PD: I PROMESSI DIVORZIATI una storia che sa d’affare (con RENZI TRAMAglino)

CAPITOLO LIII

Al Leoncavallo, dove i gestori legalizzati e paraculi, quantunque decimati ogni giorno, andavano ogni giorno crescendo, era un’altra ardua impresa quella d’assicurare il service fonico per la stagione dei concerti indies di facciata ma commerciali di fatto, e di mantenervi in somma la forma di autogestione normativizzata ordinato dagli assessorati: ché, fin da’ primi momenti, c’era stata ogni cosa in confusione, per la sfrenatezza della fazione assembleare, e per la trascuratezza e per la connivenza dell’ala ketaminica. Pisapia, non sapendo dove battere il capo, pensò di rivolgersi a vecchi punk stagionati, e propose, per principale, tal Gomma della Shake Edizioni Underground, uomo d’età matura, il quale godeva una gran fama di controcultura, d’attività editoriale, e di fortezza d’animo, oltre ad aver corso in elezioni amministrative secondo democratiche regole. Fu accettata la proposta del Comune; e il 30 di marzo, Gomma entrò nel lazzeretto.

Gomma, sempre affaticato e sempre sollecito, girava di giorno, girava di notte per quel vasto spazio interno, talvolta portando un’asta, talvolta un joint, talvolta non armato che di tatuaggi; animava e regolava ogni cosa; sedava i tumulti, faceva ragione alle querele, minacciava, puniva, riprendeva, confortava, asciugava e spargeva lacrime. Prese, sul principio, anche lui la ludopatia per un videogames dello smartphone; ma ne guarì, e si rimise, con nuova lena, alle cure di prima.
Certo, una tale dittatura cyberabbestia era uno strano ripiego; strano come la calamità, come i tempi; e quando non ne sapessimo altro, basterebbe per argomento, anzi per saggio d’una società molto rozza e mal regolata. E perciò l’opera e il cuore di que’ vecchi punk meritano che se ne faccia memoria, con ammirazione, con tenerezza.
Le persone ricoverate in quel luogo, durante i sette mesi che Gomma n’ebbe il governo, furono circa cinquantamila, secondo la Questura, e 250.000 secondo gli attivisti.

Ad alcuni era parso di vedere, la sera del 17 di maggio, persone in duomo andare ungendo un assito. Fecero, nella notte, portar fuori della chiesa l’assito e una quantità di panche rinchiuse in quello. Quel volume di roba accatastata produsse una grand’impressione di spavento nella moltitudine, per cui un oggetto diventa così facilmente un argomento. Si disse e si credette generalmente che fossero state unte in duomo tutte le panche, le pareti, e fin le corde delle campane. E che ciò fosse un gesto scaramantico tipico dei frequentatori di Casinò. O fors’anche una ritorsione dei gestori delle Slot contro la campagna antigioco.
La mattina seguente, un nuovo e piú strano, piú significante spettacolo colpì gli occhi e le menti de’ cittadini. In ogni parte della città, si videro le porte delle case e le muraglie, per lunghissimi tratti, intrise di non so che sudiceria, giallognola, biancastra, sparsavi come con delle spugne. O sia stato un gusto sciocco di far nascere uno spavento piú rumoroso e piú generale, o sia stato un piú reo disegno d’accrescer la pubblica confusione, o non saprei che altro. I periti della Sanità parlan di visite, d’esperimenti fatti con quella materia sopra de’ cani, e senza cattivo effetto, diversamente dal metodo Stamina.

Ma la città già agitata ne fu sottosopra: i padroni delle case, con alcool e benzina, abbruciacchiavano gli spazi unti. Coloro che credevano esser quella un’unzione velenosa, chi voleva che la fosse una vendetta del circolo del poker per gl’insulti ricevuti, chi un ritrovato dei teleimbonitori con i numeri del Lotto. Non mancavan, come abbiam detto, di quelli che non vedevano in quel fatto altro che uno sciocco scherzo, e l’attribuivano a’ writers.
Era in quel giorno morta di strage domestica dovuta a debiti di gioco un’intera famiglia. Nell’ora del maggior concorso, i cadaveri di quella famiglia furono, d’ordine della Sanità, condotti al cimitero, sur un carro, ignudi, affinché la folla potesse vedere in essi il marchio manifesto della pestilenza, del livello di tragedia a cui il vizio compulsivo delle macchinette poteva portare.
Insieme con quella macabra risoluzione, i sanitari ne avevan presa un’altra: di chiedere al cardinale Tettamanzi, che si facesse una processione solenne, portando per la città il corpo di Santo Subito Woitila. Il buon prelato provò a rifiutarsi, per molte ragioni. Gli dispiaceva quella fiducia in un mezzo arbitrario, e temeva che, se l’effetto non avesse corrisposto, come pure temeva, la fiducia si cambiasse in iscandolo. Et anco temeva che cadesse su qualche bimbo handicappato un altro crocione monumentale al sol nominare il polacco. Ma ancor temeva di più, che, se pur c’era di questi untori, la processione fosse un’occasion troppo comoda al delitto: se non ce n’era, il radunarsi tanta gente non poteva che spander sempre più il contagio: pericolo ben più reale. Senza considerare che un’eventuale inchino del corpo di san Karol Woitilaccio davanti all’abitazione di qualche vecchio boss di ‘ndrangheta avrebbe prodotto campagne mediatiche deleterie.

(continua…)

(c) Apolide Sedentario & Manzone Ramingo 2014
DOWN DOW FOREVER
chi non si abbona a IL NUOVO MALE (e FRIGIDAIRE) è nammmerda peggio di quelli di cui si lamenta

 

 

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