pm10

Never was a cornflake girl
Thought that was a good solution
Hanging with the raisin' girls
She's gone to the other side
Givin us a yo heave ho
Things are getting kind of gross
And I go at sleepy time
This is not really happening
You bet your life it is

Peel out the watchword
Just peel out the watchword

Never was a cornflake girl
Thought that was a good solution
Rabbit where'd you put the keys girl?
And the man with the golden gun thinks he knows so much
Thinks he knows so much..
Rabbit where'd you put the keys girl?

Tori Amos

[ ]


E’ da tempo che è come se stessimo tutti allegramente giocando a fistfucking.
non volenti, chiaramente. perchè nella sua estetica il fistfucking ha un perchè, e non è da sottovalutare a priori. libere scelte, tuttavia.

Da aggiungere, c’è che anche l’orifizio che viene fucked, non è necessariamente il preposto.

Ovvero.
Il baratro di valori nel quale precipitiamo è proporzionale, indiscutibilmente e indubbiamente, alla morale che ci trasciniamo, malamente incollataci alle spalle. E viceversa.
Avendo dei Valori Di Merda (TM), viviamo una Vita Di Merda (C).
Un po’ come infinocchiarsi con il fatto che la padana mi è zona geograficamente depressa, coronata dalle alpi, che mi bloccano il reflusso, e dunque mi sale il PM10.
Stocazzo, il reflusso.
Di reflusso, qua a Torino, c’è solo una perenne aria di merda, che ci sia il vento, la nebbia, il sole, la pioggia. la neve. perchè quest’anno mi ha nevicato.



Torino è ormai a tutti gli effetti un nonposto.
Evitiamo le stronzate da ‘tutto il mondo è paese’ da ‘sono cose generali’ da ‘sono situazioni alla fine universali’ da ‘sono condizioni umane condivise’ che IntotheWild è staminchia.

Torino è un fottuto nonposto.
Dove non esisti, dove non sei se non sei tra quelli minimamente giusti. Oppure esisti tra gli schiavi, autocategorizzati pure quelli.
Dove ci sono gli stronzi, dove ci sono quelli che più di tanto non c’arrivano, dove alla fine ci sguazzi da tanto di quel tempo che non ti rendi neanche più conto che ci sei anche tu.
Tra quell’italia media, quella fottuta, quella de L’allenatore nel pallone 2, che il primo era meglio, reabilitato a nuova morale dell’italia che comunque, Vale.
Yes, we crin*.

Gli schiavi, autocategoria di ghetto con dignità, con seghe mentali di quelli che l’autocoscienza (ovviamente senza dirsi autocoscienza, che sanguina il naso e non si sa il significato) è avanti a tutto.
Autocoscienza del fatto che, alla fine, sei uno stronzo. E non solo agli occhi di chi Stronzo Sociale (R) non è, anche ai tuoi di occhi.
Ma che in fondo, quello che non definisci stronzo, è solo un pezzo di merda.
Ma se tanto mi da tanto, in fondo, stronzo, sta anche per pezzo di merda.
Dunque, l’equazione regge, e merda sei e merda rimani.
perchè esci da Torino.



Alle popolari ATC di via sansovino, dove portavo la posta al primo periodo del contratto finito un mese fa, c’era la sede del rotary club di Moncalieri.
il rotary. alle popolari, 3° piano, scala C, n° 9.
le popolari, quelle con il portone sempre aperto, quelle con l’androne inesistente e i muri scrostati, quelle con le vecchie zombie che parlano solo terronese, quelle dei ventenni e trentenni sempre a casa a fare solo niente, quelle con le macchine della domenica parcheggiate nel cortile, l’odore di minestra, sugo e cavolfiore per le scale, quelle dell’ascensore senza bottoni con le svastiche e ValletteDomina/Naxospaura, quelle dei fogli di protesta scritti a penna dal professore del 5° che insegna alle medie -con una quantità impressionante di errori e una calligrafia da amanuense cinquecentesco, quelle dove se sei nuovo e non ci sai stare dentro sono cazzi tuoi anche se sei un postino con la pettorina. il rotary, alle popolari.

Poi ci sono quelli che sono schiavi, che alle popolari ci comprano il fumo, che fanno vite e lavori di merda, che però hanno dalla loro The Power, l’autocoscienza.
Loro hanno gli occhi aperti.
Loro hanno capito.
Però con il naso nella merda. però c’è puzza, vero?
però. cazzo stai facendo?
niente, vado a bere una birra..

Ho perso il conto di quanto è passato dall’ultima volta che con coscienza sono andato a farmi un giro in centro, per comprare qualcosa, perchè c’avevo voglia.
Perchè i soldi, alla fine li trovo. la voglia, no. I soldi pochi, sporchi e maledetti, li trovi.
Perchè in quel fottuto nonposto che è Torino, finisci che ci rimani male, quando quell’unica stracazzo di volta che muovi il culo.
Ci rimani male perchè non sei un punk77 e non hai mai creduto che prima o poi tutta quella gente si sarebbe da sola schifata e avrebbe mollato la presa, no, tu non sei un punk77, ma non riesci proprio a spiegarti, dove cazzo stia per tutto il tempo quella fauna umana che incroci in questo buco di culo non posto che è torino.
dove cazzo siete, dove cazzo state, cosa cazzo fate.

Perchè il mondo è piccolo, ma Torino è imbarazzante.
Niente più e niente meno che un piccolo cazzo di paese.
Con le stratificazioni e le concezioni di LosAngeles, la fichetteria a sprazzi di Parigi e le pulsioni newcom di Londra.
Con l’atmosfera che pericolosamente punta a Milano, in un contesto Romano ma di attitudine del tutto e per tutto pugliese.
Tutto a dimensione paese. tutto a dimensione sandwich schiacciato, con uno stuzzicadente su per il culo.



Il fistfucking, ti fa chiedere qual’è il limite dell’elastico. Qual’è il rapporto che sussiste tra schiavo e padrone. Dove inizia uno, dove finisce l’altro.

Torino, 2008. Nonposto senza un senso.
E dice gomez, sindrome di skyisfalling, sindrome di stoccolma.
perchè non ha più senso scrivere recensioni di dischi.
perchè non ha più senso fare foto di concerti, fare foto.
perchè ha perso ogni significato il prendere a scrivere di qualcosa. perchè hai perso anni su anni in una cantina, suonando qualcosa, con convinzione; non importa quale sia la convinzione, tu ce la mettevi tutta, avevi l’attitudine.
perchè non ha più senso parlare di attitudine. perchè non si ha più il significato.
perchè a fare il gambero e a dare per scontati i concetti, si deve ancora riparlare del perchè l’autoproduzione ha un senso nei confronti del music biz, perchè ora tutti hanno un’agenzia. perchè era bello quando hai coniugato due idee, rendendoti conto dell’umanità dell’agire in determinate direzioni.
puro e semplice agire umano.
fare, qualcosa, ma farlo in un modo umano. bene, ma in modo umano.
non ha più senso fare un flyer, non ha più senso fare un volantino, aprire un blog, aprire un fotolog, aprire un sito, scrivere un libro, scrivere una fanzine, scrivere un manifesto, scrivere un comunicato, fare una manifestazione.
non ha più senso fare una festa, non ha più senso fare un concerto, non ha più senso cercare di arrabattarsi per far avere un senso ad una cosa che è ostinatamente controcorrente. ostinatamente e ad oltranza, che è male.
non ha più senso ‘fare serata’, non ha più senso andare a cena a casa di, non ha più senso uscire al pomeriggio per parlare con, non ha più senso farti una canna alle 16.30, non ha più senso berti una moretti il sabato pomeriggio.



in un nonposto, forse hai sbagliato.
forse hai sbagliato a guardare con meno dure&pure_thisishardcore il tutto.
forse bisognava rimanere intransigenti.
forse, in un nonposto l’unica soluizione era quella che già davi e portavi avanti con convinzione tempo fa.
forse non hai perso niente, neanche la convinzione dure&pure di cui sopra, semplicemente il vento non soffia e il veliero non sguazza. Sarà colpa delle PM10.

fatto sta, che qui, indubbiamente sembra proprio non ci sia più assolutamente un cazzo da fare.
e la pericolosa china intrapresa, sembra spingere ben oltre orizzonti da sempre paventati e schifati. Milano come il Volga, Torino Stalingrado, al Volga non si arriva, resiste Stalingrado.
in discesa ripida, verso un qualcosa, che ha ormai oltrepassato l’esasperazione e l’auspicabile incubo orrorifico della città fichetta, dove l’economia gggira e l’aperitivo lo si fa in infradito.
ben oltre siamo arrivati. nonposto, datemi retta.


e alla fine, sono ossimoro, sempre e comunque.


*crin, in piemontese, il porco, il maiale.



dove importa come appari
non come sei realmente
dove sei quello che conta
o sei fuori
dove anche la rivoluzione
paga le tasse,
brucia
imperia
brucia.


CGB


[ ]

E alla fine imbatti in sta stronzata, trovato su un inutile forum tra sbirri, fasci e tamarri mentre stavi scaricando la posta.
E con orrore, tutto vorresti fare fuorchè ‘rendere giustizia a’.

ciao a tutti,
mi hanno girato via mail questo piccolo pensiero….che ne pensate?vi ci rispecchiate in qualche modo?

Sei cresciuto negli anni ’90 se…

… ricordi tutti e cinque i nomi delle spice girls, costumi orrendi
compresi
… giocavi al nintendo 64
… eri un’appassionata di beverly hills 90210
… ascoltavi la musica alla radio, massimo col mangianastri!
… compravi il calippo fizz alla cocacola e il luke
… collezionavi ciucciotti colorati e di plastica
… ancora ti stai chiedendo che fine abbia fatto carmen san diego
… conosci il significato di ‘togli la cera, metti la cera’
… i power rangers erano il telefilm più bello del mondo
… e subito dopo venivano otto sotto un tetto e willy il principe di belair
… giocavi con l’hula hop
… i pattini avevano ancora quattro ruote NON in fila
… guardavi i miei mini pony, alvin superstar e le tartarughe ninja
…. barbie era ancora sposata con ken
… non esisteva mercoledì senza una copia del topolino (o minnie&co o il
giornalino di barbie)
… giocavi a twister (ed eri ingenuo abbastanza da non pensare a strane
mosse)
… compravi Cioè e andavi orgogliosamente in giro con tutte le
cianfrusaglie che vi erano allegate
… hai visto Titanic almeno tre volte, di cui due al cinema e di fila
… usavi gli orecchini stick di gomma
… amavi blossom e bayside school
… ricordi chi sono i Five e il loro trashissimo video con la sagoma di
cartone
… non esistevano internet e gli sms e ci si chiamava ancora a casa per
mettersi d’accordo per le uscite
… mangiavi la girella per merenda
… collezionavi i paciocchini!
… gli insegnanti ti facevano leggere i ragazzi della via pal, piccole
donne e l’isola del tesoro
… hai rivisto mille volte la sirenetta, la bella e la bestia e aladdin
… giocavi coi lego e crystal ball!
… ti stai ancora chiedendo come facesse puffetta a soddisfare le voglie di
tutti i puffi!
… non ti perdevi la solita replica natalizia di ‘mamma ho perso l’aereo’
� hai ancora la tua collezione di schede telefoniche


Lo scopo di questo testo é quello di rendere giustizia a una
generazione, quella di noi nati negli anni ’80 (anno più,
anno meno), quelli che vedono la casa acquistata allora dai nostri genitori valere oggi 20 o 30 volte tanto, e che pagheranno la propria fino ai 50 anni.

Noi non abbiamo fatto la Guerra, né abbiamo visto lo sbarco sulla luna, non abbiamo vissuto gli anni di piombo, né abbiamo votato il referendum per l’aborto e la nostra memoria storica comincia coi Mondiali di Italia ’90, con la mascotte Ciao.

Per non aver vissuto direttamente il ’68 ci dicono che non abbiamo ideali, mentre ne sappiamo di politica più di quanto credono e più di quanto sapranno mai i nostri fratelli minori e discendenti.

Babbo Natale non sempre ci portava ciò che chiedevamo, però ci sentivamo dire, e lo sentiamo ancora, che abbiamo avuto tutto, nonostante quelli che sono venuti dopo di noi sì che hanno avuto tutto, e nessuno glielo dice.
Siamo l’ultima generazione che ha imparato a giocare con le biglie, a saltare la corda, a giocare a lupo mangia frutta, a un-due-tre-stella, e allo stesso tempo i primi ad aver giocato coi videogiochi, ad essere andati ai parchi di divertimento o aver visto i cartoni animati a colori.

Abbiamo indossato pantaloni a campana, a sigaretta, a zampa di elefante e con la cucitura storta; la nostra prima tuta è stata blu con bande bianche sulle maniche e le nostre prime scarpe da ginnastica di marca le abbiamo avute dopo i 10 anni.
Andavamo a scuola quando il 1 novembre era il giorno dei Santi e non Halloween, quando ancora si veniva bocciati, siamo stai gli ultimi a fare la Maturità e i pionieri del 3+2�

Siamo stati etichettati come Generazione X e abbiamo dovuto sorbirci Sentieri e i Visitors, Twin Peaks e Beverly Hills (ti piacquero allora, vai a rivederli adesso, vedrai che delusione). Abbiamo riso con Spank, pianto con Candy-Candy, ballato con Heather Parisi, cantato con Cristina D’Avena e imparato la mitologia greca con Pollon. Siamo una generazione che ha visto Maradona fare campagne contro la droga.

Ci ricordano sempre fatti accaduti prima che nascessimo, come se non avessimo vissuto nessun avvenimento storico. Abbiamo imparato che cos’è il terrorismo, abbiamo visto cadere il muro di Berlino, e Clinton avere relazioni
improprie con la segretaria nella Stanza Ovale; siamo state le più giovani vittime di Cernobyl; quelli della nostra generazione l’hanno fatta la guerra (Kosovo, Afghanistan, Iraq, ecc.).

Abbiamo imparato a programmare un videoregistratore prima di chiunque altro, abbiamo giocato a Pac-Man, odiamo Bill Gates e credevamo che internet sarebbe stato un mondo libero.

Siamo la generazione di Bim Bum Bam e del Drive-in.
Siamo la generazione che andò al cinema a vedere i film di Bud Spencer e Terence Hill. Gli ultimi a usare dei gettoni del telefono. Ci siamo emozionati con Superman, ET o Alla Ricerca dell’Arca Perduta.

Mangiavamo le Big Bubble, ma neanche le Hubba Bubba erano male; al supermercato le cassiere ci davano le caramelline di zucchero come resto.. Siamo la generazione di Crystal
Ball (‘con Crystal Ball ci puoi giocare�’), delle sorprese del Mulino Bianco, dei mattoncini Lego a forma di mattoncino, dei Puffi, i Volutrons, Magnum P.I., Holly e Benji, Mimì Ayuara, l’Incredibile Hulk, Poochie, Yattaman, Iridella, He-Man, Lamù, Creamy, Kiss Me Licia, i Barbapapà, i Mini-Pony, le Micro-Machine, Big Jim e la casa di Barbie di cartone ma con l’ascensore.
La generazione che ancora si chiede se Mila e Shiro alla fine vanno insieme.

L’ultima generazione a vedere il proprio padre caricare il
portapacchi della macchina all’inverosimile per andare in vacanza 15 giorni. L’ultima generazione degli spinelli.

Guardandoci indietro è difficile credere che siamo ancora vivi: viaggiavamo in macchina senza cinture, senza seggiolini speciali e senza air-bag; facevamo viaggi di 10-12 ore e non soffrivamo di sindrome da classe turista. Non avevamo porte con protezioni, armadi o flaconi di medicinali con chiusure a prova di bambino. Andavamo in
bicicletta senza casco né protezioni per le ginocchia o i gomiti. Le altalene erano di ferro con gli spigoli vivi e il gioco delle penitenze era bestiale.
Non c’erano i cellulari. Andavamo a scuola carichi di libri e quaderni, tutti infilati in una cartella che raramente aveva gli spallacci imbottiti, e tanto meno le rotelle!!
Magiavamo dolci e bevevamo bibite, ma non eravamo obesi. Al limite uno era grasso e fine. Ci attaccavamo alla stessa bottiglia per bere e nessuno si è mai infettato. Non avevamo 99 canali televisivi, dolby-surround, cellulari, computer e Internet;

ce la spassavamo giocando al gioco della bottiglia o a quello della verità.

Abbiamo avuto libertà, fallimenti, successi e responsabilità e abbiamo imparato a crescere con tutto ciò.
Tu sei uno di nostri? Congratulazioni!

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