LE GENTILISSIME ATTENZIONI DEL GOVERNO GENTILONI – 7° consiglione dei ministroni

Fu a quel punto che si ruppe la tregua, o la “treguona” come veniva amplificata dai portavociona di Gentiloni.
E qui per vociona non si intende il far la voce grossa, ché non è affatto educatone e gentilone, ma proprio l’aver un timbrone nel vocione, oltre che nella burocrazia (o burocraziona, grassa com’è, per quanto Gentiloni promettesse di snellirla col solito dietone a beveroni).
La minoranza interna del partitone democraticone di Gentiloni, dopo aver definita “umiliante” la rincorsona a Grillo, a balzoni del duepercento elettorale in un circuitone per cavallette o in un ippodromo per cavalloni, bollava adesso come “schizofrenico” l’atteggiamento verso Berluscloni.
Tuttavia la rottura della tregua toglieva almeno da molti il sospettone di voler perdere tempo. E se il mattino ha l’oro in bocca e l’oratoria in boccalone, e se il mattone ha l’oro in tasca e loro gli intasconi, insomma comunque sia perdere tempo minava l’arricchimento agli affaroni degli affaristi e degli affaristoni. Per cui tregue o non tregue, non si perda del tempo, dei soldoni.
Coerentemente al non perdere tempo, la rispostona del Colle non si fece attendere. Il Presidente, col suo presidentone ben smaltato in bella vista nell’ampio sorrisone, dichiarò rotto lo stallo e lo stallone (che si abbatté secondo tradizione).


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DOWN DOW FOREVER

 

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