DRIVE IN FOR LAIF?

ovvero: DAGLI OTTANTA AGLI HOT TANTA, CON BOROTALCO MA SENZA BORIA, UN GATTO, UN AMMAESTRATORE DI CANI, UNA PLAYMATE, E UNA STREGA IN FUGA DALL’INCUBO ORWELLIANO
Apolide Sedentario intravista ELEONORA GIORGI, GIANFRANCO D’ANGELO, PAOLA TEDESCO, NINI’ SALERNO



1. INTRO: ode alle maestranze di scena

Viva la crisi del Sistema Occidentale! Down Dow Forever, altro che musse!
E altro che “Suoceri sull’orlo di una crisi di nervi”, titolo della pièce in cui – tra gran bei pezzi di musse vintage (la Giorgi e la Tedesco) e pezzi di show televisivi vintage (Gianfranco D’Angelo e Ninì Salerno) – si recita a soggetto in quel del Cinema Teatro Loanesi, terra de La Comune di LoAno che sta progettando un teatro tutto nuovo nel mentre chiude (prima che l’appalto porti alla costruzione di quell’altro) il teatro che c’è, e dove appunto per l’ultima stagione potrò fare le mie incursioni con gli artisti convocati dall’Assessora in dismissione (“Non ho un partito, e sono dieci anni che sono io a gestire la Cultura, e quindi è ora che passo il testimone, e poi non sono passata a Fli né sono stata mai del Pdl: io con Rutelli e Casini, coi diccì, non potrei proprio stare”).

Detto che all’Assessora Nicoletta Mantovani riconosco “proprio perché tu gestivi la Cultura, e molto bene pure, e non hai voluto avere altri poteri, dovresti rimanere!”, conosco anche bene il teatro di LoAno, l’ingresso dei tecnici e dei camerini, perciò mi ci reco tranquillo: saprò entrare. Però fa un gelo glaciale, è nevicato in costa, e c’è bufera, e il varco dei tecnici e artisti sta sprangato. Sono le 17.00. Vado a cercare qualcosa di scaldato in un bar, tornerò dopo. E quando torno c’è un tipo con la bici griffata da un Hotel: sarò uno dei teatranti, auspico. Ed è. Si fa aprire la porta. Entro con lui. Eccomi qua, son pronto a intravistare.
Ma il capo tecnico Ubi fa notare che D’Angelo, la Giorgi, la Tedesco e Salerno arrivan tardi, sono partiti a pranzo dalla Svizzera, e che ne ho da aspettare. Dico “vabbeh, perlomeno sto qui in sala, che è riscaldata, e ha comodi sedili”. E resto a aspettare TRE ORE.
E mi vedo il montaggio della scena, la prova luci, dei suoni, di ogniccosa. Un’attesa infinita, ma curiosa, perché già lo so che i rodies e le maestranze sono la gente migliore. E infatti quando arriva Gerardina (unica girl dello staff) mi offre pure i “Baci di LoAno” che ha comprato per sé. Nel mentre gli altri colleghi tiran cavi, montano sulle scale, piantan chiodi, in quel presepe artigiano ma blasfemo che è il teatro pria di andare in scena. Sia lode a costoro, e a loro immortal gloria vengano pubblicate le mie foto del loro lavoro invisibile (backstage) quanto fondamentale.

[ tecnici ]


2. Intravista esclusiva a ELEONORA GIORGI

La Diva, qui, lo sappiamo, è Eleonora.
Lei è la “stracult”, per dirla come il Giusti balbuziente cinefilo barbuto (cog)nominato pari del Ramingo ma stipendiato Rai, da Blob al Due.
Non che Paola Tedesco sia da meno, in quanto a sexydiva del passato (e lo vedremo citandone i blasoni dentro la sua  sezione di “intravista”), ma Eleonora Giorgi è la sgarzella che vuole conoscere Dalla (che è un cantante) mentre l’Itaglia intera di quegli anni le implora “Dalla!” (che non è un cantante) guardando il film “Borotalco” di Verdone. Qualunque itagliano venga stimolato a dare un parere su Eleonora Giorgi ti citerà all’istante quelle scene con sottofondo geniale del Curreri degli Stadio migliori. E’ strepitosa, donna bambina, donna lo sai, bambina se vorrai; meravigliosa, stramaliziosa, vieni e vedrai che cosa sentirai. Poche donne del cinema hanno avuto un omaggio in canzone pari a lei (la Brisgittebardò andamento samba, i Bettedévis Eyes, e rare altre). E non che Eleonora fosse una bonazza od un talento attoriale fuoriclasse, ma possedeva piuttosto una freschezza, una genuinità da regazzina, che la rese in quegli anni il sogno erotico dei portatori di cazzo.
Se a ciò aggiungiamo il codazzo di filmetti del genere soft-core di cui Eleonora fu protagonista, il mito della gnocca giunge dunque a compimento finale. Complimenti. Nel senso a Mamma Natura. E invece complimenti, ma autoriali, per “Cuore di cane” con Cochi.
E se aggiungiamo love stories con Ciavarro e matrimoni Rizzoli abbiamo pure la Diva nella vita, la favorita in successo e in posizione. Ma con un’opzione che tengo appena viva, mentre mi sto recando a intervistarla: ovvero che provenendo per cultura dalla socialità d’anni Settanta, ella abbia mantenuto in qualche modo un anti-divismo amabil-popolano senza spocchioserie da Sciura nobile dell’opulenta Milano. E infatti è proprio così.
La Giorgi giunge al teatro in ritardissimo dopo la traversata dalla Svizzera, stanca ed imbacuccatissima. Sorride, però, Eleonora, nel foyer. Le presentano l’Assessora, e lei è socievole, disponibile, chiara. E l’Assessora in scadenza dà licenza e investitura all’Apolide: “Ti lascio a lui, Eleonora, è un nostro giornalista, ti vuole fare qualche sua domanda”. Al che Eleonora mi dice: “Se è veloce possiamo fare subito, tempo che do un saluto a tutti quanti, e ci sediamo in un posto, e ti rispondo”. E mi sorride, fa cenno di seguirla, e mi trasporta in sala, e alla ricerca del camerino, e io che son del posto le indico i camerini, e lei mi dice: “Senti, facciamo prima se mi chiedi la tua domanda qui”.
Nel camerino. Io e Eleonora Giorgi. Come Eleonora Giorgi va in roulotte della tournée di Dalla in Borotalco.
Ero un imberbe, e mai m’avessero detto che sarei stato un giorno in camerino con Eleonora Giorgi avrei pensato “la vita non è un film”.
La vita non è un film, e io non sono un giornalista, e in fondo neanche un intervistatore. Io sono un sobillatore di coscienze, un istigatore al pensiero. Perciò lungi dall’esser abbagliato dalle pur splendide gambe che Eleonora, rilassandosi un attimo dal viaggio, mi pone soavemente in bella vista, o da pindarismi d’epica conquista, o patetismi da fan (alias fan culo), avverto Eleonora che “io son cattivo”. E lei, d’istinto, si tende, e dice: “Allora cambio subito idea, non ti rispondo. Già ho poco tempo, e lo sai. E se mi vieni a dire cattiverie non ha senso, puoi evitare proprio, ti saluto”. E io le dico: “Eleonora, vedi, io son cattivo, ma tu nella risposta, se sei un’artista, puoi con l’ironia e con cattiveria uguale controbattermi, e io non dubito affatto che saprai rispondermi con qualità”. E lei capisce da dietro il mio sguardo che è vero: son leale. E dice “Allora fai presto”.
 
Apolide Sedentario:
“Scusa Eleonora, sono un cane, ma ho anch’io un cuore, e da quindicenne avevo pure i GinFizz appassionati sulle monache di clausura, prima di imparare che conviene far l’amore, e con Rizzoli conviene pure di più… E insomma eri strepitosa, donna bambina, e non sparare sui bambini e sugli ex-puberali… Detto ciò, però, mentre l’Agnese va a morire e Ciavarro va a naufragare, cosa ne pensi di uno che fa dischi senza bollino Siae, e che non è disposto a un cazzo?”
 
Eleonora Giorgi:
“Penso che l’unica maniera umana di pensare al futuro è essere fatti tutti così, come te, senza bollino Siae.”
 
Apolide Sedentario:
“Grazie Eleonora, è bellissimo. Bellissimo che tu la metta decisamente e nettamente così. Per me va già bene, ti avevo detto che ti rubavo poco tempo, la risposta c’è già tutta.”
 
Eleonora Giorgi:
“Io vedo perdere per sempre il piccolo albergo familiare, il negozietto, tutto quello che appartiene alle persone come tali, spazzato via, e anche loro spazzate via, dalla grande distribuzione… Io ho dei figli, e non voglio che crescano senza quel tipo di mondo… Io ho uno spirito anarchico.”
 
(dico a Eleonora qualcosa tipo: “bello davvero quanto stai dicendo senza che te lo chiedo”, ma tra me e me sobbalzo alla spontanea dichiarazione di appartenenza anarchica – in “spirito” quantomeno – che io per stavolta avevo non citato, dunque genuina, nuda… e ciò scrivendo m’accorgo che “nudità” è un mio costume, perché nudità del corpo e del pensiero è unica verità, quasi che appunto chi nuda sapeva stare sappia pure porsi altrettanto nuda nel parlare di ciò che sta pensando…)
 
Eleonora Giorgi:
“Io credimi vorrei una piccola casetta qui, ma non al mare, che costa troppo, e poi io preferisco la campagna. Ecco io sto aspettando solo questo, di venir via coi miei figli, in qualche posto dei vostri. E sogno che qualche vostro borgo del medioevo resista fino a che siano cresciuti, perché i miei figli possano vederlo, prima che il mondo attuale spazzi via ogni ricordo di questo.”
 
In una sorta di botta emozionale in stile resistente impenitente di 1984 di fronte a questa visione di Eleonora sull’immediato futuro, ultima spiaggia (e qui ritorna Ciavarro) di memorie ancestrali ormai limitrofe all’estinzione totale, mi accommiato. Eleonora mi porge la sua mano, forse come a baciarla. Io che son cane la stringo alla cafona, però mi inchino e le dico un deferente “grazie” che abbraccia tutti i suoi favori, non ultimo l’esser stato chiuso in camerino con lei a analizzare orwellianamente il Sistema. Dirà qualcuno che non è nulla rispetto invece al farsela? Ma è stratosfere oltre una sveltina!…
Di notte poi si trucca lo sai, e tutta la città impazzisce, ormai si parla solo di lei, della bambina che stupisce, stupisce con la semplicità di una malizia che non nasce, non nasce dalla volgarità, ma da un’adolescenza che fiorisce, oh oh, oh oh oh, oh oh oh, oh ooh…

[ Eleonora Giorgi ]


3. Intravista esclusiva a PAOLA TEDESCO

Se Eleonora Giorgi è la più pop del quartetto d’attori della pièce, in quanto a sex symbol Paola può fregiarsi di ben 4 servizi e copertine tra Playboy e Playmen degli anni d’oro, anzi di degli anni di carne (femminina).
Esordio in “Il Vangelo Secondo Matteo” di Pasolini, poi valletta di Baudo a cosce in vista, e primadonna del cine da rivista in pellicole scollacciate o noir.
Ma da 30 anni (e ci tiene, e infatti dico) Paola fa SOLO teatro, e con impegno. E trent’anni son tanti, tanto più per chi poteva invece andare avanti con apparizioni tv e commedie sexy. E invece solo teatro, e con passione. E con la sola eccezione del doppiaggio. E infatti che voce che ha. E le dico pure che ha una voce davvero interessante. Per quanto sia febbricitante, e dunque roca. Ma come Eleonora anche lei più che una fica è una Donna davvero, e vien da dire che dovrebbero mettere costoro a educatrici delle regazzine deficienti itagliane, perché son Femmine, sì, e nude pure, ma tengono pure un gran paio di testicoli in quanto a ricerca con determinazione delle altre qualità che ognuno ha, se non s’accontenta di avere un par di tette come le Alessiefabiani. (E vanno ovviamente escluse dal criterio di “regazzine itagliane deficienti” le roboanti cumpare minorenni che come i loro coetanei maghrebini stanno mettendo al muro i pre-Potenti poteri statali attuali, tra parentesi).
Paola è come Eleonora disastrata dal trasfertone Svizzera-LoAno, oltre che appunto ammalata di stagione. Perciò quando vede che sto fotografandola in movimento a sorpresa da lontano copre d’istinto il viso. Mi dice: “No, dai, che sono struccatissima, e sono stanca e non sto neanche bene”. Le dico: “A parte, Paola, che per me vai bene proprio così, al naturale, e così penso pure ai miei lettori che non son proprio fighetti, e poi che bello la diva intimidita che copre il viso come una bambina per pudor delle foto, fatto peraltro da te che puoi vantare copertine a Playboy…”. E lei mi sorride, e dice: “Ti ringrazio, ma è proprio che sono sfatta, non sto bene, però puoi farmi pure la domanda, rispondo volentieri”.
 
Apolide Sedentario:
“Non so secondo Matteo, ma secondo l’Homo Eroticus viva Lady Barbara e le donne in generale, le amazzoni, e le belle d’amore, o – anche senza amore – le belle di Playboy e di Playmen, e persino le seminariste!… Io, Apolide Sedentario, sono ancor più satirycon di Boccaccio, e da molto prima di Wikileaks accuso che il servizio segreto uccide, quindi i familiari delle vittime erano stati avvertiti… Ma perché, Paola, si dà più retta a Pippo Baudo che a me e alla controinformazione?”
 
Paola Tedesco:
“Perché siamo un paese di ingenui, probabilmente. E mi limito a dire questo per non essere pesante. Perché avrei molto da aggiungere.”
 
Apolide Sedentario:
“Beh, anche senza aggiungere niente direi che sei stata chiara, e dimostri anche consapevolezza, dal tono con cui me lo hai detto.”
 
Paola Tedesco:
“Sì grazie. Però scusami hai fatto tutta la rassegna della mia carriera cinematografica ma non hai detto che io quest’anno faccio 30 anni di solo teatro.”
 
Apolide Sedentario:
“Quello lo so benissimo, Paola, e ho già preparato il citarlo introducendoti mentre stendo l’articolo. Ma le mie son provocazioni, attacchi, metodi per veder la reazione. Ed in effetti quando ho davanti Artisti la reazione è sempre di interesse e intelligenza.”
 
Paola Tedesco:
“Anni fa, durante quella carriera a cui ti riferisci nella domanda, mi capitavano i giornalisti, e io rispondevo per educazione perché come vedi io ho imparato a trattare sempre con educazione, ma mi facevano sempre domande di uno scontato imbarazzante. Tu dici che sei cattivo, ma io con te mi sono divertita.”
 
Apolide Sedentario:
“Grazie, anch’io ti trovo gradevolissima e divertente nello scambio di opinioni.”
 
Paola Tedesco:
“Io dopo Baudo e i film mi sono sposata e ho preso la patente nautica, quella vera, per potere andare via. Per potere non morire da attrice.”
 
E, come per Eleonora, mi accommiato con questa eco di “voglia di fuggire” dall’occidente reale, incubo pari al socialimo omonimo, a quanto (para!) pare. E che sian due primedonne come loro a mettermi questa angoscia esistenziale del “non voler morir nello spettacolo, ma dentro la Natura” in qualche modo m’angoscia, appunto, eppure mi fa anche sollevare: posto in un luogo recondito di ognuno resiste un’informazione originale (nel senso originaria) che ci ricorda chi siamo, da dove veniamo, e dove si ha da andare, e non lo sappiamo bene dove sia, ma abbiamo la certezza non sia qui.

[ Paola Tedesco ]


4. Intravista esclusiva a NINI’ SALERNO

A Ninì Salerno imputo un reato: l’aver partecipato a costanzate nelle domeniche di cagnale cinque.
Però lo grazio per aver cantato strofe della mia infanzia con “Capito?”, hit del quartetto di Vicolo Miracoli.
Ricercando la quale canzonetta m’ero imbattuto in amene produzioni musicali dei Gatti: L’Ultimo Fiore (i Gatti malinconici) e Verona Beat (rivoluzione Gatta). Vi invito ad andarle a trovare. Su consiglio di Ninì, pure, che ancora le ricorda e rivendica a tal punto da usarle a proprio merito (e tal merito gli riconosco a pieno) in chiosa alla nostra intravista.
Salerno lo raggiungo in camerino mentre già in scena il direttore urla che 10 minuti e si inizia. Busso. Lui chiede chi sono. Dico al volo: “Ti rubo un attimo, sono quel che prima ti aveva chiesto per una domanda, il semi-giornalista diciamo”. Ninì risponde: “Se sei semi-giornalista entra pure, se invece sei giornalista stai fuori”. Semi-entro, nel senso che apro e metto testa dentro per chiedere permesso. Ninì mi fa segno di mettermi a sedere. Sta davanti allo specchio, in camerino, a fare un cruciverba. Gli dico: “Ma dai, ma bravo, hai appena il fiato prima di andare in scena, e tu nell’attesa ti fai il cruciverba, sei uno che tiene la testa in funzione, cazzo, bravo”. Potrebbe dirmi: “Bravo stronzo tu, ma checcazzo ti vieni a giudicare quello che faccio o non faccio, ma chi ti ha chiesto pareri sui miei cazzi?”. E invece dice “Sì, hai visto? Io faccio i cruciverba. Dimmi pure, non mi dovevi fare una domanda?”.
 
Apolide Sedentario:
“C’era uno che si è ritrovato con i castelli a terra e i piedi in aria a Piazzale Loreto, e ce n’è altri che lo stimano ed emulano, e tanti che sono stati a loro busta paga, la vita è bella perché è avariata… Io sono un cantautore che non vuole entrare in hit parade, anche se voglio trascinare Ornella Muti sotto un plaid con l’erba voglio… E tu, Ninì, chi cazzo sei?”
 
Ninì Salerno (scandendo le parole sillaba a sillaba, dettandomi perché io scriva testuale quanto afferma, con serietà estrema che segue le espressioni di stupore e sottoscrizione ad ogni mio tocco di classe letterario nell’arco della domanda-citazione della canzone dei Gatti):
“SONO UNO MOLTO CURIOSO, E CHE ALL’ETA’ DI 62 ANNI VORREBBE ANCORA TROVAR L’ENTUSIASMO PER GUARDARE OLTRE LA SIEPE.”
 
(un minuto di silenzio per questa lapidaria risposta di un Ninì ben più profondo del nome)
 
Preso da umana empatia per questo lampo di Filosofia del Comico (si veda Paolo Villaggio e il suo teatro senile, con le dovute distanze tra i due attori), dico a Ninì che apprezzo abbia risposto con una sola frase.
 
Apolide Sedentario:
“Sai Ninì, venendoti a intravistare m’ero detto: siccome è il meno famoso del quartetto, vuoi dire che è il meno stronzo? Perché di solito quello che esce meno è l’unico di qualità. E vista la risposta devo dire che forse è proprio così.”
 
Ninì Salerno:
“Ma perché dici questo? Perché hai intervistato anche gli altri?”
 
Apolide Sedentario:
“No, gli altri Gatti di Vicolo Miracoli non mi è mai capitato, anche se Jerry in pratica ormai vive ad Alassio…”
 
Ninì Salerno:
“Ma anche Umberto gira molto spesso da queste parti, e anch’io… Sono ancora in buonissimi rapporti con gli altri, e quando capita facciamo anche ancora serate tutti insieme, e mi diverto pure ancora molto… Io lo scemo riesco a farlo soltanto con loro…”
 
Apolide Sedentario:
“Allora se capiterà farete per me il repertorio di canzoni di quando ero bambino, che come hai visto dalla mia domanda conosco a memoria ancora, devo ammettere che come comici nn mi dicevate molto, ma nelle canzoni eravate i preferiti almeno per qualche stagione… E poi documentandomi per questa intravista di oggi ho anche trovato tutto un vostro repertorio malinconico che mi ha proprio stupito…”
 
Ninì Salerno:
“Sì, bravo, facemmo anche canzoni di altro tipo, non lo sanno in molti, ma erano molto valide… E guarda che abbiamo fatto anche canzone politica negli anni ’70, e è stato importante averla fatta, era tutto molto diverso ma era importante essere parte di quel momento, noi lavorammo anche con Dario Fo, tutte cose che non si sanno più…”
 
Voglio l’erba voglio. Voglio tutto. Ricordalo ancora, ripassalo ogni giorno, recuperalo non solamente quando incontri un hippie palese, e cantalo ai ragazzi, subliminalizzali ma con cose sane, che mettan le infiorescenze nei cannoni, e testimonia loro i tuoi vent’anni e quelli degli altri gatti spellacchiati e tignosamente rimasti e capelloni. Ritroverai di certo l’entusiasmo per guardare oltre la piantagione. 62 anni non vuol dire un cazzo. Vuol dire l’intenzione.

[ Ninì Salerno ]


5. Intravista esclusiva a GIANFRANCO D’ANGELO

Praticamente al drai-Win For Life di cui al titolo della mia incursione non ci gioca nessuno, questa sera. Nessuno degli attori ha un qualche orgoglio d’essere “un Nome” in questo mondo squallido. Anzi tutt’altro: Paola vuol fuggire per non morire da attrice, Eleonora va in cerca di un qualch’eremo, Ninì si sente stanco per l’anagrafe e s’immalinconisce nel pensiero degli anni ribelli belli.
Manca Gianfranco, il senator di scena. Colui che Drive In facendo diede inizio al monopolio dell’immaginifico da parte del Qavaliere, che prima irretisce con la caramella e poi con contanti a palate induce gagne a perlustrar la sua microcappella. Protagonista in filmetti divertenti su militari di leva (e qui per leva s’intende il braccio alzato, e non il fulcro). Dimenticato poi dal Gran Biscione nel mentre il sodale Greggio assurse a Maya, ovvero immortal cialtrone. Mentre, appunto, Gianfranco allo Zecchino recita senza strisce (cocaina) in veste di nonnino.
D’Angelo mi dà il via libera, sul palco, facendomi sedere come Paola sul divano di scena. Il direttore di scena ha appena dato il segnal di preallarme. Il tempo è stretto, il divanetto pure, però Gianfranco D’Angelo è cordiale e non ha per niente fretta di sbrigarmi, anzi si pone a ascoltare.
 
Apolide Sedentario:
“Ogni volta che vedo D’Alema penso ai baffetti da sparviero, e gli darei una sberla da mandarlo a Belgrado, nudo a un compleanno etilico di un capo ultras, altro che tilt… Ma intanto la poliziotta fa carriera e mena la liceale manifestante e pure la professoressa di scienze naturali… E vabbeh che c’è una bella governante di colore e la compagna di banco, ma – kakkientruppen – io zombo, tu zombi, lei zomba, il tuo ex datore di lavoro zomba Ruby e le puttane, ma il mondo intanto va a merda… Tu hai la paletta per le feci di Has Fidanken o devo chiamare la vigilessa di Lo ano?”
 
Gianfranco D’Angelo:
“Beh, cosa posso risponderti: un simpatico calembour.”
 
Apolide Sedentario:
“E’ esattamente questo infatti. Ma appunto, preso stimolo dagli argomenti trattati nel calembour, parlami pure a ruota libera di quel che ne pensi…”
 
Gianfranco D’Angelo:
“Il mondo va un po’ così, va un po’ a rotoli… Hai detto già bene tu, che si può dire di più di quello che hai appena detto sulla situazione oggi… E non solo per noi che viviamo in questo paese eclettico, pieno di contraddizioni che non so più definire né qualificare… Quello che leggo sui giornali mi fa un po’ sorridere e un po’ rabbia…
Io ho sempre creduto che noi dovremmo sempre costruire qualcosa… Altro che dover subire le chiacchiere inutili che si fanno giornalmente…
Se andiamo sul livello internazionale, quando i Popoli si accorgono di certe cose e c’è un segno di ribellione a me si accende la speranza che qualcosa possa accadere finalmente…
Io sono stato in Nordafrica, e intendo stando in mezzo alla gente, io parlo con le persone comuni, vado come persona comune tra persone comuni, e proprio stando con la gente avevo quasi sentito che forse stava per accadere qualcosa, e ora è passato meno di un anno e infatti è accaduto… Meno male che almeno ogni tanto c’è questa possibilità che le cose avvengano…”
 
Gioia e Rivoluzione, altro che il Bocconiano e il Paninaro: Gianfranco D’Angelo, veterano di scena del quartetto d’attori qui a LoAno è il più vitale in impeto ribelle, e inneggia a rivoluzioni popolari (e sottolineo che ho capito bene che non intende “ideologiche”, ma sanamente spontanee e libertarie).
A volo d’Angelo verso il sol dell’avvenir saluto i partecipanti a questa performance collettiva urlando dal palco che ringrazio tutti per l’ottima riuscita, ivi compresi i tecnici a cui dico che dedicherò un capitolo. Poi mi dileguo, mentre inizia il pubblico a confluire in sala. Come salmone risalgo il flusso umano e incontro l’Assessora, che mi dice che non ha più biglietti, tutti esauriti da mesi, ma che mi ospiterà in piedi con lei a fondo sala. Ringrazio pure lei, ma le rammento che io non scrocco mai concerti o pièce o show in cui vado da intravistatore, e che ora corro a scrivere. Cosa che faccio, infatti, fino ad ora, e sono le quattro di notte, e vedo quadruplo. Come vedevo Drive In, la sera, stanco della partita nelle giovanili e tutte le avventure successive da weekend puberale. Ma dopo un 4×4 di risposte sonoramente anti-occidentali (a parte i pulpiti da cui vengon prediche) la soddisfazione c’è.

[ Gianfranco D'Angelo e Eleonora Giorgi ]


6. CHIOSA

Prendi una donna, rendila bella, tu credi che si ricordi di te…
Un giorno Eleonora Giorgi mi cercherà per portarmi una sua musicassetta dopo un mio concerto. Nessuno saprà più da decenni che cosa fosse una musicassetta. Ma io e lei lo sapremo, e anche i suoi figli. E la ascolteremo su un vecchio mangiacassette di Gianfranco, con Ninì e Paola che ballano.
 

[ yum ]



(c) Apolide Sedentario 2011
DOWN DOW FOREVER

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