PD: I PROMESSI DIVORZIATI una storia che sa d’affare (con RENZI TRAMAglino)

CAPITOLO LXVI

Finalmente Renzi, cerca e ricerca, trovò un ghost writer (o per dirla in modo ufficiale “un addetto dell’ufficio stampa dei Dem) chi scrivesse per lui. Ma, non sapendo se le donne fossero ancora a Monza, o dove, credé bene di fare accluder come allegato la lettera in un’altra diretta a Papa Francesco. Lo scrivano, un neolaureato tesserato arci che aveva trovato subito un lavoro presso il partito stesso, nonostante una mediocre tesi sui contenuti politico-sociali dei concerti del Primo Maggio, prese anche l’incarico di far recapitare il plico; trattandosi che il plico era indirizzato al Soglio Pontificio, ci arrivò; ma cosa n’avvenisse dopo, non s’è mai saputo. Di certo non giunse ad Eboli, dove Bergoglio era in predicazione. Renzi, non vedendo comparir risposta, fece stendere un’altra lettera (“ecco come si spendono male i fondi del partito”, commentò Civati), a un di presso come la prima, e accluderla in un’altra a un suo amico, o parente, o diciamo “compagno” che fosse. Si cercò un altro latore, si trovò; questa volta la lettera arrivò a chi era diretta. Emmabonina la lesse, e concertò una risposta. Renzi ebbe la risposta, e fece riscrivere. In somma, s’avviò tra le due parti un carteggio, né rapido né regolare, ma pure, a balzi e ad intervalli, continuato. Con Prestigiacoma che non capiva perché non usare Whatsapp o WeChat, che erano molto più comodi e trendy.

Ma per avere un’idea di quel carteggio, bisogna sapere un poco come andassero allora tali cose, anzi come vadano; perché, in questo particolare, credo che ci sia poco o nulla di cambiato.
Il politico giunto alle grandi cariche dello Stato per giuochi dei poteri forti industriali, economici, e massonici, e che essendo un paraculato già dai tempi delle elementari non sa scrivere, e che avrebbe bisogno di scrivere, si rivolge a uno che conosca quell’arte, e gli espone la cosa da mettere in carta. Il letterato, parte intende, parte frantende, dà qualche consiglio, propone qualche cambiamento, dice: lasciate fare a me; piglia la tastiera del notebook, mette come può in forma letteraria i pensieri dell’altro, li corregge, li migliora, carica la mano, oppure smorza, lascia anche fuori, secondo gli pare che torni meglio alla cosa. Con tutto ciò, al letterato suddetto non gli riesce sempre di dire tutto quel che vorrebbe; qualche volta gli accade di dire tutt’altro: accade anche a noi altri, che scriviamo per turistipercasopuntoorg e per Il Nuovo Male e Frigidaire.
Quando la lettera così composta arriva alle mani del corrispondente, che anche lui non abbia pratica dell’abbiccì, la porta a un altro portaborse o portavoce di quel calibro, il quale gliela legge e gliela spiega. Nascono delle questioni sul modo d’intendere; perché l’interessato, fondandosi sulla cognizione de’ fatti antecedenti, pretende che certe parole voglian dire una cosa; il lettore, stando alla pratica che ha della composizione, pretende che ne vogliano dire un’altra.

Ora, il caso de’ nostri due corrispondenti era appunto quello che abbiam detto. La prima lettera scritta in nome di Renzi conteneva molte materie. Da principio, oltre un racconto della fuga, un ragguaglio delle sue circostanze attuali, un elenco di riforme da attuare entro 5 giorni, checché ne dicano od ostruiscano o emendino i grillini.
C’era poi delle domande affannose, appassionate, su’ casi di Prestigiacoma.
C’erano finalmente speranze incerte, e lontane, disegni lanciati nell’avvenire, riprese economiche, detassazione degli immobili ad uso abitativo, rateizzazioni dei debiti con Equitalia, e intanto promesse di stampo berlusconiano (posti di lavoro, riforma della giustizia, della scuola e della Rai) e preghiere di mantener la fede data agli operatori di Borsa, di non perder la pazienza né il coraggio, d’aspettar migliori circostanze in cui gli investimenti sarebbero tornati a fruttare palate di milioni di euro.

Dopo un po’ di tempo, Emmabonina trovò un mezzo fidato di far pervenire nelle mani di Renzi una risposta, co’ cinquantamila euro assegnatigli da Prestigiacoma. Al veder tant’oro, Renzi non sapeva cosa si pensare; rimborso elettorale? proventi dei tesseramenti Coop? donazione del Monte dei Paschi per riconoscenza alla tutela dal fallimento?
Nella lettera, Emmabonina descriveva, con chiarezza a un di presso uguale, le sue e di Prestigiacoma vicissitudini intercorse; e rendeva ragione de’ cinquantamila euro; poi veniva a parlar del voto religioso della deputata forzista, ma per via di perifrasi, aggiungendo, con parole più dirette e aperte, il consiglio di mettere il cuore in pace, e di non pensarci più.

Renzi tremava, inorridiva, s’infuriava, di quel che aveva capito, e di quel che non aveva potuto capire. Dopo l’espressioni più forti che si possano immaginare di pietà e di terrore per i casi di Lucia, “scrivete,” proseguiva dettando all’addetto stampa, “che io il cuore in pace non lo voglio mettere, e non lo metterò mai; e che non son pareri da darsi a un figliuolo par mio; e che i danari non li toccherò; che li ripongo, e li tengo in deposito in qualche paradiso fiscale, per la dote della giovine; che già la giovine dev’esser mia; che io non so di promessa; e che ho ben sempre sentito dire che la Madonna c’entra per aiutare i tribolati, e per ottener delle grazie, ma per far dispetto e per mancar di parola, non l’ho sentito mai; e che codesto non può stare; e che, con questi danari, abbiamo a metter su casa; ovviamente non casa al Colosseo o in qualche appartamento dismesso dall’Inps o da altri enti del carrozzone pubblico; e che, se ora sono un po’ imbrogliato, l’è una burrasca che passerà presto;” e cose simili.

Prestigiacoma, quando Emmabonina ebbe potuto farle sapere che quel tale era vivo e in salvo e avvertito, sentì un gran sollievo, e non desiderava più altro, se non che si dimenticasse di lei; o, per dir la cosa proprio a un puntino, che pensasse a dimenticarla. Dal canto suo, faceva cento volte al giorno una risoluzione simile riguardo a lui; e adoprava anche ogni mezzo, per mandarla ad effetto. Stava assidua al lavoro, cercava d’occuparsi tutta in quello: quando l’immagine di Renzi le si presentava, e lei a canticchiarsi in testa qualche canzone di Tiziano Ferro o dei Modà per obnubilare ne’ suoi pensieri la grammatica, la logica, la semantica, ed ogni ragionamento. Ma c’era Ilary Blasi, la quale, tutta impegnata dal canto suo a levarle dall’animo colui, non aveva trovato miglior espediente che di parlargliene spesso. “Ebbene?” le diceva: “non ci pensiam più a colui?”
“Io non penso a nessuno, e smentisco in partenza ogni illazione su passati masturbamenti giovanili innanzi ai manifesti elettorali della discesa in campo anni’90 del Presidente del Milan. Posso ammettere una debolezza sdilatinatoria per Gullit. Ma ero picciridda.”, rispondeva trinariciuta Prestigiacoma.

(continua…)


(c) Apolide Sedentario e Manzone Ramingo 2014
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