Mar del Plata brucia, come la Val di Susa, come le periferie parigine… #1

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io non voto
tu voti
lui vince
noi lottiamo
voi ingoiate
loro reprimono

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Io quoto
Lui quota [rif]
Voi leggete

L’io sono il chacka.
Lui è il Lainz. Buon essere, traslato in terra argentina a spese d’altri per tempo limitato (speriamo noi, credo diverso speri lui), a far quel che dice di dover fare ma che non fa. Del resto, chi se la sente di biasimarlo? Il suo posto attuale, non lo fa star zitto. E meno male. Ci voglio bene, al guaglione, e ci quoto tutto quel che dice, diretta testimonianza di.
Per dirla come dice lui, simpatico, già, come un sanpietrino nel culo.

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Sono le sei della mattina quando mi sveglio, il pullman interrompe la sua corsa notturna alla stazione dell’atlantica località balneare.Ad accogliermi freddo, pioggia ed una notte che rapidamente si stinge verso un’alba grigia. Il terrorista texano è atterrato una dozzina di ore prima accolto con onori militari dal padrone di casa, il presidente Kirchner, e probabilmente sta dormendo comodo nella suite dell’albergo preposto ad ospitarlo durante questa trasfertà che si rivelerà fallimentare.

In poche parole questo vertice di tutti i presidenti americani, con l’ovvia esclusione del Comandante Fidel, ha un unico scopo, secondo i piani del terrorista: ratificare, o quanto meno accelerare il processo di integrazione economica panamericana. Il trattato dell’ALCA (Area de libre comercio americana) sarebbe una vera panacea per l’economia statunitense, aprirebbe un mercato pressochè infinito alle imprese e contribuirebbe a mantenere il continente latinoamericano sotto il giogo economico, sociale e culturale del vicino a stelle e strisce. Alcune ragioni per essere contrari a questo trattato le trovate qui: http://www.noalalca.org.ar io di più non mi sbilancio.

La prima manifestazione è convocata per le sette, avenida indipendencia, e nonostante l’ora la moltitudine che si dirige al concentramento è notevole, azzardo un settantamila persone per dare l’idea.
Sono in gran parte movimenti sociali e sindacati quelli che si sono riuniti e hanno dato fondo alla loro capacità mobilitativa per riempire le strade di manifestanti. E’ atteso inoltre il treno partito all’alba da BsAs che dovrebbe portare alla marcia alcune personalità di spicco, tra cui il regista Emir Kusturica, il leader dei cocaleros boliviani Evo Morales e l’onnipresente Diego Maradona. Dovrebbe.

Si parte sotto la pioggia e sotto la pioggia si arriva allo stadio dove la moltitudine riempie curve tribune e campo per assistere all’arrivo dell’ospite. Ospite che arriva omaggiato da un’ovazione enorme, seconda solo a quella dedicata al Pibe de Oro, che, a mio personalissimo parere, si trova in una situazione più grande di lui, che non capisce e che non c’entra decisamente un cazzo, fortunatamente il suo intervento si limita ad un classicissimo invito a cacciare il terrorista nordamericano, per poi tornare a sedersi al lato della signora Chavez, sul palco d’onore.
Il presidente Hugo Chavez, Venezuela, si lancia invece in un discorso fiume, che supera le due ore, e che dimostra tutte le sue capacità oratorie e le sue evidenti tentazioni populiste e demagogiche. Il popolo agita eccitato le numerose bandiere e si infiamma con la sua voce roboante che cita nello stesso calderone Mao (capitalismo, tigre dai piedi di carta), Gesù (primo socialista della storia, un classico…), Chomsky, Miranda, e così continuando fino all’immancabile Ernesto Guevara detto il Che, cui culto in America Latina probabilmente non è mai stato così vivo.
Cosa salverei del suo discorso?
Senza dubbio il sogno di Chavez può essere affascinante, ovviamente per chi crede nella figura giuridica dello stato e nell’autorità. Una grande confederazione latinoamericana, che amministri le proprie risorse indipendentemente dai voleri del centro di comando di Washington D.C., una riedizione contemporanea del sogno di Simon Bolivar, una grande America del Sud unita ed indipendente. Inoltre l’attitudine di sfida del presidente, rispetto ai piani di attacco militare degli stati uniti al suo piccolo paese, non può non essere visto che con simpatia, che vengano dice Chavez, si ritroveranno impantanati in una nuova guerra dei cent’anni.
Da spettatore, da europeo, il tutto è sinceramente emozionante, le bandiere con i volti ed il culto della personalità di evita peron, la voce bassa e poderosa di Chavez, la madri di Plaza de Mayo omaggiate dalla folla, con i loro caratteristici panuelos bianchi a coprirne il capo, i volti degli indios orgogliosi di essere rappresentati.

Poi la festa finisce, le strade si riempiono di rabbia, e di lacrime e lo stato libera i suoi cani feroci; allora nel ricordo le due cose si mescolano e il sogno di Chavez mi si rivela per quello che è, l’ennesima farsa, l’ennesima dimostrazione che l’autorità e il potere hanno innumerevoli modi per manifestarsi e che non è poi così distinto per uno spirito libertario essere comandati da un Chavez piuttosto che da un Dabliu..
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