicizia.



2.
Ho fatto un grande sbaglio a prender casa in Via dell’Ironia

Seguono poi 30 anni di carriera, di cui Fortis molti ha trascorsi negli Steits, poiche’ gli piacque da sempre l’Arendbi’ (la musica negra ossia), e soprattutto perche’ c’era la mussa: ando’ in Ammmerica al seguito di sua fidanzata dell’epoca, confessa stasera al Chiabrera, teatro in cui torno a fare incursione dopo la delusione Fariselli.

Che Alberto becchi fica lo sappiamo (lo vidi piu’ volte insieme a belle vocalist, e poi Rossana Casale, e Jenny B. baccagliata a raidue). E che il pelo di fica sia il motore d’ogni virile maschio ivi compreso il maschio cantautore (musa e mussa…) resta pur sempre un aspetto tra i migliori dell’esser essere umano.
E poi se l’eros e’ antidoto anti-ero, endemica piaga generazionale tra i settantasettini, ben vengan le beat/rici…
E spesso Alberto dedica canzoni al tema (da temere, da evitare) del sanremese “ammmore”. Ma c’e’ sgarruppata ironia, sempre, nei versi. C’e’ umana-troppo-umana verita’, ben distante dall'”emo” senza nesso dei rincoglioniti d’adesso. Fortis non canta sbaciucchi: canta il sesso, il senso della vita.

Alberto suona cosi’ come anche e’: personaggio e persona nell’unisono. Con limiti e vette, senza gretta sbornia di popolarita’ (nel proclamarsi un “poeta maledetto”, sorride vergognoso, fanciullino). Consapevole d’esser talentuoso, ma schiettamente non vanaglorioso.
Infatti messo alla prova dal mio solito interloquir velenoso non ha la coda di paglia, il brucio al culo. E con solare attenzione, e con solare sorriso, poi vedremo che amabilmente mi rispondera’.

Ma adesso dicevamo: tra qua e Ammmerica, Alberto Fortis sforna, per 30 anni, 14 album (8 a starsendstraips). Qui in Itaglia restan memorabili “La grande grotta” (con la ben nota “Settembre”), “Dentro il giardino”, e il concept “Tra demonio e santita’”.
Ma come chiunque poi, per un periodo, non venga passato (tritato) alla tv, pur vivo e pur creativo e produttivo chi lo ricorda piu’? Come per l’Ivan Graziani deceduto, resta in memoria alle masse il motivetto, ma chi l’ha fatto non esiste piu’, e quando dici “e’ di Fortis, questo brano” ti rispondono “chi e’?”.

Alberto poi riappare in un rialiti.
Insieme a Califano.
Ma anche a Pago.
Era meglio la droga dei settanta, per quanto pesante e assassina, dei briatorini attuali.
Meglio morti che aborti inabortiti come chi “parla di te senza capire perche'” (ed il perche’ e’ banale: perche’ non capisce un cazzo in generale, il can-tautore attuale, che ha occupato – messo li’ da criterii di mercato – lo spazio spettante ai Fortis…).
Ritorna sugli schermi Alberto Fortis in quel di Music Farm: la Ventura, l’orrore, il defilippico abisso televisivo di duemila notti della ragione.
Ma anche uno show che permette ai musicisti di esibirsi dal vivo, e di mostrarsi in sala prove e backstage, per far capire che un divo vero deve aprirsi il culo per ottener risultati dell’altezza che come obiettivo si pone. Che non e’ questione di ammicchi o sculettare. Che se vuoi esprimere devi prima avere qualche cosa da dire, e intelligente, e realizzata tendendo a perfezione.
E Fortis a MusicFarm saluta il Sole quando nasce all’aurora, sul terrazzo. E vien ridicolizzato per i suoni che emette negli esercizi al gargarozzo, perche’ una voce come quella sua, originalissima e senza sbavature, necessita cure, mica bellavita da vip…
Di Music Farm, Fortis dice: “La fede la si porta agli infedeli. Ci ho pensato 2 mesi, ma la musica era dal vivo, e io arrangiavo insieme a Fio Zanotti. Un’esperienza umana incredibile: c’erano 3 psicologi per colpire le debolezze di ognuno, come un’infanzia, un asilo, un servizio militare. E poi c’era Califano, uomo vero, di fortissima umanita’”.

Vincono le Dolcenera puttanelle, vince il Capitalismo che fa guerre, nel mondo tragico attuale…
Ma Alberto Fortis non perse: ando’ in finale, e la memoria nazipopolare in parte lo recupero’…
Scrisse anche una canzone per l’amata, la supertampinata Jenny B. (talento a sua volta, infatti poi sparita…). E vorrei chiedere a Alberto se l’ha inciso, poi, quel brano con lei. Ma la serata va in altre direzioni, e quando intervengo, irredento ed irridente, gli pongo altre questioni, che ritengo piu’ pertinenti al fin di una serata di divulgazione creativa e sciaman-nata.



3.
Ma tu non farmi quest’errore, vivi sempre del momento

Fortis mi piace, Fortis ha il fuoco sacro, Fortis ha del vero talento, al piano, e in voce.
Ed ha comunicativa carismatica, e’ schietto, sincero, diretto, onesto al punto da mettere in piazza le allucinazioni, parlare di sciamani e extraterrestri a un pubblico come questo, in un fuaie’ di teatro termillennio, con pubblico del duemila, ipermercato lobotomizzato, distante anniluce dallo psichedelico, dalla mentale sperimentazione.
E nella situazione (ciclo di conferenze senza senso) Alberto almeno tiene lui le redini, non fa parlare troppo quel pezzaro culturale che ha al fianco (il giorn-anal-ista redronnideimeschini che gia’ avevamo visto con Patrizio, vedi il post “Fariseo Fariselli”), e a modo suo “da’ il bianco”, dominando la scena.

Fortis e’ figlio di medici, e lui stesso e’ stato uno studente in medicina. Discendenza borghese, ma e’ palese che, quando un rampollo borghese si fa autore, se riesce a estraniarsi dal ruolo – pur godendo del ruolo il privilegio – puo’ sfornare dei florilegi artistici…
Fortis ha origini ebbbree, dichiara egli stesso riguardo al suo cognome: percio’ si dice “tribale” gia’ all’origine, e di conseguenza ha trovato naturale la sua esperienza col Popolo Navaho.
Perche’, si’, diciamolo, Alberto e’ pure stato nell’Ammmericanfame per degli anni, ma per star con la donna (l’ho gia’ detto), e poi comunque a contatto con i negri musicisti con cui ha collaborato, e addirittura poi naturalizzato Pellerossa.
Somaticamente piu’ “indiano” che giudeo, Fortis non crede a “un Dio”, ma e’ “credente”. Sincretico tra Oriente ed Occidente, spiega agli astanti che spiritualmente si cerca semplicemente il punto estremo della complessita’ dell’esistente, mischiando Osho e Gesu’ (gggesu’ che stridente e’ quest’accostamento!…).
E’ un sincretismo acido: egli e’ figlio, espressione, di un attimo di Storia che genero’ una cultura poi repressa non ad armi ma a merci.
Lui non sa “farci”: lui “ci e'”. Si vede. Netto.

Alberto dice di aprire i suoi concerti con una citazione:
“Le nostre vite non nascono come merci da mettere sul mercato, ma come un fiore”.
Poi fa l’apologia del punk inglese e della rottura di Rotten.
Quindi inneggia a John Lennon (“con la Regina davanti disse in teatro: quelli in piccionaia possono applaudire, quelli in prima fila possono scuotere i gioielli”), e fa seguire la tesi complottista per la quale l’avrebbe acciso la Cia.

Poi parla della morte della madre, lui minorenne, e della suite che scrisse (“Tra demonio e santita’”, 20 minuti di brano) poco dopo la perdita.
Nicchiera’ poi su uno stimolo dal pubblico circa l’angoscia substante il drammaturgico testo del brano “La sedia di lilla’” (un altro evento familiare tragico).

“Con i Navahos ho approfondito la mia ricerca della musica come terapia sciamanica. E poi la musica e’ espressione del collettivo sociale e politico. La musica era un’arma molto forte”, dice Fortis.
Lo e’ anche la parola, arma letale, faro’ capire al teatro, a breve, io.


4.
Hey, Jacqueline, ti andrebbe una banana?

Poi, nell’excursus, giunge ai giorni nostri.
A quanto sta facendo.
E il disco che uscira’ (con Califano a risponder bbburino un suo “fanculo” all’odio di “A voi romani”). Ed una trasmissione su Mtv. E la direzione artistica del “Progetto Quasimodo”, da cui nascera’ un musical.

“Musical” e’ una parola che in sua bocca m’infastidisce alquanto.
Ma ancor di piu’ m’infastidisce “obama”.
“Obama, o anche Hilary con vice Obama, sarebbe comunque una buona cosa”.
Nessun potente e’ buono: il Potere e’ cattiveria a ennesima potenza in se’ e per se’…

Trascinato dal lapsus credulone (ma almeno spontaneo e sincero) nelle “svolte ammmericane in atto”, Fortis si lascia andare a un sincretismo ideologico, ad una sfilza di “numi tutelari” con dentro di tutto un po’: i Kennedy, Pasolini, Luther King, Ghandi, Obama…
UN’INSALATA CON UN PO’ DI OBAMA, per citare la sua canzone piu’ criptica, “Nuda e senza seno”, col noto verso “e insieme al seno tuo ci voglio fare un’insalata con un po’ di fieno, e mi e’ stato risposto non farla perche’ una mucca potrebbe morire per te”…

Io, che per definizion ho da esser caustico, noto la stonatura. Ma con condiscendenza, con affetto. Nessuno e’ perfetto. E Alberto quantomeno e’ genuino.
E prendo la parola, con veleno ma in dosi piccoline, come un trip: a Fortis voglio bene, e’ piu’ forte di me…



5.
INTERVISTA ESCLUSIVA DI APOLIDE SEDENTARIO A ALBERTO FORTIS
E ce ne metto un po’ del mio (A.Fortis “Nuda e senza seno”)

Il giorn-anal-ista col giubbotto vintage dice “chi vuole chiedere qualcosa?”.
Il pubblico accidioso sta passivo.
Muovo la mano.
Il giorn-anal-ista e l’assessor locale alla cool-tura iniziano a tremare.
Ma non posson negarmi la parola.
I miei compari – al fianco mio, sostegni dell’insostenibile ruolo in cui mi calo – iniziano solerti a ridacchiare…

Apolide Sedentario:
“Premesso che sei molto meglio di Lennon…”

Alberto Fortis:
“No, questo non e’ vero…”

A.S.: “E’ vero, fidati. E’ un inglese, lasciamolo perdere, e’ morto, uno in meno…”

A.F.: “Si’, comunque non e’ vero che sono meglio di lui…”

A.S.:
Ti dico “bravo” per non farmi ammazzare, ma Alberto io t’ammazzero’ se non mi sai rispondere…
Non parlare con questi che sono cretini, e poi abitano a Savona e che ne sanno: parla con me, che saro’ intellettuale nato stanco, ma anch’io saluto il Sole la mattina, e torrido ed esplosivo come lui cerco la Rivoluzione, e anche se tanti amici hanno tradito per la causa dell’ammmore, posso almeno contare su di te?…
E poi, seconda domanda, io avevo 8 anni quando usci’ quel tuo primo disco splendido, e fosti sovraesposto – per fortuna, vista la qualita’ – in radio e televisione. Parlando qui di riflusso, poi sparisti. E tu sarai ladrone ma padrone quello mai, e allora cosa pensi della Siae?
I padroni della musica, la voce del padrone, come facciamo a zittirla?
Con i musical ?!?
Con Obama ?!?!?

[Il pubblico savonese volge il capo per manifestar disprezzo a chi li chiama “cretini” come incipit. I meschini non sanno (non ricordano) che trattasi di contaminazione del testo di Fortis stesso sui romani. Ma Fortis prontamente prende in mano la situazione, avendo ascoltato serio e attentamente la mia provocazione, e dimostrando d’essere all’altezza di un pungiglione a scopo stimolante. Spiega alla gente il contesto, e poi risponde punto per punto ad ogni mia questione]

A.F.: “Avete sentito che domanda? Lui dev’essere un agente della Cia, come dicevo prima circa Lennon…”

[Rido ed approvo, e faccio cenno a Alberto che ci siamo capiti, cosa rara…]

A.F.: “Grazie per aver fatto un montaggio dei miei testi nella domanda. Sei un musicista, vero?”

A.S.: “Anche. Diciamo un Autore.”

A.F.: “Si sente.”

A.S.: “Grazie.”

A.F.: “Comunque non penso male di Savona, e’ un pubblico ricettivo che mi ha sempre seguito attentamente e che mi vuole bene.”

[Sorrido confermando ad ampi cenni che ci siamo capiti]

A.F.: “Ma adesso, per tornare alla domanda: certo che puoi contare su di me! Mi sono sempre considerato, scusate la parolaccia, un anarchico… un anarchico visionario… Credo che l’Itaglia abbia urgente necessita’ di un segnale di anarchia…”

[Ma dinne tante, di ‘ste parolacce, gridale ad alta voce, penso io… E casomai non dire piu’ “obama”, o turpiloqui del genere…]

A.F.: “Su Obama non so se realizzera’ le cose dette. Ma c’e’ una terza via che parte dall’Agora’ dei Greci, e arriva a un indiano che seguo, conosciuto come Osho: la pollitica non avrebbe senso di esistere se l’umanita’ conoscesse il proprio istinto genetico di celebrazione della vita. La religione e’ la madre delle guerre: ma vi sembra una cosa che sta in piedi? Sono tutti sottili, vigliacchissimi giochi di potere. E anche contro la lobby della Siae, in maniera pacifica, passi la terza via. E grazie ancora a te della bella poesia scritta montando i miei testi.”



6.
Sono contento di voi che siete nuovi amici, sono contento di voi che mi fate lottare

Dicevasi: un maledetto fricchettone.
Volemose bbbene, fiori nei cannoni, meditazione, pace, poesia, la “terza via”…
Pero’, suvvia, che bello che un cantante di fama internazionale, e non “politico” (nel senso che ha evitato di sparare cazzate ideologiche in anni in cui tirava), provi ad esser coerente con lo spirito ingenuo dei figli dei fiori… Per me che ne son nipote, di quei fiori, sentire dire “conta su di me”, “necessitiamo anarchia” e “contro la lobby Siae” e’ un bell’udire… I miei tre compari schizzinosi apprezzano… Promosso, Alberto Fortis, dal nostro Tribu’nale ProLetargo: contiamo su noi stessi, siamo in cinque a non essere ancora sottomessi, in questo foyer occidentale…

E come “liberato” da ‘sto flashback-anni’70 indotto dall’Apolide, sorridente e rilassato Fortis ora si mette a spaziare di brutto: parla di Vaticano, Maya, States, uniti da “architettura di Potere”, con CasaBianca, Obelisco e Campidoglio che tornano pari pari (verso Orione) dagli Egiziani ai massoni muratori che costruirono Washington, passando per l’Obelisco, il Cupolone e il Campidoglio romani, pure quelli in stessa composizione nello spazio. E poi giunge a dire che i Navaho e i Maya sono uomini veri, e invece i bianchi sono degli extraterrestri [sic!]…

In breve: gliel’ho fatto risalire…
Un richiamino lisergico per Fortis, il milanese di Diano Marina, omaggio della casa dei percaso…
Uscendo dal teatro, Alberto stringe spontaneamente le mani ai miei compari.
E mi ringrazia ancora per avere “scritto quella poesia con i miei testi”.
Poi in tuta da ginnastica sparisce sotto la pioggia sottile, lui, magrissimo.

Come farai a parlare di te che tremi e sudi, Alberto Fortis? Semplicemente come hai fatto stasera.


(c) Apolide Sedentario 2008
CHI VOTA E’ SCIEMO


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