COMMISSARIO MARIO CALABRESI, PSICOPOLIZIA (in memoria di Osama Bin Guevara)

Tu quoque, Mario, figlio del Commissario Calabresi. Proprio tu, il cui assassinio del padre resta appunto, a 40 di distanza, risolto solo sui generis, con le condanne a Bompressi, Pietrostefani, e a quell’entrista di Sofri, in ricostruzione carente dell’evento (l’impermeabile perso nelle indagini per evitar le perizie circa i fori dei proiettili, e il pentitismo posticcio di un militante di secondo piano), proprio tu fai difesa assai zelante delle “versioni ufficiali”, e attacchi i “complottisti” nel tuo lungo editoriale su Bin Laden.

Il Ministero dell’Informazione trova i suoi servi migliori proprio tra chi dovrebbe avere il dubbio che comporta il nascondere un taccuino fuori dall’occhio paternautoritario del Big Brother. Sicché Mario Calabresi su La Stampa viene convinto a arringare i suoi lettori (che nella rubrica delle Lettere gli elencano le contraddizioni palesi circa il blitz della Signora Omicidi Hilary Clinton) contro chi storce il naso alla versione del Dipartimento di Stato ammmericano.
In  chiaro squilibrio etico ed etilico sul filo di una logica sbarazzina ed antistorica, Calabresi si appiglia a un paragone con le balle pacchiane che sparava il negro Colino Powell:
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(da La Stampa 4 maggio 2011)
“Si potrebbe obiettare che proprio dalla Casa Bianca venne diffusa nel mondo la bufala delle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein, e ricordare come Colin Powell lo sostenne all’Onu mostrando la famosa fialetta. Dovremmo però ricordare anche il discredito che colpì Bush, Cheney e Powell quando si scoprì che non era vero, e come oggi la reputazione dei tre sia a pezzi”
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Mario Calabresi della mia punta dello stivale: molto più “a pezzi” della reputazione di Bush, Cheney e Powell è l’Iraq attuale, maceria edilizia e sociale dopo un decennio di Guerra Mondiale che quella “bufala” scatenò, e che nessuno fermò (né ferma ora) nonostante venisse sbugiardato un casus belli fittizio e artificioso (e perciò CRIMINOSO, ma da L’Aja non vedo intentare azioni su Hiroshima, Vietnam, Libano, Iraq, Kabul, Libia, come invece si fa per i balcanici).
Così come la balla di ‘sto blitz (Blitz: giornaletto softporno degli anni ’70, altro che La Stampa ci vuole per te, Commissarino Mariolino), anche qualora a breve venga ammessa la tragica messinscena, è di per sé ormai avvenuta, digerita dai pesci dell’Oceano come dai tonni nostrani (tuoi lettori, nonché telespettatori stupefatti dello sbarco sulla Luna made in Kubrick).


(c) Apolide Sedentario 2011
DOWN DOW FOREVER

3 Comments

  1. LangleyRosario scrive:

    That is perfect that people are able to take the loans moreover, this opens up completely new opportunities.

  2. Apolide Sedentario scrive:

    più che loans direi loano con uno spazio tra la o e la a

    better than loans i mean loano, with a space between o and a, alias the asshole

    (nel mentre la corte de L’Aja incrimina Gheddafi ma sorvola sul blitz yankee in territorio straniero con tanto di strage e lancio di elicotteri sulle case di Abbottabad – come di aerei israelopentagonali sulle Torri – e da Mussolini a oggi, anzi da Geronimo a oggi, non c’è mai modo di vedere i bushobami norimberghizzare i loro capi nemici)


    (c) Apolide Sedentario 2011

  3. mANifEsTO scrive:

    Cronache dall’Hackmeeting 2011 a Firenze

    Seize the Time: è lo slogan preso in prestito dalle Black Panther che ha aperto il 14mo Hackmeeting, annuale incontro delle contro-culture digitali Italiane appena svoltosi al CSA nEXt Emerson di Firenze. Riappropriati del tempo, vivilo, sincronizzati e agisci, come gli omini nel logo stampato sulle magliette che operano come formiche sugli ingranaggi di un orologio. È il momento di rimettere le mani al meccanismo. L’inizio millennio è stato catastrofico e ancora ne portiamo i segni, l’ondata repressiva del dopo Seattle/Genova 2001 ci ha trasportati in un mondo distopico dove sorveglianza generalizzata, censura, frontiere militarizzate e compressione dei diritti sono diventati norma e vengono addirittura presentati come soluzioni quando non solamente inevitabili come La Crisi.

    È stato chiamato l’Ultimo Hackmeeting prima del 2012: noi viviamo già nell’apocalisse, una situazione in cui dobbiamo imparare a fare le cose da soli. Come nel filone letterario Steampunk dobbiamo imparare a sopravvivere alla catastrofe: re-imparare a fare il pane, a rendere l’acqua potabile, coltivare gli orti, costruire con gli oggetti, organizzare la socialità e la protesta, operare nella realtà e smanettare la propria vita.

    Questa edizione ha presentato alcuni dei sui gioielli più preziosi: l’intervento di Richard RMS Stallman e quello degli autori di Kriptonite, il libro di autodifesa digitale dall’invadente Big Brother attraverso la crittografia. Kriptonite influenzò il primo Hackmeeting del 1998, che si tenne anch’esso a Firenze, e assieme posero le basi di quello che fu l’attività didattica negli anni a seguire per l’insegnamento delle pratiche di autotutela (PGP, Anonymous remailer, Tor, Truecrypt, TAILS). Internet è cambiata da allora, si è popolata di nuove persone e sono nati i potenti Social Network quotati in Borsa, comunità digitali che disincentivano la privacy e vivono col commercio dei dati degli utenti ostentando un’apparente gratuità.

    Anche l’Intervento di Stallman, storico hacker e punto di riferimento radicale per la difesa del Software Libero, ha puntato sui problemi della libertà nella civiltà digitale.
    Sorveglianza: ricordando come l’uso di un telefonino rappresenti un modo per essere perennemente localizzato e intercettato anche non durante la conversazione, o di come il sistema Windows contenga svariate backdoor che permettono di effettuare remotamente dei cambiamenti senza il permesso al proprietario. L’utilizzo del software libero è l’unica difesa disponibile per non essere alla mercé delle aziende.
    Censura: RMS ha denunciato l’utilizzo di formati segreti (come il formato Flash, MP3 o MPEG4) che hanno lo scopo di limitare le azioni degli utenti, definendo “manette digitali” le restrizioni portate dal grande business nella distribuzione dei contenuti musicali, un tentativo di ottenere i benefici della rete a scopo affaristico senza gli “svantaggi” della libertà d’espressione.
    Guerra alla condivisione: I governi e le grandi aziende attaccano lo sharing e cercano di limitarlo rendendolo difficile o illegale per ottenere maggiori profitti, disconnettendo la gente che scarica, bloccando dei siti e obbligando la gente a identificarsi per accedere a Internet, mentre la condivisione è un elemento fondamentale nella costruzione della società. “Abbiamo bisogno di legalizzare la condivisione”.
    RMS ha denunciato Il SaaS, il software come servizio, offerto ad esempio da Google Docs o Facebook, dove il programma non è più nel Pc dell’utente ma gira presso il fornitore che detiene in questo modo il controllo totale sulla produzione dei suoi clienti, possedendo sia i dati che il mezzo di produzione. Stallman rifiuta l’uso della parola Cloud-Nuvola, per definire questo sistema, indicandola come propaganda che rende allettante un sistema invece soggiogante. RMS conclude il suo intervento evidenziando la precarietà degli utenti su Internet, i quali non possono fare nulla che non gli venga permesso di fare, i quali possono essere scalciati via in un instante, da Facebook o dalla Rete.

    Di precarietà si è parlato in diversi workshop, nel seminario con Carlo Formenti dove si è discusso di come il capitalismo digitale rubi all’intelligenza collettiva e in quello di Femminismo-a-sud: una chiamata nelle questioni di genere per la costruzione di un immaginario sulla precarietà che produca la condivisione delle pratiche di lotta nel percorso verso lo sciopero sulla precarietà. Uno sciopero politico le cui le date sono ancora da definire con al centro il tema della precarietà. Perché tutti contribuiscano a boicottare i profitti per comprendere il proprio ruolo cruciale all’interno della filiera di produzione. Il workshop Sciopero Precario Istruzioni per l’uso ha invitato gli hacker a contribuire, creando un vademecum su come sabotare la propria rete in ufficio, riportando la parola sabotaggio al suo significato originale, il sabot (zoccolo) incastrato nell’ingranaggio, una rappresaglia contro il datore di lavoro da parte di chi non ha voce, è troppo debole e ricattabile per agire altrimenti e non ha diritto di sciopero.

    Hackmeeting di ritorno a Firenze è un momento di contaminazione, è stato un momento duro per l’area Fiorentina, un periodo di sgomberi e arresti e l’Hackmeeting è stato finalmente un momento di gioia, dice Ginox; la persona che più ha contribuito per la riuscita dell’evento, come ricordato dai tanti foglietti appesi in giro del tono: “Ginox santo subito”.
    L’Emerson sta cambiando un quartiere devastato dalla speculazione edilizia, ha costruito dei solidi rapporti umani col vicinato, assieme alla vicina Cascina Cecco hanno creato gli Orti Sociali, aiutando le persone a riappropriasi della terra; hanno costruito coi bambini un plastico del quartiere che vorrebbero e organizzato un carnevale con carri costruiti con materiale di recupero. l’Emerson è infatti il luogo del Do Your Trash, riciclo di materiali di rifiuto che ha prodotto la costruzione del bancone del bar e dello skate-park, un giardino pieno di sedie da pezzi di moto saldati e vasi con copertoni. Utilizzano i piatti di mater-bi che diventano combustibile d’inverno. Siamo nel post-apocalisse, non possiamo più fidarci di un’autorità che ci dica come fare, e allora costruiamo le cose in modo autosufficiente con l’intenzione di arrivare a rifiuti-zero. E la passione per la de-costruzione del meccanismo continua l’anno prossimo con una sfida interessante: l’Hackmeeting 2012 si terrà all’Aquila.

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