BRAVO, LATTE PIU’ ovvero "CUORE DI COCHI & ARANCIA RENATICA" Apolide Sedentario intravista COCHI PONZONI e RENATO POZZETTO (COCHI E RENATO)

0. INTRO
Il teatro è piccolo e subprovinciale. I calibri sono grandi, storici, classici. Come fare stare l'infinito nell'infinitesimo è materia da Giordani Bruni, o più semplicemente da lisergici confidenziali del Qaos.
Fatto sta che la macchina teatrale di Cochi e Renato non ci sta, nel Cinema Teatro Ambra: arrivo nel cortile e trovo le colonne della fonica connesse e accese all'aperto ("sul palco non c'era più spazio" mi diranno, e penserò "ma se pioveva, bastava avere l'ombrela l'ombrela, ti ripara i preampli?"). E quando entro, il palco è diviso in due da un largo telo che separa l'orchestra di 6 musicisti (tra cui un saxofonista Dick Tracy che sta immobile creando un effetto straniante ed annotabile) dal risicato spazio scenico restante, un corridoietto davanti alla ribalta, in cui dovranno teatrare i mostri sacri del duo.
In più fa freddo, tutti che tossiscono, e poi Pozzetto ha più di 70 anni (e lo ripete e ripete nelle prove), e insomma tutti fattori di tensione, oltre al caratteraccio che ciascuno è libero pur d'averci, quando poi se non altro ha qualità in quel che fa, se non in quel che è. Certo che qui c'è un'aria da intravista quasi-fallita, nell'Occidente in veroeproprio-default.
Cochi e Renato: io crebbi con loro. Avevo appena acquisito la parola, che loro me la smontarono in tv. Mi esposero, io aperto all'esperienza come un men-che-decenne, come si altera il senso della frase, come si mischia il concetto al surreale, come si toglie significato e lo si devia su un asserto infondato che funziona talvolta meglio dell'origgginal. Uno tira soltanto di destro, l'altro invece ci ha avuto un sinistro. Se oggi sono un autore indipendente(mente dal fatto che non lo sappiano le masse, e non mi sciacallino i media) lo devo anche a loro, all'influsso della raiuno bianco e nero con 'sti due a far mosse coreografiche improbabili sopra testi impossibili.
Quando io e l'Artigianodelsuono mio compare teorizzammo un nostro duo aleatorio, nel darci un nome inventammo di rubarlo appunto a un'icona storica. "Ma scusa, perché non ci chiamiamo Cochi e Renato?".
I miei ricordi e prodromi infantili, ed il mio duo attuale: due validi motivi per andare a intravistare Ponzoni col Pozzetto.



1. ARANCIA RENATICA

Cochi e Renato ancora non sono arrivati per le prove del classico spettacolo antologico che include l'a tutti noto repertorio.
Le maestranze tecniche son mogie. Io vecchio lupo di saundcièc in 'sto decennio di intravistepercasopuntoorg ne ho viste ormai a decine di compagnie teatrali con 1 vip e 20 persone dietro a lavorare tra tirar fili, montare palchi luci, far girare la macchina dell'illusione sensata. E son di solito grandi caciaroni, i tecnici al lavoro. Tutta la vita a tirar gli stessi cavi, a rimontar quel che la sera prima s'è smontato, la Sindrome Penelope iperbolica che può sopportarsi solo avendo appunto spirito da giostrai beatnik circensi. Maledetti fricchettoni, che appena vedono me siam già fratelli (nel senso "ué fratello ciao cheffai…").
Invece i tecnici qui son taciturni. Non solo concentrati, taciturni.
E siccome già avevo avuto percezione che l'intravista oggi fosse ostica, l'aggiunta di questo clima zero vispo mortifica ulteriormente l'entusiasmo. Mi accatasto sulla poltroncina. Cochi e Renato arrivano.
Sono vecchi, infreddoliti, raffreddati. Cochi meno vecchio e più raffreddato. Io sono il solito faccia di merda. Ci siamo.
Prova l'orchestra. Bravi, con gusto.
Provano le voci Cochi ("prova prova prova") e Renato ("uno due tre e quattro").
Provano un pezzo: orchestra, Pozzetto e Ponzoni. Fischia un po' tutto. Renato non sente le spie. Spostano le spie. Ora si sente. Salta qualcosa. Non si sente più. Pausa di 5 minuti. Riattaccano l'impianto. Cantano un altro pezzo. Cochi ha l'orchestra troppo addosso (vero). Renato si sente meno in spia di Cochi (vero). Il capo fonico dice che hanno lo stesso volume (vero). Renato dice che sente di più Cochi, e devono risultare pari (vero). Un ragazzo aiuto fonico dice a Renato: "Siete uguali di volume, solo che Cochi canta con più voce" (vero).
Renato si alza di scatto, si strappa il microfono di testa, dice che se ne va. E se ne va per davvero (vero). Il ragazzo aiuto fonico prova a dirgli "ma io intendevo solo che…". Renato lo sommerge urlando: "Sono 40 anni che io e Cochi facciamo le cose insieme e arrivi tu a dire che lui ha più voce? MA VAI A CAGARE!".

Renato se ne va. Il "vai a cagare" no. Resta nell'aria, si riverbera, si echizza, si flangerizza. Vai. A. Ca. Ga. Re.
Arancia renatica.

Voglio però spezzare qualche Lancia (tanto è roba di Marchionne) a favore di Pozzetto.
E' vecchio, e lo dice. E lo sente. Parla di una gamba che lo fa patire. E' raffreddato. E' stanco.
E' forse anche stanco di ripetere eternamente il solito repertorio. O stanco di essere il personaggio del suo repertorio.
E' un creativo, e come molti creativi me compreso è un intrattabile.
E' un uomo di teatro, e solo chi ha fatto teatro sa quanto sia stressante tutto quanto ciò che sta attorno alla serata vera e propria (e tanto più dopo più di cinquant'anni).
O forse no.
O forse solo qualcuna di queste mie scusanti all'antipatico.
Ma anch'io ho calcato palchi anche più grandi, e anch'io ho fatto scenate sulla scena. Mai contro un tecnico che si sta sbattendo. Ma io non sono vecchio. Non lo sono mai stato. Quindi non lo sarò.



2. CUORE DI COCHI: intravista esclusiva di Apolide Sedentario a COCHI PONZONI

Mi diceva la troupe prima che arrivassero Cochi e Renato in teatro: "Difficile che ti rilascino interviste".
Dopo questa scenata di scena, io che già ero scettico deduco che le possibilità mi si disintegrano.
Ma Pozzetto è Pozzetto, e Ponzoni è Ponzoni.
Si separarono, al massimo successo. Qualche motivo ci sarà pur stato.
Pozzetto fece "Ragazzo di Campagna" e tutto il suo palmarès di gran successi. Ponzoni fece "Cuore di cane", vero capolavoro del grottesco, e nessuno se lo cagò più, fino poi al Paolo Rossi in "Su la testa".
Pozzetto fece gli spot del panettone e poi dell'antifumo. Cochi Ponzoni no.
Pozzetto è stato alle esequie del megalopretastro Don Verzé. Cochi non va al funerale. Ma perché? Perché no.
Qualche motivo ci sarà, mi dico per tenere l'arditezza e la refrattarietà che son la base delle mie incursioni: se ora quindi Renato è scleratissimo, io tanto già di mio avrei proposto le mie due domande a Cochi. Vediamo se Cochi vien via dai camerini, e come reagisce all'approccio. Qaospuntoorg sii con me.
Cochi esce. Deve passarmi davanti, io sono alla porta d'uscita. Visibilmente lui vuol dileguarsi. Vedasi le giustificazioni all'anguillaggine che al paragrafo prima riconosco a Renato. Ma Cochi è Cochi. Mi porge la mano nel mentre apre la porta, io gli trattengo la mano, e dico "dovrei farti due domande".
Cochi mi dice "davvero, devo andare".
Gli dico "capisco, anche se davvero son solo due domande". E poi aggiungo: "Jannacci mi ha risposto, quando l'ho intravistato".
Cochi si ferma.
Mi guarda.
Io ho intervistato Jannacci.
Mi chiede: "ma quante domande sono?". "Solo due", gli rispondo. "Va bene, dai" dice Cochi.



Apolide Sedentario:
"Sono Apolide Sedentario, non Apolide Semovibile. E una volta sono stato 16 anni a Ge No Va. Sono la vita senza i dané.
Ma come sono cattivi gli intelligenti, non sono polli ma sono molto cattivi.
Però la gente non è intelligente, lo si capisce lo si capisce da come guarda una gallina. In Occidente, intendo.
A me le precauzioni non entrano, ma con un altro mascalzone abbiamo approfittato del Situazionismo e abbiamo fondato il duo Cochi e Renato: ce la pagate la Siae o ci comprate i sandali in 3d?"

Cochi Ponzoni:
"Ah… Ma cosa devo rispondere a una domanda così?"

Apolide Sedentario:
"Guarda Cochi, quello che vuoi. Ma proprio quello che vuoi. Jannacci mi strappò il foglio dal notes per leggere la mia domanda e elaborarla, se vuoi facciamo lo stesso."

Cochi Ponzoni:
"Non è necessario, ho capito lo spirito. Dammi soltanto un attimo."

(Mentre esplicavo la mia domanda-performance, al passaggio "gli intelligenti sono molto cattivi" avevo guardato con occhi da cattivo dritto negli occhi a Cochi. Cochi è cattivo, come me, coi cattivi. Non è un candido, un semplice, un bonario. Pulipulipù, Cochi infilava su in te'l cù le sue invettive a tutti. Cochi è cattivo come piace a me. Renato è solo sclerato. Un cattivo intelligente se guarda negli occhi un cattivo intelligente diventano entrambi buoni a fare l'Arte. Con quell'occhiata Cochi mi ha capito, gliel'ho letto nello sguardo. Ed ha anche apprezzato che ha davanti un suo pari. Perciò adesso si concentra per rispondere arguzie che controbattano efficaci, in nobiliar tenzone, le mie provocazioni)

Cochi Ponzoni:
"Noi abbiamo addirittura un'azienda di cui ero titolare. Faccio il venditore di pellame. Non piantavo il caffè perché cresce da sé, ma avevo una vicina che coltivava i paltò. E mentre ero in azienda, e la vicina era là che coltivava, è entrato il mio cane che si chiama Bill."

Apolide Sedentario:
"La donna è prensile, il ragazzo di campagna e il cuore di cane sono densili. Grazie per Cuore di Cane, veramente, dico qui tra parentesi. C'è sempre una donna che parte, ma dove arriva (a Capoverde) non si interessa al verde. Ciao. Mentre mi portavano in barella a 4 anni in sala operatoria per le tonsille, cantavo "E la vita l'è bèla l'è bèla". Il chirurgo apprezzò, mi tolse anche le adenoidi. Un bambino castano chiaro mutilato perché mi ha sempre fatto schifo la minestra. Vuoi mettere una sottana, puttana. Domanda: come portava i capelli il chirurgo?"

Cochi Ponzoni:
"Mi ricordo che quando mi hanno operato di tonsille ho fatto un sogno strano. C'era un diavolo che saltava sulle molle. All'epoca si usava il trilene, non l'anestesia. E essendo il trilene una trielina, mi sentivo tutto raschiato e ripulito dentro."



Una quasi-intravista, dicevamo. Un quasi-senso galleggia sul non-senso. Uno stile immarcescibile. Inconfondibile e confondente. L'unico agnostico e quantistico linguaggio che possa descrivere l'entropia, che è l'esistente.
"L'aneddoto di me bambino che vengo operato cantando tue canzoni è vero e genuino, Cochi, pensa quanto hai influito sull'infanzia", gli dico accomiatandomi. E aggiungo un "grazie", che non è lo zelo per avermi risposto, ma un grazie esistenziale, per avermi smazzato le meningi nell'epoca dell'apprendimento, così permettendo il collegar sinapsi in modi anomali, fulcro dell'ironia, ossia del Genio.
Cochi mi stringe la mano, e fa gli occhioni da cane buono e amico. Io gli scodinzolo pure. Lo lascio libero dopo il freestyle che in esclusiva assoluta ha regalato ai turistipercasopuntoorg.
Di che marca sono i neuroni? Di nessuna marca. Basta metterli in moto.

 

3. CHIOSA (nella cantina di Dino)

Il clima poco socievole dei tecnici al mio arrivo iniziale della sala mi aveva appunto stupito. Non è cosa da tecnici teatrali non esser dei sani cazzoni. Ma adesso i Fieui di Caruggi (compagine sociale ingauna ormai mediaticamente nota per il richiamo di Striscia la Notizia, essendo Antonio Ricci uno dei loro) ci invitano tutti da Dino, colui che è proprietario della tana, la cantina che dal '73 ospita le goliardate di 'sti Fieui. Piacciano o no, i Fieui sono un caso storico: un'aggregazione spontanea, senza capi, senza loggia né lobby, di ex-ragazzi che tiravano di fionda da pischelli, e ora premiano con fionda di legno chi a loro dire "spacca". Dino nella cantina mi racconta che è tutto suo quello che viene offerto durante le innumerevoli trovate cittadine dei Fieui. Fino a 2000 bicchieri di vino in certe occasioni di gran festa. Tutto suo vino, fatto di sua mano. Tutto cibo cucinato dalle Fieue. Filantropia comunarda, in qualche modo. Indefinibile nell'unicità. E scevra da tentazioni di potere: chiuso sprangato il portone tre mesi prima d'ogni votazione. Telefono compreso, che sta muto per non partecipare alle questioni tra ambizioni d'amministrazione (leggasi magnamagna). E in questo clima da vino e farinata, focaccia e due belle fighe di passaggio, i tecnici tornan se stessi, e mi dichiarano: "Col clima che c'è sul lavoro nella tournée con loro meglio star zitti, fare il proprio ruolo, e evitare commenti; ma ovvio che siamo come dici tu, come quelli che conosci durante le altre interviste, e certo che ci piace far casino". E infatti è un gran bel casino la cantina, tra i racconti dei Fieui che fan la storia del posto per ciascuno, i brindisi, gli sfottò "vai a cagare" detti all'aiuto fonico cazziato ("questa potrai raccontarla per tutta la vita, pensala così"), gli aneddoti, gli apprezzamenti alle tipe.
"Cochi e Renato sono soli, uno in albergo e uno in camerino. Se venivano qui stavano bene", dicono i Fieui e le maestranze, e dico anch'io.
E io aggiungo: "Vecchio è chi non approfitta della vita".
"Bevi?".
"Si, dai, grazie: latte più".





cochi e renato

(c) Apolide Sedentario 2012
DOWN DOW FOREVER
chi non legge FRIGIDAIRE e IL nuovo MALE non è un animalo intelligiento

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