LA VELINA SENZA STRISCIA intravista esclusiva tra Apolide Sedentario e ANTONIO RICCI

Belin, mja: u gh’è Ricci sutta ai porteghi!
Sono vent’anni almeno che viviamo a portata di mano e di pattone con Ricci. Vent’anni che ho da dirgli alcune cose delle mie velenose.
Mi passa davanti mentre son coi Bassi, ovvero i cumpari miei, che fan banchetti alla Giornata del F.A.I., omonimia d’acrostico tra ambiente e gente affatto affine all’occidente.
Raggiungo Ricci, e gli dico:
“Antonio, senti, tu la devi smettere, dico davvero, di dirti in interviste Situazionista, cioè mettere sul bancone al tempo stesso Situazionismo e Prosciutto di Velina”.
Ricci mi guarda e scorge la minaccia nel mio sguardo severo. E’ vero, in effetti, che sono minaccioso. Che suono minaccioso. Il tema è serio: Situazionismo è lato d’Anarchismo, e ci son troppi pezzari che si fregiano di fare parte di un moto del Pensiero per cui son morti suicidi i fondatori, e in generale ammazzati troppi Uomini perché si possa accettar sian vilipesi da qualche borghese furbetto.
Ricci scurisce faccia, lui canuto, e mi risponde in cagnesco:
“I Situazionisti eran gente ironica: tu non mi sembri proprio uno di loro”.
“Se è per quello”, gli dico, “io su Frigidaire ho pubblicato ieri la battuta: scadenze elettorali, scaduti per la patria”.
Dicendo ciò ne rido io per primo. E Ricci tosto fa rima, e si rilassa.
Ma non abbasso il tiro:
“La mia questione, Ricci, è proprio seria. A me sta sul cazzo e non poco che tu dica d’esser ciò che ben sai non sei per niente. Denaro e Situazionismo sono opposti. E tu hai cultura abbastanza per capire perché ti sto a fare questo contropelo”.
Ricci abbandona il giro colloquiale da cui l’ho estirpato a forza di argomenti, si gira verso di me, e seriamente mi dice:
“Guarda, credimi, ascolta, io non mi dico mai Situazionista, ma nelle interviste sono i giornalisti che mi danno quel titolo, o mi chiedono se mi sento esser tale, e io rispondo che sono Cascame Luddista”.
“Cascame Luddista mi piace, ti sta giusto. Ma Situazionista no. Se no m’incazzo”, faccio io, mentre agito il mio indice tipico inquisitorio sul suo naso.
“Mi togli ‘sto dito da in faccia, però, scusa?”, mi dice Antonio Ricci infasti/dito, “perché chi punta il dito è un moralista, e il moralista spesso poi è un pedofilo”.
“Guarda, Ricci, io scopo volentieri le donne tra i 40 e i 50 anni. E poi, scusa, non sei tu che dai lavoro e gloria a tal Ezio Greggio, per sua stessa ammissione accoppiato ad una diciassettenne, tre anni fa?”.
Antonio Ricci incassa, e se ne sta, anzi SI PUNTA DA SOLO IL PROPRIO DITO CONTRO IL SUO STESSO NASO (sic!), dicendomi: “Facciamo così, abbassa il dito, faccio io”.
“Bella Zio!” gli direi, fossi uno zarro. Invece gli dico: “Bravo, così riposo il braccio, e ti posso spiegare alcune cose che son sicuro, Antonio, sai benissimo, ma fingi di non sapere, per avere il tuo ritorno di audience e di potere”.
“Ma che potere avrei?”, mi dice Ricci, “Io semplicemente realizzo in trasmissione la rappresentazione pari pari del circostante mondo”.
“Quello lo so”, controbatto, “ma mi disse Francesco Surdich, ora Preside di Lettere, che occupavate insieme a BalbiCinque, e tu gli spaccavi il cazzo tutti i giorni con la risata che vi seppellirà per strategia politica con fine di rivoluzione sociale e culturale, anzi mi disse Surdich che io, all’epoca dei miei tre lustri continui ad oqqupare (sia sempre lode al Circolo Rimasti e all’Archivista suo), ti ero uguale uguale. Quindi, Ricci, tranquillo: sei allo specchio. Ma almeno, se vuoi che lo specchio non ti sputi, anziché rappresentare la realtà torna a tentare di modificarla”.
“Un minimo devi ammetterlo ci provo”, timidamente mi replica l’Antonio.
“Puoi fare di ben meglio, e lo sai bene. Sei il terzo uomo più potente d’Itaglia”, dico io.
“Oooh, esagerato, il terzo uomo potente…”, nicchia lui.
“E’ vero, sei il terzo uomo più potente d’Itaglia dopo De Filippi e Vespa”, insisto io.
“…De Filippi? …E chi è?”, fa Antonio Ricci. E non capisco se ci fa o ci è. Se sta sfottendo l’Amica alla Manzoni, o se davvero non capisce il nesso.
Non ben capendo se tenta farmi fesso, aggiungo allora: “Come chi è? Maria, la De Filippi”.
“Ah! Avevi detto Uomo, e non capivo”, se la ride l’Antonio, “ma hai ragione: sono davvero due uomini potenti, la De Filippi e Vespa. Io? Non credo”.
“Lo sei, lo sei, Ricci, fidati, e lo sai.” gli dico io tagliando le immodestie pelose, e ancora attacco: “E proprio perché hai un Potere fuor di norma, potresti pure evitare l’utilizzo delle tue due veline cocainomani, tanto il tuo pubblico lo hai, e ti seguirebbe anche senza le due che si dimenano”.
“No, le veline non sono cocainomani. Attaccami su quel che vuoi, ma garantisco che le veline non sono cocainomani”, risponde severamente Antonio Ricci.
“Guarda, Ricci, lo so che tu fai rigidi controlli sui tuoi dipendenti, e non transigi su un sacco di argomenti finché costoro stan sotto contratto con te. Ma se non lo sono adesso, cocainomani, lo diventano subito da quando termina il tuo contratto, perché tu le fai inserire in mezzo ai giri dei bonzaroli, starlette invitate ogni sera nei locali dove la coca va a chili. Quindi, alla fine dei conti, tu raccogli diciannovenni dal corso di un paesino e le trasformi in grossi puttanoni, per di più cocainomani, ripeto. Potresti evitare, no?”.
Ricci non replica a ciò. E per un attimo capisce che la logica è ben fluida: prendi una siciliana, e la introduci pischella nel Successo e nei cessi del Toqueville et similia, e il risultato è che lei trasloca da Striscia la Notizia alla striscia di coca.
E ciò giustifica il titolo di questo mio pezzo letterario (non di bamba).
Ormai incuriosito da argomentazioni e da mia esposizione, Antonio Ricci si interessa a me, a cosa faccio, a chi sono, del come e del perché. E io gli spiego che son Situazionista perché son redattor della rivista “Capitalismo” (gratuita), e (gratuito) collaboro DA DIECI ANNI (ed altri cento, qg!) a turistipercaso.org (al che Ricci sta quasi per cascarci, e chiedermi se son uno di Roversi, ma io – al reverse, al contrario – già lo anticipo narrandogli la vicenda dei dominii e del Situazionista Master che fotté chi si crede di fotterci). E Ricci annota i turisti punto org, e dice: “Sarò costretto a andare a leggerti” (forma complimentosa no-biliare, presumibilmente fasulla negli intenti, ma non in quanto riconoscimento).
E poi Antonio prosegue: “Però, ammettilo, io mica appaio in tv: faccio l’autore, ma non son certo di quelli sempre in video, se sei onesto lo sai che non mi vedi mai dentro ai talk show, nonostante mi invitino ogni giorno. Quindi non dire almeno che io bramo all’apparenza mediatica. Vado solo e soltanto ai Telegatti, ma lo faccio perché poi sto seduto in mezzo a tutti quelli che ho battuto, e a gente che mi odia già a priori, e deve inghiottire il rospo di vedermi premiato”.
Ricci ha ragione: non viene replicato con il volto seriale iperesposto. Ma di risposta gli dico: “Sì, lo ammetto, non dai la faccia di merda al teleschermo, e questo è un merito certo, riconosco. Però Ricci ti conosco, mascherina: la tesi di laurea mia è su William Burroughs, e Mr. Hart lo distinguo pure bene. Lo stare dietro le stars spesso conviene, lavorando nell’ombra, ma io combatto i ladri delle immagini…”.
Genuinamente convinto che io sia molto di più di quel ch’egli pensasse (pur già stimandomi un po’) potessi essere, Ricci abbandona ogni velleità di fottermi, e mi si pone in forma colloquiale tra colleghi autoriali. E anziché di maghetti e cartomanti mi cita – a discolpa di Striscia – la Petix, che senza scorta se non di cagnolino va a citofonare alla moglie di Riina. A tal arditezza mi inchino. Alla Petix, mica a Ricci. Con il quale ci mettiamo a parlare del paese medievale in cui siamo, del mio concerto, di Frigidaire, di tutto quel che ci passa in mente. Mentre la gente lo abborda, e lui saluta, ma in un istante riprende l’attenzione verso ‘sto capellone, e pure il vigile urbano sbalordisce che l’imperatore di Striscia si rifiuti di proseguire lo struscio lungo il corso perché troppo preso da me.
E quando gli dico che lui qualche volta mangia al tavolo insieme coi Padroni del “mondo” (leggi “i media”) dice ridendo: “Parli e non sai un cazzo, giudichi chissà come, e non lo sai che invece io ieri sera sono uno che ha trovato nel frigo la bresaola e ho detto mangio questa, ma era acida, era pure scaduta, e l’ho sputata, e mi son detto va beh saltiamo cena”.
“Che sei persona da vicolo di Albenga, che nasci e sei rimasto popolano, Ricci, invece lo so”, gli dico amabile, “ma che talvolta ti capita, e magari persino tra i conati di stomaco, mangiare faccia a faccia ai clan di Mediaset non puoi negarmelo proprio. Comunque, Antonio, ti lascio ai cazzi tuoi, garantiscimi solo che hai capito, e che non ti dirai mai più Situazionista”.
Ci stringiamo la mano. Come il nodo di Striscia al fazzoletto, come la pigna di Abete.
“Se lo ridici, adesso mi conosci, e sai che ti vengo a beccare”, m’accommiato.

BONUS TRACK: UNA RICETTA PER RICCI
Un po’ veline, un po’ veleno, un po’ di sale marino: gabibbo kamikaze ben farcito di nitroglicerina.

HIOSA ROSA:
Una cumpara che adesso ha un po’ di lune ma che ebbe anche lei diciasett’anni (ed il cui fuoco interiore resta pari) mi racconta che fu, pischella allora, fidanzatina di Greggio, ch’era ancora (a parte pischello anche lui) Ezio Nessuno. Lei è andata avanti, ed ora è la Regina (in senso camarguiano) del Villaggio. Ezio ancora è restato alle bambine…
Militello, vuoi che ti saluto Greggio e Iacchetti? Li saluto col dito o con l’ombrello, scegli tu, Militello.


(c) Apolide Sedentario 2010
DOWN DOW FOREVER
UP BASSI FOREVER

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